La verità: il cardinale Martini non è mai stato un'alternativa

Certi ambienti radicaloidi hanno voluto vedere in lui l’alfiere di una Chiesa “eticista” che non esiste. Era popolare presso i salotti buoni, forse si è attardato troppo davanti allo specchio… Di certo non è stato mai un reale problema per Woytjla e Ratzinger.

di Davide Rondoni

Solo chi non ha idea di cosa sia la storia delle Chiesa può entusiasmarsi a sottolineare differenze o divisioni tra il defunto card. Martini e una parte che sarebbe rappresentata da papa Ratzinger – peraltro cordiale amico ed eletto papa col voto di Martini medesimo e dei “suoi”. Solo qualche anticlericale fuori dal tempo può ritenere che Martini abbia rappresentato una vera alternativa di pensiero e pastorale alla guida di Woytjla e di Ratzinger. Basterebbe vedere la storia dei dissidi corsi tra grandi teologi come Abelardo e S. Bernardo, Giuglielmo da Thierry, per avere una idea di cosa vuol dire alternativa. Quelli litigavano sulla conoscenza di Dio, mica facevano distinguo noiosi su sondini o metodi di fecondazione, quisquiglie etiche o bioetiche come quelle per cui si scaldano gli articolisti radicaloidi che dominano nei nostri maggiori quotidiani.

Il card. Martini non fu mai una alternativa. Non ne aveva la forza. E questo non è un difetto, beninteso, ma un fatto. Non fosse stato messo da Woytjla alla guida della più grande diocesi del mondo, Martini sarebbe rimasto un oscuro brillante studioso di Sacre Scritture. E dunque per quale motivo –se fosse stato davvero un’alternativa – offrire da parte di Woytjla la cattedra forse seconda come importanza nel mondo? Il papa polacco dalle scarpe grosse e dal cervello fino sapeva che da lì non potevano venire seri problemi. E di fatti non ne sono venuti. Specie per chi come Woytjla e Ratzinger non ha una idea “eticista” della Chiesa, che è quella invece amata dagli estimatori del card. Martini, che appunto lo ritenevano più vicino a loro, i moderni, gli illuminati, per motivi etici. Ma non s’erano accorti che la partita era persa in partenza. Semplicemente perchè la partita non era quella.

Non si trattava di opporre due idee etiche, come invece piacerebbe ai media che suonavano campane a festa a ogni intervento del cardinale emerito di Milano, di cui si diceva che aveva scelto il nascondimento – salvo tenere una rubrica di lettere di una pagina intera sul Corriere della Sera, strano nascondimento… Il fatto è che Woytjla e Ratzinger hanno riproposto in modi diversi ma sintonici una Chiesa che non fonda se stessa sull’etica, ma sull’Avvenimento. Lo notò con timore e spiazzamento un editoriale di Ezio Mauro alla prima enciclica di papa Ratzinger. O almeno ci stanno provando nonostante tutte le resistenze interne ed esterne, le resistenze di chi intende sempre ributtare la proposta cristiana nell’angusto campo del dibattito bioetico o filologico.

Con Giovanni Paolo II e ora con Ratzinger riprende vigore l’idea di una Chiesa popolare, segnata dall’essere avvenimento nella storia, dalla testimonianza drammaticamente vissuta in tutti gli ambienti, dalla carità alla scienza alla politica. Una Chiesa che parla di Gesù e lo incarna come presenza nella storia. Una Chiesa che in definitiva non si lascia valutare da oscillazioni di carattere bioetico o politico, inevitabili nella storia, ma solo dalla testimonianza a Gesù. Invece, mai visto un intervento che riguardasse Gesù pubblicamente rilanciato da questi mediaticamente potenti amici del card. Martini, da coloro che lo hanno usato per rafforzare agli occhi dei loro lettori l’idea di una Chiesa eticista. Non ho visto in queste ore nessuno di questi estimatori dire di Martini: mi ha fatto scoprire Gesù. Eppure la sua fede era chiara, limpida! Ma allora la Chiesa serve per dibattiti etici?

