Per tutte quelle donne che, come Maria…

 Un pensiero e una preghiera per tutte quelle donne che accolgono la vita nel loro grembo, contro ogni tentazione contraria.

Un pensiero e una preghiera per quelle donne che si donano ogni giorno per curare e assistere un figlio, un marito, un fratello gravemente ammalato.

Un pensiero e una preghiera per tutte quelle donne che costruiscono nel silenzio l’armonia della famiglia e nel lavoro sono esempio di dedizione fedele e gioiosa alla volontà del Signore.

Un pensiero e una preghiera per quelle donne che soffrono per i maltrattamenti o le ingiustizie.

Un pensiero e una preghiera per quelle bambine che sono mutilate, violentate, uccise.

Un pensiero e una preghiera per tutte quelle ragazze che sono costrette a vendere il loro corpo.

Un pensiero e una preghiera per le donne di paesi dove, in nome di leggi e consuetudini, sono private della loro dignità e libertà.

Un pensiero e una preghiera per quelle donne che dopo aver speso una vita come moglie e madri a servizio di tanti sono sole e ammalate.

Un pensiero, una preghiera e un grazie sincero per tutte quelle donne che sull’esempio di Maria hanno detto il loro “Eccomi” a Gesù.

In nessun luogo come nella Chiesa le donne sono emancipate

Il rapporto di Gesù con le donne  è stato molto forte. Rispetto, accoglienza e valorizzazione della diversità potremmo considerale le caratteristiche dei molti incontri del Signore con le donne, che troviamo sparsi per il Vangelo.

Redazione SME

Di seguito un elenco, approssimato per difetto, degli episodi del Vangelo che narrano del rapporto di Gesù con le donne:

• Lc 8, 1-3 (donne alla sequela di Gesù)
• Lc 10, 38-42 (a casa di Marta e Maria)
° Gv 8, 1-11 (l’adultera)
• Lc 8, 43-48 (l’emorroissa)
• Mt 26, 6-13 (unzione a Betania)
• Lc 7, 36-50 (Gesù, il fariseo e la peccatrice)
• Mt, 20, 17-28 (annuncio passione; la madre dei figli di Zebedeo)
• Mt 20, 29-34 (i due ciechi di Gerico)
• Gv 4, 3-42 (la Samaritana)

Tuttavia, tra tutti, l’episodio più significativo è quello della Risurrezione, nel quale Gesù affida proprio a delle donne il compito di portare a tutti la notizia (Mc 16). Gesù ha dato grande dignità alle donne, le quali erano, a quei tempi, escluse e relegate ai margini della società. Anche nella frase più discussa del Vangelo “Che ho da fare con te, donna? Non è ancora giunta la mia ora!” (Gv 2,1-12) Gesù tenta di far comprendere a Maria che ora il suo essere figlio si trasforma nell’essere Figlio del Padre per compiere unicamente la sua volontà, e, contemporaneamente chiede anche a lei di superare il suo stesso ruolo ed essere pronta a diventare Madre dell’umanità; una volta sulla Croce Egli tornerà ad essere il Gesù di Nazareth che ha bisogno della mamma.
Cosa significa, dunque, ricordare le donne l’8 marzo? Una donna che lavora, che accudisce i figli, eleva  a Dio la preghiera più  bella. L’umanità deve loro un riconoscimento che non va discusso né celebrato in modo superficiale, soprattutto per tutte quelle che sono vittime, ancora oggi, di soprusi, di violenza, di emarginazione e quant’altro.

La Chiesa stessa è straordinariamente al femminile.
Teologicamente generata da una donna (Maria), la Chiesa sa essere materna ed accogliente, proprio come il grembo di una madre. Questa maternità, non solo si riversa sui suoi membri, ma effonde su di essi il senso dell’appagamento che l’essere madre porta con se.

Con buona pace delle femministe, possiamo affermare che in nessun luogo come nella Chiesa le donne siano emancipate pur senza avere ruoli gerarchici e ufficiali, si tratta di una emancipazione, per così dire, esistenziale, che trasforma in profondità donando consapevolezza di essere “persone”, quindi una dignità inattaccabile perché inserita nel profondo dell’io. Sull’insegnamento di Cristo, la Chiesa sa che le donne rappresentano una forza straordinaria e non sostituibile, una risorsa unica e speciale. Niente bigottismo dunque nelle donne credenti, ma forza e coraggio, dolcezza e determinazione insieme, comprensione e sollecitudine, speranza e certezza, sguardo proiettato al futuro ma piedi saldi per terra, concretezza e preghiera, un mix che può venire soltanto dalla certezza che il Maestro è con loro. Proprio come Marta e Maria (Luca 10, 38-42), le donne di fede si riconoscono tra preghiera e azione, sono l’una e l’altra, sapendo equilibrare l’esigenze del loro spirito con quelle del servizio.

Le donne, che da sempre hanno saputo conciliare nel loro profondo lavoro e famiglia, sanno operare questa fusione meravigliosa tra fede e vita interpretando l’oggi, il tempo presente, come tempo di Dio e donandosi senza riserve.

La testimonianza di Claudia Koll: "Maria mi ha insegnato ad essere donna"

Nel giorno in cui si festeggia la donna, ci sembra opportuno proporre la  testimonianza di Claudia Koll, l’attrice che ha riscoperto nella Vergine Maria un nuovo modo di essere donna.

