Verso il Convegno9: attesa e speranza davanti alla nascita di un figlio

Ad impreziosire questa articolata serie di interventi e riflessioni che ci preparano al prossimo Convegno della famiglia, pubblichiamo questa riflessione dell’amico Andrea: un figlio cambia la vita, sin da quando è ancora poco più di un pensiero.

 

di Andrea Torquato Giovanoli

Due piccole linee rosa, una di fianco all’altra, che cambiano la vita di ogni donna.

Due righette che per tante coppie realizzano un sogno o scatenano un dramma, che vengono bramate a coronamento di un’attesa caparbia o paventate come una maledizione da cui fuggire.

Due strisce parallele che demarcano il confine esistente tra il compimento di una vocazione ancestrale e la disperazione per una vita “rovinata”, l’abbandono nella solitudine o, addirittura, una decisione di morte.

Due piccole linee rosa che anche nella vita di mia moglie e mia hanno accompagnato sentimenti ogni volta nuovi, inaugurando stagioni cariche di speranza ed apprensione insieme, ma accolte sempre con fiducia.

Come quella prima ed indimenticabile volta, quando sullo sticker del test di gravidanza, quelle due righette hanno dato sfogo alla mia spontanea ed esplosiva esclamazione: “Amore, sei troppo incinta!”, caricandomi di un entusiasmo incontenibile per la paternità appena scoperta, tanto da essere capace di contagiare anche la futura mamma che, in quanto forse interessata in prima persona a dover portare quella nuova vita in grembo, era più preoccupata per la responsabilità che accompagnava quella nuova presenza in lei.

La seconda volta, invece, quelle due lineette rosa erano la conferma di un’aspettativa, presa con coscienza tremebonda dopo tre lunghi anni, tempo necessario ai nostri cuori perché la ferita profonda causata da quel primogenito che ora vegliava su di noi dal Cielo riuscisse a rimarginarsi: quei due segni erano il simbolo di una speranza volitivamente rinnovata, non senza un po’ di paura, ma come un balzo nelle braccia di una Provvidenza che, pur non vedendo, sai che c’é.

E fu proprio mentre quel disegno stava compiendosi, non secondo i nostri limitati desideri, ma in un progetto di bene più grande e dolorosamente misterioso (che avremmo iniziato a comprendere solo con il senno di poi), che per la terza volta e quasi inaspettatamente, quella coppia di strisce ci annunciò che un altro figlio già aumentava il numero della nostra famiglia. Fu una benedizione vera, quella, anche se lì per lì non la capimmo, perché la gioia di quel futuro nuovo arrivo sarebbe presto andata a confortare il vuoto lasciato dalla partenza al Cielo del secondo bimbo, lenendo la nostra sofferenza e ridando vigore alla nostra speranza.

Per la cronaca: quel terzo figlio dopo cinque anni è ancora qui con noi ed è stato pure raggiunto da un fratellino (anche lui segnalato dalle sue due righine rosa), che però nel conto non è il quarto, ma il quintogenito.

Già, perché tra questi due bimbi ce ne fu uno che fu chiamato a Sé dal Padre al quarto mese di gravidanza, quando per me, che non lo portavo nella mia carne, era ancora solo poco più di un pensiero: quasi l’immagine di un figlio, la prospettiva di una presenza, ma già così radicata nel cuore da condizionare la tua vita in rapporto a lui che pur non vedi, non tocchi, e che tuttavia senti così reale nella tua rinnovata paternità.

Poiché quell’embrione, di umano, ha già tutto, a cominciare dal dna, e siccome vive non è cosa, ma persona.

Perché a quell’insieme di cellule in crescendo è misteriosamente ed inscindibilmente legata un’anima creata, unica ed eterna, e che una volta venuta al mondo chiamerai figlio.

Quel figlio ancora celato nel ventre di sua madre, la cui prematurissima dipartita mi ha affranto più che quella degli altri due nati, i quali per un anno e mezzo ho almeno avuto il dono di conoscere. Questo, che abbiam chiamato Mattia, invece no: con lui non mi è stata data l’opportunità di stringerlo nel mio abbraccio, di sostenerne il peso leggero tra le palme, di coccolarlo ed accudirlo, ultimamente, crescerlo.

Quel figlio la cui mancanza ancora oggi, al solo ricordo, mi affligge l’animo così mordacemente.

Quel figlio che, forse proprio perché non nato, è stato subito dimenticato da tutti, persino dai famigliari più stretti, i quali hanno pure vissuto con noi la sua esistenza nascosta.

Quel figlio la cui perdita ha lasciato un vuoto enorme nella mia vita, riempito solo dalla riconoscente consapevolezza della grazia: la profonda compassione per quel padre Giacobbe, anche lui distrutto dalla perdita del figlio Giuseppe; la comprensione, nella propria carne, dell’angoscia del buon Pastore, che per l’amore verso la pecorella smarrita, senza esitare lascia le altre nell’alveo sicuro del recinto e non si dà pace finché con quell’una non s’è riunito; l’esperienza di comunione vera con quel Padre che agogna ad ogni singola anima e si strugge per quelle che nella loro disperazione si smarriscono, poiché non è che l’aver salvi nove figli ti pacifica per quel decimo che perdi. E la mia condizione è ancor migliore della Sua, perché per me c’è la speranza di avere un altro Santo in Cielo e pur nel ricordo sbiadito di quel figlio così caro e sconosciuto una consolazione resta: la certezza che il mio Mattia, pur non essendo qui con noi, ora sta bene, anzi, sta da Dio.

