Affidarsi a Maria Santissima

Dagli insegnamenti di Don Giuseppe Tomaselli SdB, biancavillese.

Uno degli affari più importanti della vita è la scelta dello stato. Guai a chi sba­glia la strada assegnata dalla Divina Prov­videnza! Chi si mette in uno stato contrario al volere di Dio, potrà salvarsi ancora, ma con molta difficoltà.

Negli anni giovanili, prima di scegliere uno stato si preghi molto la Madonna, per ottenere i lumi necessari, si facciano atti dï ossequio particolare e novene alla Madre del Buon Consiglio. Non manche­rà la Santissima Vergine di assistere, an­che prodigiosamente, – i suoi figli. devoti.

[…] Anche le grazie temporali si possono domandare alla Madonna, ma in seconda linea. D’ordinario, chi chiede degnamente i favori spirituali e vive nell’amicizia di Dio, ottiene facilmente anche le grazie temporali.

San Giovanni Bosco lavorava per la gloria di Dio; il suo sforzo quotidiano era di combattere il peccato e portare anime al Signore. Metteva ogni sua impresa nelle mani della Madonna, sicuro di non fal­lire. Nelle gravi necessità della vita, alza­va la mente ed il cuore alla Beata Vergine e ne esperimentava la materna protezione anche nei bisogni temporali.

Un giorno era a colloquio con una persona. Sopraggiunse un Superiore dell’O­ratorio.

– Don Bosco, il panettiere quest’oggi non vuole mandare il pane ai nostri rico­verati: Abbiamo con lui un debito di tren­ta mila lire. –

Don Bosco, devotissimo della Madon­na, non si turbò. Nel suo cuore nutriva la fiducia che Maria Ausiliatrice avrebbe pensato ai suoi figli. Intanto, dove piglia­re trenta mila lire? … In quei tempi questa somma era ingente!…

Qualche istante dopo si bussò alla por­ta ed entrò uno sconosciuto con una let­tera in mano. – Manda, disse questi, la presente lettera una signora, la quale non vuole essere conosciuta. –

Don Bosco aprì la lettera e vi trovò trenta mila lire con la seguente motiva­zione: Reverendo, faccia di questa som­ma ciò che vuole. –

Don Bosco si commosse e pianse, escla­mando: Oh, come è buona la Madon­na! … Ha pensato al pane dei suoi fi­gliuoli –

[Brano tratto da “Vera devozione a Maria”, di Don Giuseppe Tomaselli, Imprimatur Can. Carciotto Vic. Gen., Catania 13 maggio 1952].

Profanazione della dignità cristiana

Gettata in strada e calpestata l’immagine della Madre di Dio

di Daniele Fazio

Il centro di Roma, il 15 ottobre 2011, giorno della manifestazione internazionale dei cosiddetti Indignados è stato oggetto di una guerriglia urbana devastante, che ha lasciato danni ingentissimi agli arredi urbani, ai palazzi istituzionali e alle proprietà private dei malcapitati cittadini. Per puro caso fortuito non c’è scappato il morto, perchè  i manifestanti o quanto meno, come si dice le frange estremiste di essi, non si sono mostrati affatto tolleranti e miti nei confronti soprattutto delle forze dell’ordine. Ha molto impressionato, poi, la profanazione della parrocchia romana dei Santi Marcellino e Pietro con la distruzione di un Crocifisso e della statua della Madonna di Lourdes di via Labicana.

Sin dal momento in cui arrivavano  notizie e le prime cruente immagini delle manifestazione il coro del dissenso da parte degli italiani – dai politici ai singoli cittadini – è stato unanime. Ma indignarsi delle violenze degli Indignados non basta, né tantomeno superficialmente possiamo fermaci alla distinzione tra manifestanti pacifici e black bloc violenti. Questi ultimi cattivi che hanno rovinato una espressione di dissenso giusta e ammirevole. Approfondire la questione significa scoprire che i cosiddetti Indignados sono il frutto ultimo della disgregazione del tessuto sociale e culturale dell’Occidente che allontanandosi dalle sue radici – filosofia greca, diritto romano, cristianesimo –ha perso non solo la fede religiosa, ma anche il retto vivere civile e ora si vuole sempre più attestare su posizioni anarchiche e nichiliste di rifiuto di ogni e qualsiasi autorità legittima, dalla Chiesa alle autorità temporali.

Gli eventi, ma  ancora di più l’ideologia degli Indignados, illustrano bene quella che da diverso tempo viene definita catastrofe antropologica. Si è ad una svolta epocale. Siamo giunti alla fine di un percorso di dissolvimento che prevede il rifiuto della verità, la dittatura del relativismo e la guerra contro la distinzione tra bene e male. Ciò incide sul modo di concepire la natura dell’uomo, i suoli legami vitali, rendendolo animale impulsivo e irrazionale, sazio e disperato, tanto che da diverso tempo si parla di post-umano che ha nelle espressioni del mondo digitale il suo principale mezzo tecnico. Il movimento degli indignati, caotico e vuoto, ha come obbiettivo la protesta per la protesta, ragion per cui è facilmente infiltrabile da parte di agenti eversivi e criminali. Ma questo tipo di violenza viene chiamato e favorito proprio dalle idee di fondo che l’ “indignazionismo” presenta. Anche se non tutti gli Indignados sono violenti – ovviamente c’è sempre l’utile idiota e il cattolico confuso – l’ambiente che la loro ideologia genera è collaterale all’espressione della violenza. È nella banalità che il male trionfa.