Martini non poteva essere una alternativa alla Chiesa che non si riduce a filologia biblica o a coscienza etica del mondo – mondo che peraltro non la vuole né la cerca per questo – semplicemente perché non aveva una idea alternativa di Chiesa. Aveva aggiornato certi argomenti, aveva di certo registrato inquietudini di tanti credenti. Ma pensare che uno creda o no a seconda della posizione del magistero sulla fecondazione artificiale o cose del genere, significa ridurre Nostro Signore e la Chiesa a una macchietta. Significa pensare che l’etica sia più importante della Grazia. ll che di certo il card. Martini non credeva. Che Dio debba essere una specie di suocero comprensivo è immagine che piace ai laici e ai nemici della Chiesa. A chi è interessato a far passare la fede come un enorme scrupolo che non fa vivere appieno. Tutte queste cose – che Martini di certo non pensava ma faceva pensare, secondo il difetto tipico dell’intellettuale non pastore – non rappresentano un’alternativa d’esperienza della Chiesa, sono questioni per così dire “secondarie”. Che certo indeboliscono il tessuto ecclesiale – ed è quel che è successo a Milano negli anni del pastore Martini – ma che non rappresentano una alternativa sostanziale, per quanto strombazzata come tale da media superficiali e “interessati”.

I gesuiti si sa hanno sempre avuto il vezzo – e il carisma – di fare i suggeritori dei potenti. E quindi devono essere ben accetti, presentabili. Lo ha ammesso anche l’attuale premier Monti. Il card. Martini è stato il mio faro e il mio consigliere, ha scritto sul loro Corriere. Non mi pare di aver sentito nessuno dei potenti italiani degli ultimi trent’anni ammettere una cosa del genere a proposito di nessun cardinale. Ci pensate cosa sarebbe venuto fuori se un Casini o un Berlusconi avessero detto: mi ispiro a Ruini? Verrebbe da dire dunque che il vero “potere” di Martini non era nella Chiesa, ma fuori. Dove il potere è mondano e muove giornali, banche, ministeri. I suoi articoli e discorsi facevano di lui (e dei suoi imitatori) il tipo di quella preoccupazione che Charles Péguy vedeva come difetto del cristiano: l’aspirazione a che nei salotti buoni non si sorridesse di lui.

Il cardinale Martini piaceva alla gente che piace (e che ha potere vero). Lo sapeva, secondo me ne soffriva pure, anche se sapeva dosare bene strappi e assicurazioni. Uno che dice di sé “sono l’ante-papa” accetta di non aver la forza d’essere una vera alternativa, e conferma solo una dose un po’ patetica d’orgoglio smisurato, tipicamente “gesuitico”. In questo senso mi faceva tenerezza, come un ragazzo un po’ timido ma e goffo. Pronunciarsi come “moderno”, “più avanti”, “illuminato” è quel che piaceva anche ai suoi sponsor e potentissimi seguaci. Ma la storia è strana, e a volte – come sanno bene coloro che la studiano senza paraocchi – proprio a chi si definiva con sussiego “moderno” è toccata la parte di chi restava indietro, di chi non capiva il verso degli eventi. Il card. Martini era di certo un grande uomo di fede. Forse avrebbe fatto meglio a non attardarsi troppo allo specchio che gli veniva retto da chi in realtà non amava e gliene fregava poco della sua fede limpida e profonda, ma si serviva di lui per una antica e sempre nuova battaglia.

Il Card. Martini: amore al Vangelo e proposte discutibili

Venerdì scorso è morto l’ex Arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini (85 anni). Molte in queste ore le polemiche strumentali sulla sua figura. Ha servito il Vangelo, cercando di intrepretare il suo tempo, con i limiti e le categorie umane. La personale testimonianza del nostro amico Prof. Introvigne distingue opportunamente il suo amore per la Chiesa da alcune analisi sociologiche – e conseguenti proposte di soluzione – piuttosto parziali e opinabili.

