Verso il Convegno17: Maria e Giuseppe modello per tutti gli sposi
Mentre fervono i preparativi per il CONVEGNO SULLA FAMIGLIA che si terrà a Biancavilla VENERDI’ PROSSIMO, pubblichiamo oggi un contributo di Andrea Giovanoli sulla vita di coppia che guarda alla Famiglia di Nazareth come modello di ogni famiglia. L’articolo è tratto dal suo libro “IL VANGELO DI MARIA”. Nell’occasione, come richiesto da Andrea, invitiamo i nostri lettori ad una preghiera speciale per il suo piccolo Jonathan, che proprio in questi giorni ha subìto un intervento.
di Andrea Torquato Giovanoli
Il Vangelo dell’Incarnazione ci propone Maria e Giuseppe come il modello esemplare per tutte le coppie di sposi. Spiccano infatti in questi due personaggi le qualità essenziali che rendono il rapporto tra l’uomo e la donna di ogni tempo un legame solido e profondo: l’umiltà del cuore, che sa riconoscere in se stessi il limite creaturale, e di conseguenza pone davanti alla propria volontà quella di un Creatore che chiama ad affrontare con coraggio e spirito di sacrificio la vita di relazione, garantendo con la propria Parola che anche le situazioni apparentemente impossibili germinano un bene superiore. L’obbedienza, che risponde prontamente alla vocazione divina, nella fede gioiosa che riconosce di essere amati e quindi è certa che oltre un presente oscuro si cela un futuro radioso. E poi la mitezza, che si manifesta nelle sue molteplici forme: nella disponibilità al rinnegamento di se stessi ed al servizio dell’altro, nel pudore, nella discrezione e nella riservatezza, ma soprattutto nel silenzio. Quel silenzio non inerte, ma contemplativo, che lascia spazio alla Parola di Dio, la quale, essendo Amore, non è gridata, ma sussurrata, e perciò necessita di quiete e vigilanza, poiché altrimenti viene presto sommersa dalle vuote parole del mondo e dalle sue distrazioni. Tutto ciò è però insufficiente a rendere la relazione tra gli sposi infrangibile. Il Vangelo dell’Annunciazione è chiaro fin dal suo inizio: al centro ci deve essere Gesù. Costui solo è la presenza viva che può rendere indissolubile il matrimonio tra l’uomo e la donna, come ultimamente ci ribadirà anche il Vangelo delle nozze di Cana, poiché solo da questa presenza ogni relazione umana, quella tra due sposi in modo del tutto speciale, trae la ragione stessa della sua esistenza. Se non accoglie Gesù, il matrimonio di Maria con Giuseppe rimarrà sterile, nel senso più profondo del termine. Se non accoglie Gesù, il matrimonio di Giuseppe con Maria fallisce prima ancora di cominciare. Accogliendo entrambi Dio nella propria relazione e rispondendo alla Sua vocazione ad essere l’uno per l’altra ed entrambi per il Figlio, invece, questi due sposi hanno la garanzia della benedizione divina sulla fecondità e sull’indistruttibilità del loro matrimonio, poiché Gesù, in loro, renderà tutti gli uomini figli di Dio, e l’unione tra Giuseppe e Maria, in Gesù, vincerà anche la morte, trasfigurando nella Risurrezione di Cristo anche la loro unione terrena, cosicché con Maria, in Gesù, Giuseppe ed ogni uomo sarà sposo dello Spirito Santo. La famiglia di ogni tempo, pertanto, è generata dalla presenza di questo bambino nel grembo di questa giovane donna, accolti e custoditi entrambi da questo “uomo giusto”: specchio esemplare della relazione Trinitaria, nella quale ognuna delle Tre Persone Divine non pone al centro sé stessa, ma mette in luce le altre due, rivelandosi in esse. Così è anche per la famiglia di Nàzaret, che è il prototipo sul quale ogni famiglia umana è chiamata a modellarsi, e nella quale Maria e Giuseppe non pongono loro stessi davanti all’altro, ma si mettono al servizio del Figlio e del coniuge, così come Gesù, Dio fatto uomo, rimarrà loro sottomesso fino al momento della sua missione di salvezza.