Redazione SME

E’ cresciuta in una famiglia particolarmente devota alla Madonna e alla base della sua conversione, avvenuta una decina di anni fa, c’è proprio la Vergine Maria. Lourdes e Fatima, in particolare, hanno giocato un ruolo decisivo nella vita spirituale di Claudia Koll.

La sua infanzia non è stata una delle più facili: è stata cresciuta da una nonna non vedente ma fervente cattolica che, per non perdere mai il contatto con la nipotina, era solita legarla al polso con un filo di lana. “Mia nonna è stata il più grande esempio di fede nella mia famiglia –  racconta Claudia -. La vedevo recitare quotidianamente il Rosario e parlare direttamente con Dio. La sua testimonianza mi ha segnata in modo indelebile”.

La madre di Claudia, nei primi anni di vita della bambina, trascorse davvero poco tempo con lei, per motivi di salute. “Dopo che mi ebbe partorito ricevette una trasfusione di sangue infetto e rimase per sei mesi tra la vita e la morte. Quando poi mamma fu finalmente guarita – spiega l’attrice – andammo con tutta la famiglia a rendere grazie alla Madonna di Pompei. Sempre come ringraziamento alla Madonna sono stata battezzata con il nome completo di Claudia Maria Rosaria”.

“Recentemente ho riaperto i bauli con le foto della mia vita. In mezzo agli scatti del mio periodo adolescenziale ho trovato un’immagine del Gesù della Divina Misericordia: mi ha fatto pensare che, già allora, il Signore mi stava parlando ma io non lo ascoltavo, anzi, iniziai ad andare in tutt’altra direzione”.

La Koll racconta di aver vissuto le proprie aspirazioni artistiche – inizialmente ostacolate dalla famiglia – come un mezzo per appagare il proprio bisogno di libertà e di autenticità, salvo accorgersi, specie dopo essere diventata famosa, che quel tipo di libertà era assai poco autentica.

Dopo il successo del film erotico Così fan tutte (1992) di Tinto Brass, la Koll rimase per qualche tempo intrappolata nel cliché dei ruoli sexy, tuttavia, confessa, “non era quello che veramente volevo. Questo mi procurò una crisi di identità che, se già avessi avuto la fede, avrei saputo affrontare meglio”. Verso la metà degli anni ’90, la carriera cinematografica della Koll incontrò una fase di stallo, durante la quale, l’attrice meditò di abbandonare le scene e riprendere gli studi. Nella seconda metà dello stesso decennio tuttavia la sua carriera prese definitivamente quota con la conduzione del Festival di Sanremo del 1995, della trasmissione L’angelo su Canale 5, dedicata all’arte, e della celebre fiction Linda e il brigadiere, con Nino Manfredi.

Claudia Koll si rivelò artista duttile, talentuosa e raffinata ma, nella vita privata, si scoprì profondamente inquieta ed infelice. “In particolare la mia vita sentimentale era assai problematica: molte storie brevi, nessuna veramente ‘importante’, molti tradimenti, poche certezze”.

Questa inquietudine ebbe ripercussioni negative anche sulla vita artistica della Koll. “Un giorno stavo interpretando la parte di una donna che doveva piangere: a differenza del solito le lacrime proprio non mi uscivano; qualcosa mi bloccava, non entravo proprio nella parte”, racconta.

“Fu allora – prosegue – che Geraldine, la mia assistente di scena, mi rivolse parole molto schiette ed esplicite: Claudia, come puoi pretendere di essere credibile in scena, se nella tua vita privata c’è così poca autenticità?”. Era la voce del Signore che si faceva sentire.

Da quel momento inizia il graduale cambiamento interiore e spirituale di Claudia Koll. “Sono una figlia del Grande Giubileo – dice -. Nel 2000 un’amica americana mi chiese di accompagnarla a varcare la Porta Santa a San Pietro ed io lo feci come cortesia personale. Dopo quell’esperienza, però, non fui più la stessa”.

“Il Signore stava sgretolando tutti i miei piani e le mie ambizioni personali – racconta -. Avevo davvero toccato il fondo”.

Negli anni successivi, l’attrice ha vissuto la propria crescita spirituale attraverso l’esperienza concreta dell’amore come mezzo di perseveranza, in particolare nella vicinanza ai poveri e ai malati.

Fu così che ha riscoperto la devozione mariana nella propria vita, accennando alle emozioni provate dopo i pellegrinaggi a Medjugorie e a Lourdes. “Da bambina rimasi colpita dalla storia della Madonna di Fatima e di come la Vergine avesse potuto affidare a tre bambini così piccoli, dei compiti così enormi”.

“Pensando in particolare a Giacinta e Francesco, da piccola pregai la Madonna di portarmi in cielo con Lei. Ciò non è successo, però, Maria mi ha insegnato a scoprire il bello dell’essere donna, di esprimere al meglio tutte le mie qualità femminili: la dolcezza, lo spirito materno. Grazie a Lei sono diventata anche meno aggressiva”.

Ho inoltre capito quanto sia bella la diversità e la complementarità tra uomo e donna – aggiunge -. In un certo senso il Signore mi ha ‘corretta’ nel mio femminismo”.

Ho scoperto che Dio è fedele e mantiene le promesse: la più grande di queste promesse è quella di amarci”, dichiara la Koll.

Da alcuni anni Claudia Koll è impegnata in opere di misericordia e di formazione cristiana. Per tali scopi ha dato vita alla onlus “Le Opere del Padre”.

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