Affetto e vicinanza spirituale al Santo Padre
Redazione SME
“Contribuiamo a rendere più evidente agli occhi di tutti questa apostolicità, manifestando con squisita fedeltà l’unione al Papa, che è unione a Pietro. L’amore al Romano Pontefice deve essere in noi vibrante e appassionato, perché in lui vediamo Cristo. Se parliamo col Signore nella preghiera, acquisteremo uno sguardo limpido, che ci farà distinguere, anche negli avvenimenti che a volte non capiamo e che ci causano lacrime e dolore, l’azione dello Spirito Santo”.
S. Josemaria Escrivà de Balaguer (La Chiesa Nostra Madre, 30)
L’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina”
esprime vicinanza, affetto e rinnova la sua fedeltà
al Santo Padre Benedetto XVI,
provato dagli ultimi recenti fatti vaticani.
La Famiglia: la sua origine e i suoi nemici
In vista del prossimo VII Incontro mondiale delle Famiglie che si terrà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno prossimi, con la presenza del Santo Padre Benedetto XVI, pubblichiamo un’articolata e approfondita riflessione del noto ed illustre sociologo e scritto Introvigne.
di Massimo Introvigne
“La famiglia nasce da un dato naturale, e non possiamo reinventarla a nostro piacimento”. Lo dice Massimo Introvigne, sociologo e opinionista, alla vigilia del VII incontro mondiale delle famiglie, che comincerà mercoledì prossimo a Milano per concludersi con la messa che Benedetto XVI celebrerà domenica 3 giugno all’aeroporto di Bresso. “La famiglia fondata sul matrimonio fedele tra un uomo ed una donna ed aperta alla vita, al di là di tutte le evoluzioni culturali che la caratterizzano, continua ad imporsi come la via maestra per la generazione e la crescita della persona” aveva detto il cardinale Angelo Scola nella conferenza stampa di presentazione dell’evento. È di quelle “evoluzioni culturali” che IlSussidiario.net ha parlato con lo studioso torinese.
“Uno dei grandi insegnamenti di Benedetto XVI” spiega Introvigne “è che non si può dissociare la crisi economica dalla crisi morale. Sono sempre collegate e si rinviano l’una all’altra, non lo dobbiamo mai dimenticare. Detto questo, solo uno stolto negherebbe che esista una crisi economica che influisce negativamente sulla famiglia anche perché pochi governi, nonostante le declamazioni di principio, considerano davvero la famiglia una priorità”.
Dove sta invece la crisi culturale che sarebbe tutt’uno con la crisi economica?
È una crisi che viene da lontano ed ha le sue radici nell’illuminismo. Pensiamo alle polemiche di Rousseau sulla famiglia come luogo in cui ai bambini vengono trasmesse superstizioni e cattive idee. Già allora si cominciò a mettere in discussione i legami organici.
Oggi quando parliamo di famiglia dobbiamo ormai specificare che si tratta di famiglia tradizionale, oppure dire che intendiamo la famiglia costituita di uomo e donna. Non è già una dato eloquente sul quale riflettere?
Nemo repente fit pessimus, dicevano i medievali: nessuno arriva al fondo dell’abisso immediatamente. È l’esito di un processo, che annovera tre tappe. Comincia con il primato dell’individuo sulla famiglia dell’illuminismo, poi dello Stato sulla famiglia delle ideologie totalitarie del XX secolo. In fondo al tunnel c’è la negazione: la famiglia non è una realtà ma un’invenzione culturale che ognuno è libero di rifare a proprio piacimento.
Un’invenzione, dice?
Sì. Se qualcuno vuole importare la poligamia in occidente, è libero di farlo; chi vuol fare coppia omosessuale, ne ha pari diritto; fino all’ultimo caso, che viene dalla Germania, nel quale ci si appella alla Corte europea chiedendo l’ammissibilità dell’incesto. È l’estremo, drammatico approdo cui si giunge quando la realtà delle cose viene dissolta. In modo coerente, la nozione di famiglia tradizionale è semplicemente superata.
Guardiamo la nostra storia. Cosa ha rappresentato il ’68 per la famiglia italiana?
La premessa indispensabile per il terzo passaggio che ho descritto. Essa si verifica quando la cultura marxista presente nel Paese ha già ampiamente articolato il suo attacco alla famiglia come prima depositaria dell’educazione dei figli, delegandone il ruolo allo Stato. Questa concezione subordinava la famiglia alla collettività, nondimeno le riconosceva ancora un valore in sé. Invece con la “fantasia al potere” inizia una nuova fase: con la rivoluzione sessuale la famiglia “di prima” è nient’altro che un freno alla manifestazione libera del desiderio. Questo approccio sarà sviluppato in modo coerente nei venti anni successivi, basti pensare ai Pacs in Francia.
