Papa: Non basta più annunciare il Vangelo solo a parole

Maria è la guida sicura dei giovani che porta a Cristo.

Pubblicato il messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù.

Redazione SME

“L’annuncio di Cristo non passa solamente attraverso le parole, ma deve coinvolgere tutta la vita e tradursi in gesti di amore”.
Lo scrive Benedetto XVI ai giovani di tutto il mondo, nel messaggio nel quale li invita alla Giornata Mondiale della Gioventu’ che si terra’ in luglio a Rio de Janeiro.
“Come il buon Samaritano – scrive il Papa – dobbiamo essere sempre attenti a chi incontriamo, saper ascoltare, comprendere, aiutare, per condurre chi e’ alla ricerca della verita’ e del senso della vita alla casa di Dio che e’ la Chiesa, dove c’e’ speranza e salvezza”.
“Nulla, ne’ le difficolta’, ne’ le incomprensioni vi faccia rinunciare a portare il Vangelo di Cristo nei luoghi in cui vi trovate”, chiede ai ragazzi il Pontefice 85enne, ricordando pero’ l’importanza di sentirsi inseriti nella comunita’ ecclesiale e da essa sostenuti.
“Nessuno – infatti – puo’ essere testimone del Vangelo da solo”.
“Cari amici – esorta inoltre il Papa tedesco rivolto ai giovani cattolici di tutto il mondo – non dimenticate mai che il primo atto di amore che potete fare verso il prossimo e’ quello di condividere la sorgente della nostra speranza: chi non da’ Dio, da’ troppo poco”.
“Dobbiamo condurre – spiega – le persone che stiamo evangelizzando a incontrare Cristo vivente, in particolare nella sua Parola e nei Sacramenti: cosi’ potranno credere in Lui, conosceranno Dio e vivranno della sua grazia”. “Vorrei – confida Papa Benedetto- che ciascuno si chiedesse: ho mai avuto il coraggio di proporre il Battesimo a giovani che non l’hanno ancora ricevuto?”.
Ricordando la celebre statua del Cristo Redentore di Rio con le sue braccia aperte e accoglienti, il Papa invoca poi i ragazzi: “siate voi il cuore e le braccia di Gesu’! Andate e testimoniate il suo amore, siate i nuovi missionari animati dall’amore e dall’accoglienza!”.
“A tutti – raccomanda – apriamo la porta del nostro cuore; cerchiamo di entrare in dialogo, nella semplicita’ e nel rispetto:questo dialogo, se vissuto in uan vera amicizia, portera’ frutto”.
“Quando vi sentite inadeguati, incapaci, deboli nell’annunciare e testimoniare la fede, non abbiate timore. L’evangelizzazione – conclude – non e’ una nostra iniziativa e non di pende anzitutto dai nostri talenti, ma e’ una risposta fiduciosa e obbediente alla chiamata di Dio e percio’ si basa non sulla nostra forza” (S. I.)

Anno della Fede. Le vie per arrivare alla conoscenza di Dio

Un commento all’Udienza generale del Santo Padre Benedetto XVI di mercoledì 14 novembre 2012

di Massimo Introvigne
Sociologo e storico delle religioni, già ospite a Biancavlla il 24 agosto scorso in occasione della Grande Festa Estiva in onore della Madonna dell’Elemosina