 

di Massimo Introvigne

Non mi ritrovo né nelle celebrazioni né nelle accuse al cardinale Martini in occasione della sua morte. Non mi ci ritrovo perché il cardinale io l’ho conosciuto bene, negli anni in cui le sue idee hanno preso la forma che hanno sempre mantenuto: nei primi anni 1970, quando veniva spesso all’Istituto Sociale di Torino, dove io frequentavo il liceo dei Gesuiti. Per questa conoscenza, quando nel 1973 andai a studiare a Roma alla Pontificia Università Gregoriana, presi l’abitudine di attraversare la strada e andare a prendere spesso il caffè da lui, al Pontificio Istituto Biblico. Negli anni successivi, quando era cardinale a Milano, l’ho incontrato molto più sporadicamente: a Torino, quando veniva a trovare la sorella, per coincidenza e per molti anni mia vicina di casa, e in qualche convegno. Non l’ho mai trovato veramente cambiato.

Martini non era un progressista nel senso in cui lo era, per esempio, il cardinale Michele Pellegrino (1903-1986) di Torino. Da Pellegrino, e da tanti come lui, Martini era diviso da un sentimento di fondo. Il cardinale gesuita non pensava affatto, come i veri progressisti, che la transizione dai valori della società tradizionale a quelli della società postmoderna, imperniata su un individualismo assoluto e sul rifiuto di ogni nozione di un’etica naturale, particolarmente in tema di sessualità, fosse uno sviluppo gioioso, trionfale e soltanto positivo. Mi sentirei di dire che aveva perfino una certa nostalgia della società tradizionale e dei suoi valori. Pensava però che quella società fosse morta per sempre, che quei valori se ne fossero andati senza nessuna possibilità di tornare, e che l’unica possibilità di sopravvivenza per la Chiesa fosse prenderne atto. O la Chiesa incontra il postmoderno e si adatta, pensava, o il postmoderno distruggerà la Chiesa, riducendola a un piccolo e irrilevante residuo.

Qualcuno potrebbe dire che, con queste idee, Martini sbagliava teologia, dando troppo poco spazio alla speranza soprannaturale che anche corsi della storia che sembrano umanamente ineluttabili abbiano invece un esito diverso. Io penso piuttosto che sbagliasse sociologia. Interessato al mondo – minoritario, e che rimane tale negli anni – degli atei, e al protestantesimo storico del Nord Europa in via di sparizione – sono reduce da un seminario in Danimarca, dove i protestanti praticanti sono scesi sotto la soglia del due per cento -, il cardinale era singolarmente poco attento all’universo delle comunità protestanti pentecostali e fondamentaliste e ai nuovi movimenti religiosi di origine cristiana come i Mormoni. Notare questa disattenzione non è una mia deformazione professionale di studioso del pluralismo religioso, ma è una chiave per capire certe conclusioni di Martini.

Un dato che non gli era abitualmente presente era quello per cui, mentre le confessioni cristiane «liberal» come appunto quelle protestanti del Nord Europa, che accettano la nuova etica dall’aborto alle unioni omosessuali, perdono membri a un ritmo impressionante, le denominazioni conservatrici con un’etica sessuale perfino più rigida di quella cattolica, come quelle di orientamento fondamentalista o pentecostale – o anche, appunto, i Mormoni – crescono a un ritmo altrettanto spettacolare.

È vero che nella società secolarizzata la nuova etica è data per scontata. Ma non è meno vero che le Chiese e confessioni che si adattano alla nuova etica, mentre sono applaudite dai media, sono abbandonate dai fedeli. Che invece si affollano nelle denominazioni che offrono un’etica più rigida.