“Dono del Padre alla nostra Chiesa”
Venerdì scorso il primo atto della Visita Pastorale dell’Arcivescovo alla Comunità ecclesiale del XIII Vicariato (Biancavilla-S. Maria di Licodia)
di Giuseppe Sant’Elena
All’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, S. E. Mons. Salvatore Gristina, Arcivescovo Metropolita di Catania ha inaugurato venerdì scorso, 18 gennaio, la fase preparatoria della Visita Pastorale alla comunità ecclesiale del XIII Vicariato diocesano effettuando di persona la consegna del Direttorio e dei Questionari ai parroci, ai segretari dei consigli pastorali parrocchiali e ai sacerdoti che esercitano il ministero nel territorio in questione. Durante l’omelia tenuta nel corso dei Vespri nella chiesa parrocchiale dell’Annunziata di Biancavilla, S.E. ha sottolineato l’importanza della Visita, sua prima esperienza da Vescovo, da vivere come il segno del passaggio di Cristo Buon Pastore tra il Popolo di Dio e che come questa serva a capire la situazione in cui versa tutta realtà diocesana etnea. Inoltre, come in altre molte occasioni, ha esortato i presenti a dare massimo rilievo alla preghiera, e a pregare per i propri sacerdoti, e per lui stesso, con la preghiera composta per la Visita Pastorale. Consegnando alle realtà ecclesiali i suddetti documenti, Mons. Gristina ha esortato tutti a studiarli, meditarli, riflettendo “in coscienza e tranquillità”. La S. Visita si aprirà ufficialmente con una celebrazione eucaristica a Biancavilla il prossimo 1 giugno, ai primi vespri della solennità del Corpus Domini per poi toccare la piccola e vivace realtà di S. Maria di Licodia, mentre dopo la pausa estiva riprenderà a Biancavilla, nella ricca e variegata comunità ecclesiale.
Foto: E. Stissi (Archivio SME)
Verso il Convegno16: La riuscita di un matrimonio dipende dalla donna
Intervista a Costanza Miriano di Claudia Cirami
Sei una scrittrice molto apprezzata. Eppure non mancano le critiche e sempre per lo stesso motivo: la sottomissione della donna. Perché oggi questo termine – pur se inteso alla tua maniera – fa così paura?
Perché tocca dei nervi scoperti. Da un punto di vista culturale, le donne pensano di dover combattere per la propria emancipazione, secondo i criteri del mondo. E, anche se l’hanno ottenuta, se sono infelici, non lo ammettono. Quindi, pensare di sottomettersi alla volontà di qualcun altro è qualcosa che irrita in questo specifico periodo culturale.
E se guardiamo ad un punto di vista più strettamente cristiano invece?
In generale, obbedire a qualcuno significa ammettere che io non sono arbitro della realtà, non sono io la divinità, non sono io che do l’ultima parola sul mondo. Significa per l’uomo riconoscere di essere creatura e non c’è cosa più irritante per l’uomo di oggi – data la mentalità dominante – che riconoscere di essere creatura, di essere figlio di un Padre, che sa meglio di noi quello che è buono.
Riprendendo s. Paolo, hai chiesto alle donne di essere sottomesse e agli uomini di dare la vita per loro. Ci può essere, seconde te, la possibilità che un matrimonio funzioni al di fuori di questo modo eminentemente cristiano di viverlo?
Per me, no. Perché Gesù nel Vangelo ha detto: “senza di me non potete far nulla”. Io credo che il Vangelo sia la carta d’identità dell’uomo e non c’è un altro modo per funzionare e portare frutto ed essere veramente e profondamente felici. Poi, ci possono essere anche unioni basate su altri fattori. Che forse, a volte, possono persino durare a lungo, ma, secondo me, non per sempre. Io ne conosco alcune. Si può anche stare insieme magari, ma per essere veramente felici l’unica via è questa.
Ma tu conosci famiglie che vivono veramente il cristianesimo e che poi non hanno funzionato?
L’uomo è peccatore. Può succedere che ci si allontani, che si venga influenzati dalla mentalità del mondo, però, secondo me, se si rimane attaccati alla preghiera a Dio, a ciò che Lui dice nella Bibbia…
Quella Bibbia che non ci dice come va il cielo ma come si va in cielo…
Non è infatti che noi leggiamo la Bibbia: è la Bibbia che legge noi e se noi ci lasciamo leggere dalla Bibbia e ci lasciamo guidare, io non penso che si possa non funzionare. Ci possono essere delle prove, quello sì. Guardiamo ad esempio alle storie di s. Monica o di s. Rita: ci insegnano che ci sono stati matrimoni profondamente provati, anche se vissuti cristianamente, magari perché non tutti e due vivevamo con la stessa profondità la vocazione cristiana. Quindi, ci possono anche essere matrimoni provati…
ma se si rimane ancorati a Dio anche un matrimonio provato funziona, giusto?
Alla fine, credo che la ricetta sia sempre questa.
ANCHE L’UOMO SBAGLIA, MA LA DONNA DEVE SAPER CORREGGERE SEMPRE CON AMORE
Nel secondo libro sembra ci sia una sorta di crescita rispetto al primo. I temi sono simili ma c’è una maggiore attenzione alle sfumature. Nel primo libro, la donna appariva un po’ appiattita sulla figura dell’uomo. Ora, invece, sembra presa più in considerazione la possibilità che l’uomo possa sbagliare seriamente per cui anch’egli necessita di correzione fraterna, da esercitare sempre con dolcezza e moderazione. E’ un’impressione corretta?
Nel primo libro io ho scritto proprio i fondamentali, tanto che mi ha molto stupito il successo e il clamore suscitato perché a me sembrava di aver detto le cose base, le cose più scontate. Nel secondo, sicuramente faccio una riflessione più approfondita ma certo sia l’uomo che la donna possono sbagliare, solo uno è il Maestro, però…
La donna non deve approfittarne, no?