Nell’ambito delle catechesi sull’Anno della fede Benedetto XVI ha dedicato l’udienza del 14 novembre 2012 alle vie per arrivare alla conoscenza di Dio. L’espressione «vie», ha spiegato il Papa, non deve ingenerare equivoci. La conoscenza di Dio non è mai il risultato di un nostro puro sforzo intellettuale, ma ha sempre come premessa la libera iniziativa dello stesso Dio. «Non dimentichiamo mai l’esperienza di sant’Agostino [354-430]: non siamo noi a possedere la Verità dopo averla cercata, ma è la Verità che ci cerca e ci possiede».
È anche vero che oggi, «abbagliati dai luccichii della mondanità» e da «certe mentalità diffuse» ostili alla religione, siamo diventati «meno capaci di percorrere tali vie». Con parole che sembrano fare eco alla tesi del filosofo canadese Charles Taylor secondo cui l’incredulità ha oggi sostituito la fede in Europa come opzione «di default» per chi entra nella vita adulta, il Pontefice constata che «nel passato, in Occidente, in una società ritenuta cristiana, la fede era l’ambiente in cui si muoveva; il riferimento e l’adesione a Dio erano, per la maggioranza della gente, parte della vita quotidiana. Piuttosto era colui che non credeva a dover giustificare la propria incredulità. Nel nostro mondo, la situazione è cambiata e sempre di più il credente deve essere capace di dare ragione della sua fede».
Ampliando questa constatazione sociologica con uno sguardo storico, il Papa aggiunge che «dall’Illuminismo in poi, la critica alla religione si è intensificata; la storia è stata segnata anche dalla presenza di sistemi atei, nei quali Dio era considerato una mera proiezione dell’animo umano, un’illusione e il prodotto di una società già falsata da tante alienazioni. Il secolo scorso poi ha conosciuto un forte processo di secolarismo, all’insegna dell’autonomia assoluta dell’uomo». E infine il secolo XXI ha portato con sé «un fenomeno particolarmente pericoloso per la fede: c’è infatti una forma di ateismo che definiamo, appunto, “pratico”, nel quale non si negano le verità della fede o i riti religiosi, ma semplicemente si ritengono irrilevanti per l’esistenza quotidiana, staccati dalla vita, inutili». Magari si afferma ancora di credere, «in modo superficiale», ma si vive «come se Dio non esistesse», e alla fine «questo modo di vivere risulta ancora più distruttivo, perché porta all’indifferenza verso la fede e verso la questione di Dio».
Questo processo storico ha anche gravi conseguenze politiche: «l’uomo, separato da Dio, è ridotto a una sola dimensione, quella orizzontale, e proprio questo riduzionismo è una delle cause fondamentali dei totalitarismi che hanno avuto conseguenze tragiche nel secolo scorso, come pure della crisi di valori che vediamo nella realtà attuale. Oscurando il riferimento a Dio, si è oscurato anche l’orizzonte etico, per lasciare spazio al relativismo e ad una concezione ambigua della libertà, che invece di essere liberante finisce per legare l’uomo a degli idoli».
Ma proprio perché «Dio, però, non si stanca di cercarci», dare ragione di una fede pure «poco compresa, contestata, rifiutata» è possibile ancora oggi, e in questo senso vale ancora la pena di parlare di «vie». Come fa spesso, Benedetto XVI si è riferito, ancora, a sant’Agostino per riassumere tre vie di conoscenza di Dio con tre parole: il mondo, l’uomo, la fede. Anzitutto, si può conoscere Dio tramite la bellezza del creato. Non è la prima volta che il Papa cita questo brano di sant’Agostino: «Interroga la bellezza della terra, del mare, dell’aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo…, interroga tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode. Ora queste creature così belle, ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è la bellezza in modo immutabile?». Ma trovare oggi chi sia capace anche solo di porsi questo interrogativi non è scontato: «dobbiamo recuperare e far recuperare all’uomo d’oggi la capacità di contemplare la creazione, la sua bellezza, la sua struttura. Il mondo non è un magma informe, ma più lo conosciamo e più ne scopriamo i meravigliosi meccanismi, più vediamo un disegno, vediamo che c’è un’intelligenza creatrice».
Che, in secondo luogo, si possa conoscere Dio partendo dall’uomo lo afferma ancora sant’Agostino: «Non andare fuori di te, rientra in te stesso: nell’uomo interiore abita la verità» . Ma oggi anche questo è un «aspetto che noi rischiamo di smarrire nel mondo rumoroso e dispersivo in cui viviamo: la capacità di fermarci e di guardare in profondità in noi stessi e leggere quella sete di infinito che portiamo dentro, che ci spinge ad andare oltre e rinvia a Qualcuno che la possa colmare».
Terzo: «non dobbiamo dimenticare che una via che conduce alla conoscenza e all’incontro con Dio è la vita della fede». Per comprendere questo, dobbiamo spiegare all’uomo contemporaneo che la fede «non è illusione, fuga dalla realtà, comodo rifugio, sentimentalismo, ma è coinvolgimento di tutta la vita». Oggi molti «hanno una concezione limitata della fede cristiana, perché la identificano con un mero sistema di credenze e di valori e non tanto con la verità di un Dio rivelatosi nella storia, desideroso di comunicare con l’uomo». Certamente – è un tema forte dell’Anno della fede – il cristianesimo ha una dottrina precisa. E tuttavia – e nello stesso tempo – non possiamo mai dimenticare che «il Cristianesimo, prima che una morale o un’etica, è avvenimento dell’amore, è l’accogliere la persona di Gesù. Per questo, il cristiano e le comunità cristiane devono anzitutto guardare e far guardare a Cristo, vera Via che conduce a Dio».

La Vergine Maria, modello di fede

Una significativa riflessione sulla Beata Vergine Maria, Donna e Madre di Fede.

Redazione SME

La fede, una delle tre virtù teologali (le altre due sono la speranza e la carità), ci è infusa nell’anima nel momento del battesimo. Essa è quella virtù soprannaturale, per cui crediamo, sull’autorità di Dio, che Egli ha rivelato e ci propone a credere, per mezzo della Chiesa. Essa è il più grande dono, il più importante; cosa essenziale che ci rende accetti e graditi a Dio. Tutti noi l’abbiamo ricevuta da piccoli; è solo che molti non hanno occhi interiori e non riescono a percepire la presenza di Dio nella loro vita e spesso necessitano del suo intervento straordinario.
Un modello di fede è dato dalla Madonna. La fede della Vergine Maria fu immensa e feconda. Maria credette all’annuncio dell’angelo che gli rivelò che era stata prescelta da Dio a diventare la Madre del Redentore dell’umanità, Gesù Cristo. Fu un atto di fede nella Santissima Trinità, in quanto prestò fermo consenso nella volontà e nella persona del Padre che aveva inviato l’angelo; fu un atto di fede nella persona del Figlio che avrebbe dovuto concepire nel suo grembo; infine fu un atto di fede nella persona dello Spirito Santo in quanto l’avrebbe resa Madre del Messia e di tutta l’umanità. Credette inoltre al mistero dell’Incarnazione, nella divinità del Figlio da lei concepito e nella sua perpetua verginità. Fu una fede feconda perché con il suo consenso, salvò l’umanità dalla colpa originale, frutto della disubbidienza di Adamo ed Eva. Maria stette sempre ferma nel credere che Gesù era il Figlio di Dio. La Vergine venne chiamata da San Metodio “fiaccola dei fedeli”, perché per la sua fede meritò d’essere fatta diventare la luce di tutti i fedeli.
Tutti noi dovremmo sforzarci di imitarla in questa virtù tanto fondamentale, tenendo presente che la sua fede fu anche una virtù provata e combattuta. Preghiamo Dio che accresca la nostra fede affinché possiamo proseguire spediti verso il traguardo che tutti noi desideriamo, alla fine dei nostri giorni, e cioè la vita eterna (F. N.)

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