Un matrimonio felice è possibile? Una ricetta cristiana
di Alessandro Scaccianoce
Vi racconto una storia personale, prima ancora che un libro. È quella di Costanza Miriano, 41 anni, giornalista del Tg3, definita “la mosca bianca”, della “rossa” redazione di Bianca Berlinguer che ho avuto il piacere di incontrare personalmente pochi giorni fa. Ma ciò che la definisce di più è l’essere sposa e mamma di 4 bambini. Va a Messa ogni giorno e recita il Rosario. Una storia come tante? No, piuttosto una storia “semplicemente” straordinaria. Una donna che è più contenta di essere madre che professionista, che ambisce ad essere moglie e madre prima che Consigliera d’Amministrazione della RAI.
La sua esperienza personale è tutta racchiusa nel suo primo libro: “Sposati e sii sottomessa”, edito da Vallecchi, uscito un anno fa e che vanta oggi circa 20.000 copie vendute. Potremmo definirlo una ricetta tutta cristiana per un matrimonio felice. Il tutto condito in salsa ironica, con una forma leggera e appassionante. Una storia convincente, perché è fondamentalmente la storia della sua vita, cristallizzazione delle sue fatiche e gioie di mamma, madre e sposa. Il titolo del libro si richiama al celebre brano della lettera agli Efesini di San Paolo: “Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie” (Ef, 5). Un brano controverso che ha fatto di San Paolo il bersaglio del movimento femminista, venendo tacciato in certi ambienti, anche ecclesiali, di misoginia.
In amore non c’è parità, è la tesi di fondo di Costanza Miriano. Uomo e donna sono strutturalmente diversi: “Sposare un uomo – scrive Costanza -, che appartiene irrimediabilmente a un’altra razza, e vivere con lui, è un’impresa. Ma è un’avventura meravigliosa. È la sfida dell’impegno, di giocarsi tutto, di accogliere e accompagnare nuove vite. Una sfida che si può affrontare solo se ognuno fa la sua parte”.
Si richiama, in questo, alle prime pagine della Bibbia: “Dio creò l’uomo a sua immagine, maschio e femmina lo creò”. La donna – sostiene la Miriano – è un aiuto, simile all’ uomo. Non una schiava, ma un aiuto. Chi aiuta è più robusto, più grande. Da qui l’idea fondamentale del libro che si ritrova in una delle tante lettere alle amiche che costellano il lavoro: “Dovrai imparare a essere sottomessa, come dice san Paolo. Cioè messa sotto, perché tu sarai la base della vostra famiglia. Tu sarai le fondamenta. Tu sosterrai tutti, tuo marito e i figli, adattandoti, accettando, abbozzando, indirizzando dolcemente. E’ chi sta sotto che regge il mondo, non chi si mette sopra gli altri”. Nella vita di coppia, spiega, bisogna “concorrere al contrario”. Non una gara al predominio, ma all’accoglienza dell’altro. Così com’è. In questo Costanza accusa lucidamente la tendenza innata della donna a far da “crocerossina”, a voler cambiare l’uomo, anche se col buon intento di “farne una persona migliore”. “Le donne – dichiara -, per abitudine, per pigrizia (è più facile tenere un ruolo fisso) fanno le educatrici a tempo pieno. Una vocazione che può essere devastante se esercitata su esseri umani che hanno superato l’adolescenza”. Da qui uno dei tanti consigli pratici del libro: “Quando lo devi criticare fallo con rispetto, e senza umiliarlo, se proprio sei sicura che la critica sia indispensabile. Se puoi aspettare domattina e meglio”. Lei stessa, confessa, più volte si morde “a sangue” la lingua per non dover accusare tutto quello che il marito non ha fatto o ha dimenticato. “L’uomo – dice Costanza – va amato così com’è”. Il beneficio è assicurato: “L’uomo dà con gioia se si sente libero, non ingabbiato, pressato, rimproverato. Troppe donne sono in lotta con i mariti e diventano insopportabili”.
Diversità, dicevamo, ma anche complementarietà di ruoli. Questi Universi di per sé diversissimi, se ben incastrati, possono produrre frutti meravigliosi: “L’uomo deve incarnare la guida, la regola, l’autorevolezza. La donna deve uscire dalla logica dell’emancipazione e riabbracciare con gioia il ruolo dell’accoglienza e del servizio. Sta alle donne, è scritto dentro di loro, accogliere la vita, e continuare a farlo ogni giorno. Anche quando la visione della camera dei figli dopo un pomeriggio di gioco fa venire voglia di prendere a testate la loro scrivania“.
Una tesi coraggiosa, che sfida il maschio a tornare in sé, rinnovando le sue responsabilità di uomo e di capofamiglia. Ma questo presuppone la voglia dell’uomo di avere “responsabilità”. Il modo migliore per convincere l’uomo a svolgere pienamente il ruolo di padre e marito è quello di dargli fiducia, di mostrare il lato più saggio, paziente e sottomesso della donna. Quando la donna si comporta così, assicura Costanza, l’uomo non resiste e corrisponde con le caratteristiche che gli sono proprie: generosità e forza. “Non è una tattica ipocrita – spiega – bensì la natura bella del genio femminile”. L’uomo non ama per primo, ma è mosso dalla donna ad amarla. E’ la donna che tiene acceso il fuoco, per dirla con Edith Stein. Se il marito ha un ruolo guida e decide, la moglie tiene insieme la famiglia.