Il desiderio di cui parla la rivoluzione sessuale è lo stesso desiderio che il Catechismo della Chiesa cattolica dice essere proprio del cuore di ogni uomo?
Credo che Luigi Giussani abbia scritto pagine molto belle su questo tema, prendendo le mosse, e non è un caso, da una delle parole più controverse della crisi che si era determinata in quegli anni. Il desiderio più profondo che l’uomo, tutti gli uomini, si portano dentro è il desiderio di Dio, il desiderio della Gerusalemme celeste. È uno dei grandi insegnamenti di Sant’Agostino più citati dall’attuale Pontefice. Nel desiderio, tipico di un amore vero e pieno, di essere perfettamente soddisfatti − il che sul piano dell’amore fisico si rivela impossibile − può darsi che ci sia il desiderio originale della Gerusalemme celeste. L’uomo però deve saperlo e comprenderne le radici; se questo non avviene, allora quel desiderio dell’altro minaccia di divenire autodistruttivo.
Si può dire cos’è la famiglia facendo a meno del concetto di natura?
Direi proprio di no. È possibile naturalmente mantenere la parola “famiglia”, dando però ad essa significati completamente nuovi. La famiglia nasce da un dato naturale che non siamo liberi di inventare. Qui le strade divergono: per il credente tale dato è creato, iscritto in un disegno di Dio sull’universo, per un non credente tale disegno non c’è e, coerentemente, quel dato diviene modificabile. La differenza e la complementarità fra l’uomo e la donna appartengono a questo dato originale.
Che cosa intende per “dato originale”?
Possiamo cambiare molte cose, ma non possiamo cambiare il semplice fatto che un giorno siamo nati, cioè che non ci siamo fatti da soli. Come non possiamo cambiare − fino ad oggi, ma penso mai − il fatto che un giorno dovremo morire. Un altro dato originale è il fatto che mentre il piccolo di tante specie animali, lasciato solo, per qualche ora sopravvive, il piccolo d’uomo, nelle stesse condizioni, muore; quindi bisogna che ci sia una istituzione la quale garantisce che non sia lasciato solo ma accudito, e per molti anni sia accompagnato verso lo sviluppo. È suggestivo che da questa riflessione nasca una scienza nuova, la sociologia.
Da sociologo vedo le statistiche sull’abbassamento del primo rapporto sessuale dichiarato, sull’abbassamento dell’età delle gravidanze prematrimoniali, sull’aumento delle convivenze prima e fuori dal matrimonio. Posso senz’altro dire che è diventato epoca nel periodo successivo. Aiutato da un perverso intreccio tra il costume e la legge, perché certamente le leggi sul divorzio e sull’aborto hanno interagito con il costume e in qualche modo lo hanno anche prodotto.
Sono gli anni del socialismo rampante. In Italia il socialismo è stato solo la cultura di un partito di governo?
È curioso come la cultura del socialismo italiano, anche quello che Craxi ci abituò a considerare simpatico per il suo moderatismo rispetto al comunismo sovietico, veicoli al proprio interno la posizione di Turati. Il padre del socialismo italiano rivolge alla famiglia una critica di stampo libertino che mette insieme il peggio dell’ideologia marxista e il peggio dell’ideologia illuminista.
Questo ha avuto conseguenze sul piano della mentalità?
Non c’è dubbio che grazie anche alla cultura del Psi si affermò e si diffuse una forte critica agli stili di vita e alla morale tradizionale. Essa costituì in tal modo un efficientissimo acceleratore della società edonistica. Oggi si è andato ben oltre, tanto che consideriamo retroguardie alcuni esponenti di quel mondo politico; ma allora, rispetto alla morale tradizionale, l’impatto fu devastante.
Anni, fa, in alcuni saggi, lei mostrò il nesso tra gnosi e socialismo in tema di famiglia e di morale sessuale. Esiste una ispirazione gnostica nel modo in cui il rapporto uomo donna è vissuto oggi?
Se ne possono vedere gli effetti nel ritenere − non importa quanto consapevolmente − che la procreazione, ma anche il rapporto uomo-donna, sono male, perché il male del mondo, per la gnosi, coincide con l’esistenza di individualità distinte, la cui moltiplicazione agevola la caduta dal mondo delle idee e dell’uno-tutto, il Pleroma, che è buono, in quello del mondo materiale che è cattivo.
