Quel pane è realmente Gesù Cristo

 Padre Giuseppe Midili, O. Carm.*

La solennità del Corpus Domini risale al 1264, per volontà di Papa Urbano IV che istituì la festa «affinché il popolo cristiano riscoprisse il valore del mistero eucaristico». A distanza di più di 700 anni la tradizione continua ininterrotta. “Un momento importante per la fede dei cristiani” ha dichiarato il cardinale Agostino Vallini Vicario del Santo Padre per la città di Roma. Soprattutto un’occasione “per ringraziare il Signore del dono inestimabile dell’Eucaristia, per testimoniare pubblicamente la nostra fede e l’unità della Chiesa di Roma intorno al suo Vescovo”.

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intervista di Salvatore Cernuzio

Il Corpus Domini celebra l’Eucarestia, fulcro della fede cristiana. Qual è il significato di questa solennità?

Padre Midili: Eucaristia significa rendimento di grazie. La solennità del Corpo e del Sangue del Signore è l’occasione liturgica di un ringraziamento speciale. La comunità cristiana si raduna per prendere coscienza che solo nell’Eucaristia trova il culmine e la fonte di tutta la sua vita. Ogni atto di fede, ogni forma di pietà, di devozione, ogni forma di autentica carità non può prescindere mai da questo sacramento, che è costitutivo del cristiano.

A quando risale la nascita di tale ricorrenza?

Padre Midili: La solennità del Corpus Domini fu istituita nel 1264 da papa Urbano IV, perché il popolo cristiano potesse partecipare con speciale devozione alla Santa Messa e alla processione e così testimoniasse la fede in Gesù, che ha voluto rimanere presente sotto le specie del pane e del vino consacrati. Nel corso dei secoli questa solennità ha costituito il punto più alto di devozione eucaristica, perché ha unito l’adorazione devota a quell’evento originante imprescindibile che è la celebrazione della Messa.

La celebrazione del Corpus Domini a san Giovanni in Laterano è entrata nella tradizione della diocesi di Roma grazie a Giovanni Paolo II. Perché il beato Papa ha voluto dargli una così grande importanza?

Padre Midili: Sin dall’anno 1979 Papa Giovanni Paolo II volle che a Roma la solennità del Corpo e Sangue del Signore si celebrasse il giovedì, perché proprio il giovedì santo Gesù radunò i suoi discepoli e durante la cena istituì il nuovo ed eterno sacrificio, il convito nuziale dell’amore. Mentre nella sera del giovedì santo si rivive il mistero di Cristo che si offre nel pane spezzato e nel vino versato, nella ricorrenza del Corpus Domini questo stesso mistero viene proposto all’adorazione e alla meditazione del Popolo di Dio.

Il Papa volle celebrare nella Cattedrale di Roma, insieme con tutti i sacerdoti e i fedeli della città, perché l’Eucaristia è mistero di comunione con Dio, ma anche tra le persone. La migliore immagine di Chiesa, infatti, è quella che si costituisce intorno al Vescovo, per celebrare i divini misteri, mangiare e bere del Corpo e Sangue del Signore, rendere grazie e così testimoniare la comunione e l’amore che Gesù ha insegnato.

Gesù è in mezzo al suo popolo in ogni momento della vita. Con la sua presenza egli santifica la quotidianità, vede e risana la sofferenza, è per tutti un segno di speranza. Gesù non è lontano da noi e dalla nostra vita, ma è sempre presente, si è fatto vicino. Possiamo incontrarlo nell’Eucaristia celebrata e nel pane consacrato. Egli ci viene incontro.

Il Corpus Domini è un momento fondamentale per il popolo cristiano,  è un evento di grande impatto la cui idea centrale è che “Cristo cammina in mezzo a noi”….

Padre Midili: La Santa Messa e la processione nella solennità del Corpo e del Sangue del Signore sono un unico evento, che manifesta la Chiesa come Chiesa. L’adorazione è prosecuzione dell’Eucaristia celebrata, testimonianza d’amore e di fede verso Gesù, prolungamento del ringraziamento dopo ogni S. Comunione. La processione è cammino di sequela. Ancora una volta la Chiesa si identifica con il popolo in cammino, che segue il suo maestro. Si ripete l’esperienza dei discepoli di Emmaus, che percorrono un tratto di strada con Gesù e lo ascoltano mentre li istruisce. Nella processione eucaristica la comunità cammina con Gesù, ma non lo riconosce più mentre spezza il pane. Noi riconosciamo il Maestro presente in quel pane.

*Padre Giuseppe Midili, Carmelitano, è Direttore dell’Ufficio Liturgico del Vicariato di Roma.