Il nome Indignados trae spunto da un testo di un ex militante della Resistenza francese, Stéphane Hessel, tradotto in Italia con il titolo Indignatevi, (Add editore, Torino 2011). Il piccolo testo, scarno nelle argomentazioni lancia poche tesi. Innanzitutto, vengono attaccati politici, industriali e Chiesa, che vengono definite “caste”, poi induce a pensare che per superare la crisi economica non occorre far alcun sacrificio, basterebbe cambiare establisciment con uomini vagamente leali e generosi, che possano sostenere gli antichi valori della resistenza francese e soprattutto la battaglia per i nuovi diritti di femministe ed omosessuali.

La prima manifestazione di questo movimento si è avuta a partire dal 15 maggio 2011 in Spagna protraendosi nelle contestazioni al Papa e alla Giornata Mondiale della Gioventù tenutasi a Madrid. Rispetto al movimento no global è chiara la presenza in questa nuova espressione rivoluzionaria di una carica assolutamente anticristiana ed antisociale. Non si vuole alcun legame con la politica e i tentativi di riassorbimento da parte della sinistra di tale potenziale finora sono falliti. Ma ancora di più non si vuole alcun legame forte con nessuno, non si rivendica il diritto al pane – come nel fenomeno della “primavera araba”, – ma quello ad avere l’ultimo smartphone e soprattutto s’insiste sui cosiddetti “nuovi diritti” e sul fatto che gli Stati dovrebbero mantenere tutti coloro che non hanno un lavoro. Sono nemici degli Indignados tutti coloro che distinguono finanza buona da finanza cattiva, che richiamano alla responsabilità delle azioni dell’uomo e alla necessità di vivere con sobrietà e nella ricerca della verità per superare la crisi economica, la cui soluzione è etica e spirituale e non meramente materiale.  

Come sempre si è verificato nelle tappe della Rivoluzione in Occidente, i rivoluzionari prendono spunto da problemi reali a cui danno delle soluzioni che non risolvono, bensì aggravano ancora di più il problema. Non si vuol curare una febbriciattola con la giusta medicina, ma con un virus letale che elimini non la febbre, ma l’intero organismo. Se, dunque, il motivo principale della protesta indignazionista potrebbe avere un fondo di verità in quanto intercetta il disagio generato dalla crisi economica internazionale, i suoi presupposti e le sue pseudosoluzioni restano dei mali peggiori della stessa crisi.  

Che soluzioni possono essere prospettate? Innanzitutto gli autori materiali delle devastazioni devono esser punti con il carcere. Questo se funziona bene, ad esempio, in Inghilterra, in Italia proprio per il cortocircuito vigente nel sistema giudiziario tarda a trovar applicazione. I black bloc sanno benissimo che in Italia al massimo faranno due giorni di carcere e poi verranno rimessi con molta facilità in libertà. Se questa è una soluzione necessaria e immediata che grava sulla classe dirigente di un Paese, la vera risposta, però, sta, non in una retorica cieca, buonista e demagogica in cui si sono prodotti con le loro laiche benedizioni Mario Draghi e Luca Cordero di Montezemolo, ma in una vera alternativa culturale ed educativa che rimetta al centro le priorità e i bisogni dell’uomo, spiegando che esiste un diritto naturale, che i diritti si coniugano con i doveri e che si può distinguere il bene dal male ed è realizzante optare per il primo ed evitare il secondo. Tutto questo per i cattolici ha un nome: nuova evangelizzazione. Solo con Cristo l’uomo diventa pienamente uomo.

Dono del Padre per la nostra Chiesa

La Visita Pastorale di S. E. Mons. Salvatore Gristina prosegue nel territorio dell’Arcidiocesi di Catania.

a cura di Giuseppe Santangelo

“Con la Visita Pastorale avrò la grazia di onorare la dignità [sacerdotale, profetica e regale che il Padre conferisce con il dono dello Spirito Santo ai discepoli del Figlio Suo], nei figli e nelle figlie di Dio che incontrerò. Nel dialogo che avrò con loro ascolterò con gioia la narrazione delle meraviglie che il Signore permette di operare a chi valorizza questa dignità nella vita quotidiana, personale e familiare, civile ed ecclesiale. La Visita Pastorale mi permetterà di verificare come da Cristo nostro capo si diffonde in tutte le membra della nostra Chiesa particolare e si espande nel territorio il Suo buon profumo.” (Mons. Gristina, Messa di indizione Visita Pastorale, Giovedì Santo 2009).
Durante l’Omelia, in occasione del pellegrinaggio diocesano a Mompilieri il 21 maggio 2009 l’Arcivescovo proclamava ancora: “In questo momento così partecipato e così bello, desidero mettere nel Cuore della Madre la Visita Pastorale di cui ho dato l’annunzio in occasione della Messa Crismale, lo scorso Giovedì Santo. Essa, nella vigente legislazione canonica, è descritta come un dovere del Vescovo. Sarà per me, soprattutto, motivo di grande gioia poter sperimentare quanto affermato dal Servo di Dio Giovanni Paolo II: la Visita Pastorale è un autentico tempo di grazia e momento speciale, anzi unico, in ordine all’incontro e al dialogo del Vescovo con i fedeli”.

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