P. NOVELLO CELEBRA I SUOI 50 ANNI DI SACERDOZIO E VIENE AMMESSO NELL’ASSOCIAZIONE “MARIA SS. DELL’ELEMOSINA”
Redazione SME
Nel corso della Celebrazione Eucaristica di sabato scorso, in Basilica Santuario, il Can. Salvatore Novello ha ricordato il suo 50mo anniversario di Ordinazione sacerdotale avvenuta a Parma il 28 ottobre 1962 tra i Missionari Saveriani.
Nella celebrazione giubilare di ringraziamento, vissuta nel contesto della Comunità parrocchiale della Matrice, P. Novello ha voluto ringraziare e benedire il Signore per i suoi lunghi anni di fedeltà a Dio e alla Chiesa e ha desiderato consacrarsi alla B. V. Maria dell’Elemosina, aderendo all’Associazione Mariana biancavillese. A P. Novello la Comunità ha offerto in dono un calice in argento. Alla Celebrazione erano presenti anche i familiari del sacerdote. Al termine della Messa la comunità si è ritrovata nelsalone parrocchiale per un momento di agape, allietato dai canti del gruppo giovanile.
Di seguito, alcune foto della serata con alcune meditazioni sul Sacerdozio di Papa Benedetto XVI . Da notare anche il nuovo impianto di illuminazione del presbiterio della Basilica.
Mi è caro dedicare ancora alcune riflessioni al tema del Ministero ordinato, soffermandomi sulla realtà feconda della configurazione del sacerdote a Cristo Capo, nell’esercizio dei tria munera che riceve, cioè dei tre uffici di insegnare, santificare e governare.
Per capire che cosa significhi agire in persona Christi Capitis – in persona di Cristo Capo – da parte del sacerdote, e per capire anche quali conseguenze derivino dal compito di rappresentare il Signore, specialmente nell’esercizio di questi tre uffici, bisogna chiarire anzitutto che cosa si intenda per “rappresentanza”. Il sacerdote rappresenta Cristo. Cosa vuol dire, cosa significa “rappresentare” qualcuno? Nel linguaggio comune, vuol dire – generalmente – ricevere una delega da una persona per essere presente al suo posto, parlare e agire al suo posto, perché colui che viene rappresentato è assente dall’azione concreta. Ci domandiamo: il sacerdote rappresenta il Signore nello stesso modo? La risposta è no, perché nella Chiesa Cristo non è mai assente, la Chiesa è il suo corpo vivo e il Capo della Chiesa è lui, presente ed operante in essa. Cristo non è mai assente, anzi è presente in un modo totalmente libero dai limiti dello spazio e del tempo, grazie all’evento della Risurrezione, che contempliamo in modo speciale in questo tempo di Pasqua.
Pertanto, il sacerdote che agisce in persona Christi Capitis e in rappresentanza del Signore, non agisce mai in nome di un assente, ma nella Persona stessa di Cristo Risorto, che si rende presente con la sua azione realmente efficace. Agisce realmente e realizza ciò che il sacerdote non potrebbe fare: la consacrazione del vino e del pane perché siano realmente presenza del Signore, l’assoluzione dei peccati. Il Signore rende presente la sua propria azione nella persona che compie tali gesti. Questi tre compiti del sacerdote – che la Tradizione ha identificato nelle diverse parole di missione del Signore: insegnare, santificare e governare – nella loro distinzione e nella loro profonda unità sono una specificazione di questa rappresentazione efficace. Essi sono in realtà le tre azioni del Cristo risorto, lo stesso che oggi nella Chiesa e nel mondo insegna e così crea fede, riunisce il suo popolo, crea presenza della verità e costruisce realmente la comunione della Chiesa universale; e santifica e guida.
Il voto in Sicilia… tra protesta e presa di coscienza
Domenica prossima i siciliani sono chiamati al voto per il rinnovo del Parlamento Regionale e l’elezione del Presidente della Regione. In queste ore si alternano comizi elettorali e promesse di rinnovamento e speranza. Astensionismo, voto di protesta o presa di coscienza?
di Alessandro Scaccianoce
Non si può fare finta che non sia accaduto. Ieri sera piazza dell’Università di Catania era gremita di gente plaudente ed entusiasta! L’occasione? Il comizio di Beppe Grillo, sbarcato in Sicilia a nuoto pochi giorni fa.
Sarebbe troppo facile liquidare il fenomeno come “antipolitica” o “populismo”. Il comico genovese, leader del Movimento 5 stelle, ha ridestato il senso di orgoglio dei siciliani, la loro identità, ma ha anche evidenziato tutti i limiti della nostra realtà: “Mai possibile – ha detto Grillo – che non esista un pulman che dalla Stazione di Catania porti direttamente sull’Etna?”. Come dire: abbiamo le cose più belle del mondo, ma non siamo in grado di promuoverle e di farne occasione di sviluppo! “Ogni città – ha urlato – dovrebbe essere considerata patrimonio dell’umanità!”.