Gli altarini eucaristici e l'entusiasmo della fede semplice

  
di Alessandro Scaccianoce
 
La mia descrizione delle processioni parrocchiali del Corpus Domini  a Biancavilla parte dal ricordo personale, per approdare ad alcune riflessioni sulla fede. La vera caratteristica di queste processioni – che impegnano notevolmente tutte le forze vive della parrocchia – sono scandite dalle tradizionali soste presso gli altarini allestiti ai crocicchi delle strade, addobbati con stoffe preziose, che rendono queste nicchie assai simili a talami nuziali. Perché proprio in questo in questo talamo si consuma l’unione tra Cristo e l’umanità, la sua donazione totale, il suo essere-per-l’uomo tra le strade. Ad addobbare gli altari sono fiori e candele. Al centro è posta un’immagine sacra (una statua o un quadro, tipicamente del S. Cuore di Gesù) e il crocifisso. In ciascuno di questi altarini, orientati ad Deum – secondo il modello dei più antichi altari tridentini –  viene impartita la benedizione eucaristica. Questo procedere scandito dalle tappe degli altarini ricorda il passaggio di Gesù tra le strade della Palestina, quando, “medico delle anime e dei corpi”, passava risanando e guarendo ogni infermità. Le processioni sono accompagnate dal corpo bandistico cittadino che intona inni eucaristici e accompagna il canto del Tantum ergo, imprimendo ancora maggiore solennità alle pubbliche manifestazioni di fede nella SS. Eucaristia. Fuochi d’artificio, inoltre, scandiscono il passaggio del SS. Sacramento. Le strade sono imbandierate e abbellite con fiori e palme (anticamente – mi si raccontava – si esponevano al balcone le coperte più preziose e le donne si preocupavano di spazzare perbene il percorso segnato dalla processione). Alcuni fedeli, affacciati dai balconi, lanciano petali di fiori o coriandoli colorati al passaggio del baldacchino, che insieme con l’ombrellino eucaristico, protegge l’immacolata ostia consacrata. Il tutto precedeuto dalla vivace e candida presenza dei bambini biancovestiti che hanno ricevuto la Prima Comunione.
In alcuni casi si realizzano dei tappeti di fiori con simboli eucaristici (non sono vere infiorate, ma ne sono un evidente ricordo). E’ a tutti gli effetti una grande festa: un tripudio di  suoni e colori che scaturisce dalla gioia della presenza del Signore accanto e in mezzo a noi. Negli ultimi anni qualcuno ha ritenuto di voler “purificare” o semplificare queste processioni, eliminando i segni più umani della festa e della gioia, perchè ritenuti – secondo una valutazione personale tutta da verificare – “profani” (come il corpo bandistico o i fuochi d’artificio) o cancellando altri aspetti di sacralità (come l’uso dell’ombrellino eucaristico, o il canto del Tantum ergo, per fare solo alcuni esempi). Ne è risultato un impoverimento generale e una certa banalizzazione  di queste manifestazioni pubbliche di fede. A ciò si associa anche un certo affievolimento nell’entusiasmo religioso. Sembra che tutto quel che si fa sia dettato da un obbligo esterno, una ruotine che non incide nel vissuto. Cose fatte senza convinzione.
Com’è noto, i segni esprimono la realtà significata. Togliere o eliminare, con il supposto obiettivo di purificare, ha il solo effetto di indebolire l’impatto di ciò che si celebra nella percezione collettiva. Ciò che è importante va mostrato e reso evidente con il meglio delle nostre possibilità, senza trascurare quel patrimonio tradizionale di segni concreti che rendono più bello e prezioso il passaggio di Cristo Sacramentato per le nostre strade. Se questo passaggio è un evento straordinario, deve essere evidente con tutti i mezzi possibili a nostra disposizione. Proprio mentre scrivo queste righe apprendo che il Papa proprio ieri a Roma ha parlato della necessità di recuperare la sacralità dell’Eucaristia e del culto eucaristico, come anche dell’importanza dei segni esteriori per esprimere la fede. Già, per quale motivo dovremmo temere di  esprimere con il meglio dei nostri mezzi umani il nostro amore a Gesù Eucaristia? Miglioriamo, ma non cancelliamo la nostra tradizione spirituale e culturale! Occorre ritrovare l’entusisamo della fede, anche a partire dai gesti semplici, come quelli legati alla praparazione degli altarini euicaristici. Personalmente, ricordo da bambino l’atmosfera allegra che caratterizzava i quartieri impegnati nella preparazione degli altarini, coinvolgendo necessariamente gli uomini, per la parte strutturale, le donne, nei rivestimenti delle stoffe, e anche i bambini impegnati a ritagliare le bandierine e a stenderle tra le balconate, o nella ricerca del fresco gelsomino da fissare con gli spilli sul fondo delle bianche pareti. Alla sera, al termine della processione, ci si ritrovava tutti insieme attorno a quell’altarino per fare festa con alcuni dolcetti preparati per l’occasione.
Ritrovare quello spirito e quella genuina freschezza non è difficile. La gente oggi più che mai chiede di incontrarsi, ha bisogno di legami e di relazioni. La fede, per definizione, è strumento di incontro, è movimento verso l’Altro, anche con la “A” minuscola. 
 