Verso il Convegno8: Il diritto naturale ad un padre e a una madre

Domenica si è svolta in Francia una manifestazione a sostegno della famiglia e di protesta nei confronti del Governo che intende legalizzare il matrimonio degli omosessuali, con possibilità per le coppie gay di adottare figli. Costanza Miriano è intervenuta alla manifestazione che si è svolta a Roma, in piazza Farnese, davanti all’ambasciata francese, spiegando con semplicità perchè no possiamo accettare l’adozione dei bambini da parte di una coppia omosessuale.

Le ragioni, come vedrete, sono semplicemente razionali e naturali, più che teologiche o dogmatiche. Un ulteriore passo per preparaci al Convegno del 25 gennaio prossimo.

 

di Costanza Miriano

Volevo per una volta travestirmi da retore, fare un’invettiva, magari cominciando con “Quo usque tandem Gallia abutere patientia nostra?”, ma mi sono resa conto che sarei stata ridicola.

Noi non siamo qui per insegnare niente a nessuno, tanto meno come si fa i genitori. Se io e mio marito avessimo fatto un solo errore al giorno per ogni figlio, avremmo già sbagliato circa quattordicimila volte. Ed è un’ipotesi ottimistica. In più ancora la strada è lunga, hanno dai sei ai tredici anni. Abbiamo un ampio margine di peggioramento.

Quindi non sono qui per salire in cattedra o fare la lezione a nessuno.

In particolare io mi sento sempre in difetto rispetto a quelle madri devote che non permettono che neanche una molecola di cibo non biologico tocchi le mascelle dei loro figli. È giusto preoccuparsi che organismi geneticamente modificati possano fare male ai nostri figli. E va bene.

Però c’è anche un’ecologia dell’uomo. Forse dovremmo riservare almeno almeno la stessa attenzione a questo. L’uomo doc, o dop, insomma, l’uomo di origine controllata è creato maschio o femmina, e non lo può scegliere, questo. Maschio e femmina, insieme trasmettono la vita. E anche questo è un dato che non si può cambiare.

Di fronte a chi vuole cambiare il genoma umano noi, senza polemizzare, senza accusare, senza davvero sentirci migliori di nessuno, vogliamo dire che il progetto originario sull’uomo è un altro. Maschio e femmina. Cosa molto buona agli occhi del Padre. E anche noi tocchiamo con mano ogni giorno che è bene che ci siano un uomo e una donna, che fanno il padre e la madre. Con i loro talenti. Maschio e femmina.

L’identità sessuale non ce la scegliamo, ci è donata, e queste sono le regole del gioco. La libertà non è scegliere se essere maschio o femmina, è giocare con le carte ricevute come si vuole, ma non cambiare le carte in tavola, perché così non si rispettano le regole.

A volte i miei figli mi chiedono: se un compagno non rispetta le regole che devo fare? Gli meno o lo dico alla maestra? Io rispondo: menare no, sarebbe meglio di no (ma se proprio devi menare, mena piano). La cosa migliore, se vedi un amichetto che sbaglia, è che tu lo dica direttamente a lui.

Ecco, noi diciamo agli omosessuali che vogliono adottare che stanno sbagliando: se un bambino ha due padri è orfano di madre. Se ha due madri è orfano di padre, ed essere orfani è una cosa brutta. Punto.

Quando uno è infantile pensa che le regole siano un obbligo, ed è insofferente. Se riusciamo a diventare adulti, ma adulti davvero, capiamo che le regole sono un regalo per noi, sono le istruzioni per essere felici.

Queste regole adesso sono messe in discussione, in particolare dalle teorie di genere, che sostengono che prima che maschio e femmina siamo esseri umani. Ma l’essere umano assessuato non esiste, è un’astrazione. Essere maschio e femmina ci dice cose profondissime di noi, parla delle differenze, e di come sia entusiasmante diventare una sola carne. Le teorie di genere invece mettono i due generi, come dicono loro, in competizione sugli stessi campi, e generano appunto conflitti. Io posso dire che ho ricevuto davvero ormai migliaia di lettere di persone che si sono riappropriate della loro vocazione – maschile o femminile – e hanno deposto le armi contro l’altro sesso, imparando a valorizzare la differenza. Mi hanno scritto in tante amo di più mio marito, e lo capisco. Qualcuno ha scritto Amo di più mia moglie, molti di meno perché gli uomini non scrivono volentieri.

Accogliere l’altro che sta di fronte a noi con rispetto è come imparare a ballare insieme. Come Ginger e Fred. Uno col frac, una col vestito di piume di struzzo. Fred Astaire e Gene Kelly, insieme, non ci avrebbero dato la stessa emozione. Insomma, Gene Kelly era bravissimo, ma le piume di struzzo su di lui non avrebbero fatto lo stesso effetto.

Sul sito dell’Arcidiocesi di Catania si dà notizia del Convegno

 

Sull’home page del sito ufficiale della Chiesa di Catania è pubblicata la notizia del prossimo Convegno delle Famiglie che si svolgerà a Biancavilla il 25 gennaio prossimo con la straordinaria presenza per la prima volta in Sicilia di Costanza Miriano e Andrea Torquato Giovanoli.

Crescono le adesioni all’iniziativa e da più parti ci si mobilita in vista dell’evento. Qui il depliant famiglia.

http://www.diocesi.catania.it/

http://www.diocesi.catania.it/node/186

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