Ed ecco uno dei passaggi fondamentali, a mio avviso: “La mia risposta a qualsiasi problema è una a scelta tra le seguenti: ha ragione lui; sposalo; fate un figlio; obbediscigli; fate un altro figlio; trasferisciti nella sua città; perdonalo; cerca di capirlo; e infine fate un figlio”.
“Credo che le donne avrebbero tutto da guadagnare nel recuperare il loro ruolo, la loro vocazione all’accoglienza (quello che papa Wojtyla chiamava il genio femminile). Noi donne siamo fatte per questo, per accogliere la vita innanzitutto”. Non a caso, pur essendo stata tacciata di essere integralista e antifemminista (“parla come un pio Sacerdote degli anni ’40″ ha scritto una giornalista), anche i suoi detrattori hanno dovuto ammettere che per una donna il momento più bello della vita è quello della nascita del proprio figlio.
Il libro ha aiutato molte famiglie in difficoltà. Il matrimonio per Costanza ha senso solo se cristiano, cioè se vi sono alla base delle motivazioni religiose solide. Vale la pena fare tutti gli sforzi possibili per salvare un matrimonio, o è meglio il divorzio? “Un matrimonio riuscito, dice Costanza, richiede anni di lavoro, come per una grande cattedrale. Tuttavia, basta poco per distruggerlo”. Una visione lontana dall’idea comune dell’amore come “scintillìo di batticuore, svolazzo di emozioni rosa, fru fru di occhiate e messaggini”. Ma l’amore, assicura Costanza, ha poco a che fare con questo – con buona pace di Moccia, aggiungiamo noi: “L’amore è una scelta definitiva. Fatta di continuo superamento di se stessi e dei propri limiti“. Tra le frasi più belle del libro c’è sicuramente questa: “Lui (tuo marito) è la tua via per il cielo!”.
Il suo libro ha convinto anche alcuni ad affrontare il passo decisivo del matrimonio. Anzi, confessa, “il libro è nato dalle lettere accorate che scrivevo davvero a una mia carissima amica, per convincerla a sposarsi. Alla fine ce l’ho fatta, conquistando l’ambito trofeo di testimone della sposa”. Tutti vogliamo l’amore eterno. Nessuno che inizia una storia d’amore vorrebbe che fosse “a termine”. In fondo, è l’idea per cui si esiste solo in relazione a qualcuno.
E sul tema dei figli, cosa ne pensa, vi chiederete? “La maternità e la paternità – dice Costanza – devono essere responsabili. È intelligente e prudente fare i conti con le proprie forze, ma la coppia deve anche essere aperta alla vita. Uno i figli non è che li programma più di tanto”.
Una donna che parla alle donne, ma, incredibilmente, le sue tesi trovano grande riscontro nell’universo maschile. Un compendio di pastorale familiare. Vissuta. Un libro da leggere e da consigliare (12,50 euro ben spesi!).
“Sposati, amala e dona la vita per lei” è il probabile titolo del suo secondo libro. Già, perché la lettera agli Efesini prosegue: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per Lei”.
Il card. Cottier: Benedetto XVI è la colonna che tiene
Come ha visto il Papa in questi giorni?
Mi ha colpito la sua serenità. Certamente soffre di tutte le cose che sono state dette dai media in questi giorni, ma il fondo dell’animo è sereno. È la forza dello Spirito Santo che guida la sua vita. È la sua fede. La vocazione specifica di Pietro è di sostenere la fede dei fratelli. Ecco, in tutte le difficoltà, in tutte le grandi perplessità, lui è la colonna che tiene. Può apparire un po’ stanco, ma in questi giorni ha fatto una sintesi stupenda di quel che dev’essere l’atteggiamento dei credenti, non cercare mai potere ma il servizio, fino al martirio se necessario, sull’esempio di Gesù. L’opinione pubblica superficiale si interessa a certe cose, ma l’interesse della Chiesa che professa la sua fede in Gesù è un altro. Ed è bellissima la testimonianza di quest’uomo che umile, semplice, modesto, ha questa forza spirituale così intensa, capace di trasmettere pace.
Insomma, si può dire che, per lui, è un modo di andare “oltre”.
Sì, certamente. Lui lascia passare queste “ondate” che vorrebbero scuotere la Chiesa, questo grande agitare le acque, perché sa che il movimento di fondo va oltre. Mi è capitato di riflettere nei giorni scorsi su tutto questo, e proprio durante le giornate del Concistoro, confrontandomi con altri confratelli, ho constatato che non ero stato il solo ad avere un certo pensiero. Che è questo: in tutto l’agitarsi attorno alla Chiesa, si può vedere l’opera del maligno al lavoro. Nel senso che se la Chiesa fosse assopita nella mediocrità, o occupata solo di intrighi, rivalità, il diavolo non avrebbe molto da fare. Ma se agita molto le acque allora vuol dire che c’è vitalità nella Chiesa, che il maligno vuole contrastare. E questa vitalità è la forza della fede, è la vita cristiana che si manifesta in tutto il mondo.