Grazie, caro Grillo!
Mi rammarica solo il fatto che a dircelo doveva essere un genovese giunto a nuoto sull’Isola. L’ennesimo straniero giunto a conquistare la nostra terra? Perché la nostra coscienza è intorpidita, perché ci siamo lasciati passare sopra la testa decisioni e mancate decisioni che oggi sono alla base di una crisi strutturale che probabilmente condizionerà il futuro della Sicilia per i prossimi 20 anni? Sono parole di Nello Musumeci, che in uno dei suoi comizi ha detto esplicitamente che i prosimi anni saranno difficili per l’Amministrazione della Regione Siciliana. Il che è molto più che verosimile. 29mila lavoratori forestali stagionali (contro i 500 della Lombardia e i 900 della Toscana) vorranno pur dire qualcosa dell’oculatezza dei nostri amministratori!!
“Siciliani, chi siete? cosa volete?” Ha incalzato il comico. Domanda esistenziale, che forse come siciliani abbiamo smesso di porci, abituati a vivere alla giornata, per sbarcare il lunario. Senza progetti. Eppure i più grandi movimenti culturali sono nati qui! Ha ricordato Grillo: “Avete tutto cio per cui vale la pena vivere!”. Ed è vero! Che cosa ne abbiamo fatto di un’eredità tanto prestigiosa? Possiamo davvero accettare di ridurre la politica a voto di scambio? Occorre ripartire, dalle idee, dalle persone, da noi stessi. Mi sembra lodevole l’intento di pulizia delle liste, auspicato da Rosario Crocetta. A patto che dietro le nuove facce non ci siano i vecchi burattinai! Guardiamo in faccia le responsabilità di chi ha determinato questa situazione. E giudichiamo, anche attraverso il voto!
Le elezioni regionali di domenica prossima sono un’occasione da non perdere per tutti i siciliani che vogliono alzare la testa, che vogliono guardare con fiducia, orgoglio e speranza al loro futuro. Il voto non è solo un’opinione, ma un’assunzione di responsabilità verso la nostra terra. Purché esercitato con coscienza libera!
Quella gente in piazza ieri a Catania, ci dice che esiste una Sicilia libera, arrabbiata, che ha voglia però di ricominciare!
Non scandalizzi questo post in un blog cattolico. Perché la nostra Fede è la lente che ci consente di guardare in profondità la realtà e di valutarla alla luce della verità sull’uomo e sul mondo.
Riteniamo che la tentazione dell’astensionismo non sia moralmente accettabile, tantomeno in tale situazione di crisi. Occorre ascoltare, valutare, scegliere… e votare! Perché il domani è frutto anche delle nostre scelte di oggi.
P. Novello compie 50 anni di sacerdozio: “Padre Pio profetizzò la mia vita!”
Il Can. Salvatore Novello domenica prossima compie 50 anni di sacerdozio. in questa intervista racconta le tappe della sua vita: da Biancavilla fino a San Paolo in Brasile, passando da Parma. Il suo ricordo degli anni di formazione, della scelta di diventare missionario. Fino al ritorno nella sua città natale. L’articolo è pubblicato su “SME – Madre di Misericordia”, n. 17 Settembre-Ottobre 2012, edizione per il 10° Anniversario dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina”.
Sabato prossimo P. Novello, che ha manifestato di far parte dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina”, verrà accolto nella grande famiglia associativa con la benedizione e l’imposizione dello Scapolare della Vergine SS. dell’Elemosina.
Redazione SME
Padre Novello, ci racconta come nasce la sua vocazione?
È nata dopo essere entrato in Seminario! Da fanciullo il canonico Salvatore Patti mi portò al Piccolo Seminario di Biancavilla, nonostante le resistenze di mio padre. Dopo solo qualche tempo capii che il Signore mi voleva prete. Fui accolto al Seminario maggiore di Catania dal Rettore Mons. Carlo Vota e dal Prefetto degli studi mons. Antonino Distefano, nostro concittadino. Era molto rigoroso, e non sempre il rapporto con lui fu facile. L’8 dicembre 1954 ho indossato la veste talare. Era l’anno del centenario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. Un giorno in Seminario venne in visita un Missionario Saveriano, tale P. Bergamin, che divenne poi Vescovo in Indonesia. Mi colpì il suo modo schietto di parlare e di predicare. Nacque una bella intesa e lui stesso mi invitò a fare il missionario. Così, nel ‘59 emisi la professione temporanea dei voti e mi traferii a Piacenza per un tempo di preparazione agli studi. Nel ‘60 andai a Parma per studiare la Teologia. Qui il 28 ottobre 1962 ho ricevuto l’ordinazione presbiterale per le mani del Card. Richard James Cushing, Arcivescovo di Boston (USA), che si trovava in Italia per i lavori del Concilio Vaticano II.