I sociologi hanno spiegato da anni perché questo accade. Chi accetta la nuova etica la trova dovunque nella società, e non ha bisogno di cercarla nelle chiese. La minoranza che va in chiesa invece in larga parte non apprezza la nuova etica, e sceglie quindi in maggioranza quelle Chiese, confessioni, movimenti che non accettano il mondo postmoderno ma lo contestano.

Detto in termini più crudi, accettando le conseguenze che Martini – ancora nell’intervista recente sulla «Chiesa indietro di duecento anni» – traeva con un procedimento impeccabile da premesse sociologiche che però erano sbagliate, la Chiesa Cattolica non risolverebbe i suoi problemi, ma si ridurrebbe come la Chiesa Luterana danese.

Dunque, nel caso del cardinale Martini, non tanto progressismo ideologico o cattiva teologia, ma cattiva sociologia. Un difetto, forse, più facile da perdonare a un uomo che aveva anche tante capacità e tanta cultura, oltre a quello che mi è sempre sembrato un genuino amore per la Chiesa. A patto di non seguire le cure che proponeva per la Chiesa, perché erano basate su una diagnosi sbagliata.

I propositi della Grande Festa Estiva 2012: ravvivare la Fede, rinnovare la Speranza

di Alessandro Scaccianoce

“Risvegliare la fede a partire dall’amore e dalla conoscenza”. Può essere questa la sintesi dell’edizione 2012 della Grande Festa Estiva che si è celebrata  a Biancavilla in onore della Madonna dell’Elemosina, patrona e protettrice della città. Nel giubileo per il decimo anniversario di fondazione dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina” e alla vigilia dell’apertura dello straordinario Anno della Fede, l’edizione 2012 si è caratterizzata proprio per il tema della necessaria riscoperta della Fede, una dimensione esistenziale da ravvivare e da riscoprire. Tale esigenza è stata evidenziata nel corso della Conferenza sul tema “CREDERE OGGI: vivere e testimoniare la Fede nel nostro tempo” che si è svolta venerdì 24 agosto presso il Giardino Botanico di Palazzo Portale, con la straordinaria partecipazione del Prof. Massimo Introvigne, sociologo, scrittore e storico delle religioni di fama internazionale, e del Prof. Don Antonio Ucciardo, teologo. In tale contesto è stato evidenziata proprio la necessità di passare da una ritualità religiosa stanca e annoiata, ad una professione gioiosa e convinta della propria Fede, per ritrovare nella contemporaneità di Cristo al nostro tempo la strada per orientare le nostre scelte. “C’è un gigante addormentato, che deve essere risvegliato”, ha detto il Prof. Introvigne, commentando i dati di un suo recente studio sulla pratica religiosa nella Sicilia centrale, da cui è emerso un sentimento religioso diffuso in circa il 93% del campione, cui però non corrisponde una partecipazione costante alla vita di fede, che riguarda solo il 30%. Da dove cominciare a ri-dire la buona notizia del Vangelo? A partire dall’amore e dalla conoscenza, insieme. Perchè la Fede è un insieme di verità rivelate da Dio, ma è anche un rapporto d’amore tra il Creatore e la sua creatura. Ritornare alla Fede, ha  detto don Ucciardo, è il primo passo: “c’è una crisi di Fede molto forte nella nostra gente e negli stessi Pastori. Soprattutto, sembra essersi diffusa l’idea che per attirare più persone si debba cedere alla logica del mondo, presentando una Fede annacquata, semplificata, mutilata”. Ciò è accaduto soprattutto con riferimento all’evangelizazzione delle nuove generazioni. “I giovani – ha precisato Don Ucciardo – vogliono autenticità e verità. Niente che sia meno della verità può davvero rendere libero l’uomo”. Dalla serata culturale, dunque, è emerso un vivace appello a riscoprire le ragioni della nostra Fede, a fare cioè “apologia”, a spiegare la razionalità, la bellezza e la convenienza della Fede per ogni uomo, come salvezza dal non-senso, dal male e dalla morte.