Dove si vede questa vitalità?
Proprio qualche tempo un confratello, che viaggia molto, mi parlava di come, in tutto il mondo, i giovani abbiano in qualche modo reinventato il senso dell’adorazione eucaristica. Ecco, questi sono davvero segni di grande vitalità, è lì che è la realtà della Chiesa: una realtà che non dev’essere offuscata dai peccati dei cristiani. Ed è questo in fondo il mistero della Chiesa, che è santa e che ha dei membri che sono peccatori, ma sono chiamati a divenire santi. Allora se è a questo che tutti siamo chiamati, alla santità, siamo allora chiamati anche a dare testimonianza, ad avere una vita coerente con quello che professiamo. Il Papa, anche in questi ultimi giorni, ha citato la parola di Paolo VI, che diceva la nostra epoca è più sensibile ai testimoni che ai maestri, e ancor di più ai maestri che siano anche testimoni. Ecco, questo dovrebbe essere il programma di tutti noi. Di tutti i cristiani, ma certamente ancora di più di quanti abbiamo responsabilità particolari.
Quale esempio ci dà Benedetto XVI?
Un esempio grandissimo, quotidiano. Ha 85 anni, come ho detto prima a volte appare stanco, e ciò è del tutto normale; i falsi romanzi che si sono sentiti in giro, anche a questo riguardo, certamente lo fanno star male… Però noi vediamo come, alla sua età, riesce a fare delle cose straordinarie: l’abbiamo visto a Madrid, o in Germania, dove ci ha ricordato che le strutture più belle, se sono vuote di fede, non valgono nulla. Lo abbiamo visto quando è andato in visita a Rebibbia. E tra un po’ andrà in Messico e a Cuba. Le sue catechesi del mercoledì sono straordinarie. Ecco, dobbiamo guardare a queste cose. Che lui fa sempre con questa idea guida, che il problema fondamentale, specialmente dell’Europa e dell’Occidente è il bisogno della rievangelizzazione, a causa della perdita della fede. È questa la linea di forza del suo pontificato, questo invito a ri-guardare all’amore di Gesù, all’Eucaristia, ai temi centrali della fede cristiana. È di questo che parla il Papa, perché è questo che interessa il mondo
Esenzione Ici-Imu alle Scuole
Le spiegazioni del premier sull’esenzione alle scuole che svolgono attività “non commerciali” producono “apprezzamento e soddisfazione”
Il chiarimento di Mario Monti sull’esenzione Ici-Imu alle scuole che svolgono attività «non commerciali» è «utile» e «ci fa esprimere apprezzamento e soddisfazione». E’ quanto afferma S. E. Mons. Michele Pennisi, Vescovo di Piazza Armerina e Segretario della Commissione Cei per l’educazione, la scuola e l’università.
Redazione SME
«Dopo gli annunci sulle modifiche avevamo espresso preoccupazione per l’incertezza legislativa che veniva a crearsi», spiega mons. Pennisi, vescovo di Piazza Armerina. «Va detto comunque nelle nostre intenzioni non c’era alcuna recriminazione verso il governo – prosegue -. L’Ici non è materia concordataria, e l’auspicio era che il governo agisse con saggezza e criteri di giustizia».
«Da parte nostra – dice ancora il segretario della Commissione episcopale – c’era una richiesta di chiarimento. Ora questo chiarimento c’è stato, quindi siamo soddisfatti».
Il vescovo dice di aver raccolto la «preoccupazione generale» che, in particolare al Sud, esiste tra gli istituti religiosi, come quelli gestiti dai Salesiani, che «letteralmente raccolgono i ragazzi dalla strada». «Tutti desideravano parole chiare – sottolinea – che ora sono venute».
Secondo mons. Pennisi, «è anche importante che ci sia un clima di dialogo costruttivo, chiaro e sereno. D’altronde la Chiesa non vuole privilegi. Vogliamo anzi contribuire a che si superi questo momento di crisi – aggiunge -, senza però che si creino ingiustizie che producano danni maggiori di quelli che si vogliono risolvere».
E in serata arriva la nota del Sir, l’agenzia dei settimanali cattolici promossa dalla Cei.«Il Governo si è mosso con criteri tecnici», si legge nel comunicato. «Il principio – sottolinea la nota – è quello, già presente nel nostro ordinamento, che distingue tra enti e attività profit e no profit».
In merito il Sir ricorda che «l’emendamento, che è in corso di approvazione al Senato, detta le nuove disposizioni secondo quattro criteri, accolti da un largo consenso. Si tratta, infatti, di mettere ordine nel settore e dare certezze alla Commissione Europea per risolvere la procedura d’infrazione aperta nell’ottobre 2010»