Quando ha deciso di partire in missione?
Sapevo che, come missionario, dovevo andare ad annunciare il Vangelo in terre lontane. Tuttavia, ero titubante nel partire, soprattutto per la lingua. Andai da P. Pio a San Giovanni Rotondo. Il Frate con il suo tono austero e risoluto mi disse: “la imparerai la lingua!”. E io aggiunsi: “a me piacerebbe ma sono l’unico figlio maschio della famiglia..”. e lui: “Figlio mio, tutto tu vuoi?! Vai e vedrai che a suo tempo ritornerai!”. Così nel ’64 partì per il Brasile. Sono stato nella città di San Paolo, una delle città più grandi del mondo, e nel Paranà, uno degli stati del Brasile. In due mesi imparai la lingua che presto mi divenne confidenziale. Fui mandato ad evangelizzare il villaggio di Cafeara, rinomato per la produzione di caffè. La gente era profondamente credente, ma conosceva poco la Parola di Dio. Noi Missionari ci prodigammo per far conoscere il Vangelo e la dottrina cristiana in tutti i modi possibili. Proprio per raggiungere chi non aveva fede, fui mandato a lavorare come semplice operaio (nascondendo il mio sacerdozio) in una fabbrica metallurgica, per cercare di rendere la mia testimonianza cristiana tra i colleghi. Fui poi insegnante di religione nelle scuole e assistente giovanile degli scout nonché Vice-rettore del Seminario Arcivescovile di S. Paolo. Dopo questo periodo, d’intesa con il Card. Angelo Rossi, prefetto di propaganda fide, decisi il mio rientro nella diocesi di Catania.
Quale ricordo conserva di quegli anni e di quella gente?
Una fede genuina, semplice ma robusta. Mi sono reso conto che presso quelle popolazioni è più facile annunciare il vangelo di quanto non sia qui in Europa. Qui abbiamo molti pregiudizi che ci ostacolano a fidarci del Signore.
Al suo rientro in Diocesi, dopo 5 anni, ha lavorato per 10 anni con il prevosto Giosuè Calaciura, negli anni del dopo Concilio. Fu davvero un nuovo inizio?
Qualcuno aveva inteso il Concilio come una rottura con la secolare Tradizione della Chiesa Cattolica. Uno dei segni più evidenti di questo atteggiamento fu l’abbandono della veste talare da parte dei preti. Ricordo un episodio. Un giorno viaggiavamo in treno con P. Calaciura per la Francia. Dopo aver lasciato Catania ci siamo tolti la veste per una maggiore comodità e per “livellarci” a tanto clero che iniziava a svestire l’abito, , tanto credevamo che non ci avrebbe notato nessuno… Alla stazione di Acireale P. Calaciura si affacciò dal finestrino per una boccata d’aria. Quando sentì un urlo: “P. Calaciura….?!” Era Puddu “Cimicia” il sacrestano della Matrice, che non so come fosse capitato ad Acireale! Ci vergognammo molto per essere stati visti senza la veste. Ora è diventato quasi normale non indossare più la talare. Bisogna dire, comunque, che il Concilio è stata una gran bella cosa, una ventata di freschezza per la Chiesa, purché inteso in modo corretto, in sintonia con la grande Tradizione della Chiesa, come insegna Papa Benedetto.
E poi?
Nell’80 Mons. Domenico Picchinenna mi destinò come Parroco alla Matrice di Ragalna, dove sono rimasto fino al ’90. Da allora sono d’aiuto in Basilica come Canonico della Collegiata e Vicario parrocchiale e curo la Rettoria di Sant’Antonio.
Cosa si sente di dire per questi 50 anni di sacerdozio?
Il tempo è volato! La vocazione viene da Dio ed è un dono grandissimo. Come dice la Scrittura: “nessuno può attribuire a se stesso questo onore se non è chiamato da Dio” (Eb 5,4).
Vorrebbe ritornare in missione?
Ci tornerei volentieri!
Infine, un accenno alla sua passione per la pittura, l’ironia, il cinema, gli animali…
Beh, da piccolo mi piaceva dipingere l’immagine della Madonna dell’Elemosina di cui conservo ancora alcune riproduzioni. L’ironia l’ho ereditata da mio padre, fenomenale raccontatore di barzellette e storielle simpatiche. Anche il cinema da sempre mi ha appassionato sin da quando, da piccolo, mi costruivo un proiettore… negli anni poi ho scoperto una grande passione per gli animali. D’altronde la Scrittura dice: “La tua tenerezza si espande su tutte le creature” (Salmo 144).