In questo clima di desiderio di rinnovamento della speranza cristiana, sabato 25 agosto, si è celebrata la Gionata della devozione, nel decimo anniversario di fondazione dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina” con la Santa Messa presieduta da Mons. Benedetto Currao, protonotario apostolico e canonico del Capitolo Vaticano, con la partecipazione di Don Alessandro Ronsisvalle. Una liturgia solenne, sottolineata dai canti più belli che la tradizione musicale biancavillese ha composto in onore della Madre dell’Elemosina, accompagnati da organo e tromba. Il Presidente dell’Associazione Mariana, Giuseppe Santangelo, così ha pregato nel suo saluto iniziale: “Opus tuum nos, o Maria – siamo opera tua, o Maria. Tu ci hai voluti, tu ci hai raccolti. Nel tuo nome e per la tua gloria abbiamo costituito tra di noi dei legami di carità, di amicizia e di reciproco sostegno. L’Associazione è stata in questi anni un luogo in cui abbiamo potuto sperimentare ancora una volta la Misericordia del Signore, attraverso i tanti fratelli e sorelle che ci sono stati posti accanto in questa realtà aggregativa… A te, Vergine SS.ma, affidiamo il nostro cammino per gli anni a venire, certi e sicuri della Tua materna protezione, perché possiamo continuare a servire nella Chiesa e con la Chiesa la Tua misericordia e il Tuo amore di Madre e, con la nostra testimonianza, aiutare le nuove generazioni a perpetuare l’atto di fede, perché è nell’adesione a Dio che l’uomo è veramente libero e felice”. In tale contesto i Soci hanno offerto alla Madonna dell’Elemosina la Rosa Mystica, il gioiello realizzato per l’occasione, come segno di filiale devozione che è stato incastonato nella riza, restaurata ed impreziosita con nuovi ex voto. Il Sindaco di Biancavilla, Pippo Glorioso, a nome dell’Amministrazione Comunale, ha donato all’Associazione una targa commemorativa, riconoscendo il lavoro svolto in questio anni dall’Associativa Mariana per la crescita culturale e sociale della città. Nell’occasione del decimo anniversario, inoltre, alcuni membri dell’Associazione hanno donato alla Madonna un prezioso manto in seta con ricami in oro, che è stato apposto sul retro del fercolo minore.

Domenica 26 agosto la Grande Festa Estiva ha offerto un grande spettacolo di Fede popolare: oltre cinquemila persone si sono raccolte in piazza per rendere omaggio alla Madonna in un’atmosfera di intensa preghiera e di raccoglimento. Al termine della Santa Messa, celebrata dal Prevosto-Parroco Don Pino Salerno, dopo il tradizionale atto di consacrazione della Città al cuore misericordioso della Madre di Dio dell’Elemosina pronuncito dal primo cittadino, si è svolta la solenne processione della venerata Icona della Madre di Dio, che si è snodata lungo le vie del centro con la partecipazione delle confraternite cittadine, del Terz’Ordine Francescano e dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina”.

Al rientro nella Basilica Santuario, la gioia è esplosa in un lungo spettacolo piromusicale e al canto dell’Inno la Madonna dell’Elemosina è stata riposta nella Sua Cappella-custodia.

Fede pensata, celebrata e vissuta, dunque. Questa, in estrema sintesi, la Grande Festa Estiva 2012 che ha ufficialmente aperto a Biancavilla l’Anno della Fede.

Il Novenario di preparazione alla Festa, curato da Don Pino, è stato caratterizzato dalla predicazione sui temi della Misericordia: nella Bibbia, nelle sue applicazioni morali, nella testimonianza. Tra i momenti più significativi, oltre a quanto sopra indicato, vi è stata la benedizione delle mamme e dei bambini, mercoledì 22, nell’ambito della preghiera per la vita, e la giornata eucaristica, giovedì 23, che è culminata nella processione del SS. Sacramento per le piazze Roma e Collegiata.

 (Foto: Vincenzo Benina – Giovanni Stissi)

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