E queste antiche dottrine arrivano fino a noi?
Non dimentichiamo che tanti elementi gnostici hanno affascinato parte della cultura del 900, in ambito marxista e psicanalitico. Si ricorda quando Paul Ricœur parlava dei “maestri del sospetto”? Giovanni Paolo II riprese quella espressione di Ricœur per indicare i principali fautori della gnosi moderna, Marx, Nietszche e Freud. Questi sono i “nonni” dei quali gli attuali esponenti della filosofia di genere sono i nipoti, anche se non giurerei che questi ultimi abbiano le categorie culturali necessarie per essere all’altezza di questi temi. E tuttavia ne rimangono influenzati.
“Maestri del sospetto”, dunque. Sospetto di e su che cosa?
Sospetto su tutto ciò che in Europa e in occidente è tradizionale e cristiano.
Siamo nel postmoderno, dove tutte le ideologie si equivalgono. Quali sono le sfide con cui si misura la famiglia oggi?
Io non penso che il problema della famiglia possa essere disgiunto da una serie di altri problemi di ordine culturale e morale. La rivoluzione culturale che dal ’68 arriva ai giorni nostri e che attacca i giovani, l’individuo, la famiglia, lo Stato, l’arte, la religione, rende la sfida globale. Quando anche introducessimo il quoziente familiare, al quale sono peraltro assolutamente favorevole, e avessimo rinunciato ad affrontare la crisi culturale che ancora ci avvolge avremmo comunque perso.
Solennità di Pentecoste: Mezzi per amare Dio e farsi santo
Concludiamo la novena di Pentecoste con l’ultima meditazione predisposta da Sant’Alfonso: la santità, ovvero la vita in pienezza, è la meta di ogni sforzo cristiano. Ma è anche dono da impetrare da Dio.
di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori
Chi più ama Dio si fa più santo. Diceva S. Francesco Borgia che l’orazione introduce nel cuore umano l’amore divino; la mortificazione poi è quella che toglie dal cuore la terra e lo rende capace di ricevere quel santo fuoco. Quanto più di terra vi è nel cuore, tanto meno di luogo vi trova il santo amore. (lob. XXVIII, 12, 13). Perciò i santi hanno cercato di mortificare quanto più poteano l’amor proprio ed i loro sensi. I santi son pochi; ma bisogna vivere con i pochi se vogliamo salvarci con i pochi, come scrive S. Giovanni Climaco. E S. Bernardo dice che chi vuol fare vita perfetta bisogna che faccia vita singolare.
Prima di tutto però per farsi santi è necessario aver desiderio di farsi santi: desiderio e risoluzione. Alcuni sempre desiderano ma non mai cominciano a metter mano all’ opera. «Di queste anime irresolute, dicea S. Teresa, non ha paura il demonio». Al contrario diceva la santa che «Dio è amico delle anime generose». Il demonio cerca di farci apparir superbia il pensare di fare grandi cose per Dio. Sarebbe superbia se noi pretendessimo farle confidando nelle nostre forze; ma non è superbia il risolverci di farci santi fidandoci di Dio e dicendo: Tutto posso in Colui che mi dà la forza (Fil 4,13).
Bisogna dunque farsi animo, risolversi e cominciare. La preghiera può tutto. Quel che non possiamo noi con le nostre forze, ben lo potremo con l’ aiuto di Dio, il quale ha promesso di darci quanto noi gli cerchiamo (cfr. Gv 15,7).
Affetti e preghiere
Caro mio Redentore, tu desideri il mio amore e mi comandi di amarti con tutto il cuore. Sì, Gesù mio, con tutto il cuore io voglio amarti.
No, mio Dio, ti dirò confidando nella tua misericordia, non mi spaventano i miei peccati commessi, perché ora li odio e detesto sopra ogni male; e so che tu ti scordi delle offese di un’anima che si pente e ti ama. Anzi perché io più degli altri ti ho offeso, più degli altri ti voglio amare, coll’ aiuto che da te spero.
Mio Signore, tu mi vuoi santo, ed io voglio farmi santo per darti gusto. Ti amo, bontà infinita. A te tutto mi dono. Tu sei l’ unico mio bene, l’ unico mio amore. Accettami, amor mio, e rendimi tutto tuo e non permettere che io ti dia più disgusto. Fà ch’io tutto mi consumi per te, come tu ti sei tutto consumato per me.
O Maria, o sposa la più amante dello Spirito Santo e la più amata, impetrami amore e fedeltà.
Pater, Ave, Gloria.