 

Il Papa nella solennità del Corpus Domini: riprendere l'adorazione eucaristica e riscoprire il sacro

Redazione SME

Ieri a Roma il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato la solennità del Corpus Domini, con la Santa Messa sul piazzale antistante la Basilica di San Giovanni in Laterano e la solenne processione eucaristica che è giunta sino a Santa Maria Maggiore dove il Sommo Pontefice ha impartito la benedizone eucaristica. Una straordinaria folla di fedeli ha seguito per le strade l’omaggio solenne a Gesù sacramentato. Molti anche i fedeli che hanno potuto seguire le celebrazioni attraverso Sat 2000.

“Questa folla – ha commentato Gigi De Palo, assessore ai servizi sociali del Comune di Roma – testimonia la volontà di tanti di stare vicino al Papa: e’ un bel segnale di Roma al suo Vescovo”. 

Il valore del culto eucaristico e la sacralità dell’Eucaristia: a questi due aspetti ha dedicato la sua omelia Benedetto XVI alla messa.
E’ importante, esordisce il Papa nella sua omelia, riprendere in considerazione due aspetti del Mistero eucaristico oggi in parte trascurati: il culto dell’Eucaristia, in particolare l’adorazione del Santissimo Sacramento, e la sua sacralità. Un’interpretazione parziale del Concilio Vaticano II, osserva, ha portato a restringere in pratica l’Eucaristia al solo momento celebrativo in cui il Signore convoca in assemblea il suo popolo. La valorizzazione della celebrazione eucaristica è andata però a scapito dell’adorazione rivolta al Signore Gesù realmente presente nel Sacramento dell’altare e questo con ripercussioni negative sulla vita spirituale dei fedeli. Infatti, concentrando tutto il rapporto con Gesù Eucaristia nel solo momento della Santa Messa, si rischia di svuotare della sua presenza il resto del tempo. “E così si percepisce meno il senso della presenza costante di Gesù in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina, tra le nostre case, come «Cuore pulsante» della città, del paese, del territorio con le sue varie espressioni e attività. Il Sacramento della Carità di Cristo deve permeare tutta la vita quotidiana”.                                                             Il culto del Santissimo Sacramento, continua il Papa, costituisce come l’ambiente spirituale entro cui la comunità può celebrare bene l’Eucaristia: “L’incontro con Gesù nella Messa si attua pienamente quando la comunità riconosce che Egli, nel Sacramento, abita la sua casa, ci invita alla sua mensa, e poi, dopo che l’assemblea si è sciolta, rimane con noi e ci accompagna continuando a raccogliere i nostri sacrifici spirituali e ad offrirli al Padre”.
Benedetto XVI ricorda l’esperienza tante volte vissuta, una, dice, delle esperienze più autentiche del nostro essere Chiesa, quella dello stare tutti insieme in silenzio prolungato davanti al Signore presente nel suo Sacramento. E per spiegare ciò che si vive in ginocchio davanti al Sacramento dell’Amore, il Papa fa riferimento a qualcosa che appartiene anche ai rapporti interpersonali:
Per comunicare veramente con un’altra persona devo conoscerla, saper stare in silenzio vicino a lei, ascoltarla, guardarla con amore. Il vero amore e la vera amicizia vivono sempre di questa reciprocità di sguardi, di silenzi intensi, eloquenti, pieni di rispetto e di venerazione, così che l’incontro sia vissuto profondamente, in modo personale e non superficiale”.
Passando all’aspetto della sacralità dell’Eucaristia, Benedetto XVI osserva che una certa mentalità secolaristica degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso ha portato ad un certo fraintendimento circa la novità cristiana che riguarda il culto. Se è vero che il centro del culto non sta più nei riti e nei sacrifici antichi, ma in Cristo stesso, tuttavia: “Egli non ha abolito il sacro, ma lo ha portato a compimento, inaugurando un nuovo culto, che è sì pienamente spirituale, ma che tuttavia, finché siamo in cammino nel tempo, si serve ancora di segni e di riti, che verranno meno solo alla fine, nella Gerusalemme celeste, dove non ci sarà più alcun tempio”.
Il sacro ha, per il Papa, una funzione educativa e la sua scomparsa inevitabilmente impoverisce la cultura, in particolare la formazione delle nuove generazioni. E cita l’esperienza delle celebrazione in corso:“Se, per esempio, in nome di una fede secolarizzata e non più bisognosa di segni sacri, venisse abolita questa processione cittadina del Corpus Domini, il profilo spirituale di Roma risulterebbe «appiattito», e la nostra coscienza personale e comunitaria ne resterebbe indebolita”.
Gesù, dunque, istituì il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, ponendo se stesso al posto dei sacrifici antichi, ma all’interno di un rito, che comandò agli Apostoli di perpetuare. Con questa fede, conclude il Papa, celebriamo oggi e ogni giorno il Mistero eucaristico e lo adoriamo quale centro della nostra vita e cuore del mondo.

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