Nella dinamica di coppia, io credo che la donna abbia sempre il compito, nelle cose che riguardano se stessa, di dover sempre cedere e correggere fraternamente solo quanto riguarda il peccato dell’altro, non per il proprio comodo o per le proprie impressioni. Bisogna distinguere quando correggere è imporre il proprio volere e quando invece è fare il bene dell’altro.
Ormai però lo hai detto: anche l’uomo può sbagliare. Allora, se sbagliano entrambi, perché è la donna che deve sottomettersi?
Certo che uomini e donne possono sbagliare, ma il ruolo della guida, secondo me e, soprattutto, secondo s. Paolo, spetta all’uomo. Perché è più capace di non farsi influenzare dall’emotività, di prendere decisioni razionali.
Chi fra uno e donna è più sensibile alle mode ideologiche?
Secondo me, la donna. Generalmente è più influenzabile, forse perché meno radicata. La donna ogni mese rivolta tutto il suo mondo, anche a causa del suo ciclo ormonale (la donna è mobile, no?). Siamo davvero pesantemente influenzate dall’emotività, abbiamo bisogno dello sguardo dell’uomo che ci confermi. Per questo le donne sono così attente alla bellezza.
BELLEZZA, CURA DEL CORPO E… SUPER BONUS
Chi l’ha detto che essere cattoliche vuol dire imbruttirsi e vestire male?
A proposito della bellezza molti sono convinti – ed in un certo senso è stato vero fino a non molto tempo fa – che le donne molto cattoliche sono brutte perché trascurate. A questo proposito, i tuoi libri presentano un interessante novità: si può essere cattolici senza essere fuori dal mondo (ci si può vestire bene, comprare aggeggi tecnologici, portare il tacco 12, etc.). Puntando sulla preghiera, sui sacramenti e sulla testimonianza per fare la differenza. E’ questo – secondo te – il segreto del tuo successo?
Intanto, devo dire che ho accentuato alcune frivolezze che poi in realtà non mi appartengono così tanto. In parte perché, lavorando in televisione e vivendo nel mondo, intuivo che questo avrebbe avvicinato anche persone che, se vedono la signora sessantenne che va a messa con la scarpa comoda e con la ciabatta, si fermano all’apparenza e non vanno alla sostanza. Quindi, in parte, è stata una scelta stilistica…
In parte. E per il resto?
Io credo che davvero l’uomo è tutto redento, quindi anche la bellezza è dono di Dio. E anche una certa attenzione all’abbigliamento, con misura, secondo me, è una cosa buonissima, non solo buona. Chiaramente è tutta una questione di buon senso. Non spenderei mai cinquemila euro per una borsa come quelle che cito nel libro, le borse di Dior – mai comprata una borsa firmata in vita mia – con misura, però, ci si può vestire bene anche essendo sobri, nel senso della spesa, e poi c’è un’altra cosa…
Quale?
Secondo me, noi cristiani fatichiamo a gestire la nostra libertà, che in realtà ci pesa. Io invece penso che, a parte poche cose, come i punti fermi della nostra fede, siamo molto più liberi di quanto pensiamo, anche riguardo a cose meno importanti, come il modo di vestire…
Del resto, s. Paolo invita ad avere cura del corpo perché è il tempio dello Spirito Santo e diventa tabernacolo del Dio vivo volta per volta, no?
Esatto. Per esempio, io amo fare sport. Ho cominciato in terza media. Ho corso per tutta la vita – ormai sono quasi trent’anni che corro – e qualche volta cerco di trovare gli spazi senza togliere attenzioni e tempo a marito e figli, magari faticando e alzandomi mezz’ora prima. Ed io non trovo che sia più cristiano, per esempio, stare magari sul divano a guardare la televisione piuttosto che fare una corsa che fa bene anche al corpo. Credo che sia cristiano prendersi cura del corpo. Certo, sempre con misura. Uno non può stare otto ore al giorno in palestra né una può preparare la maratona quando ha otto figli.
In Sposala e muori per lei parli della grazia del sacramento del matrimonio come “l’arma segreta, il superbonus” per una coppia. Oggi non tutti la vedono così. E’ mancanza di fede o credi che corsi prematrimoniali e catechesi varie non riescano a mettere bene in evidenza questo aspetto fondamentale?
Io credo che di corsi buoni e di bravi sacerdoti ce ne siano molti. Poi ce ne sono anche di meno bravi. Ma penso che prima i matrimoni tenessero più per la pressione sociale che per una profonda fede. Reggevano perché la pressione sociale non permetteva neanche che si ponesse il problema di lasciarsi. Oggi, invece, perché la pressione sociale non c’è, si può convivere: anzi, tante madri consigliano la convivenza ai figli per provare e sicuramente ora, per stare insieme tutta la vita, ci vuole una motivazione in più che prima non era necessaria. Però, se ci pensiamo, quando oggi ci si sposa in chiesa per fede, il fatto che si stia insieme per convinzione e non per convenzione è una cosa buona, non è un male per i figli.
VITA DI CHIESA? CARE DONNE, VA BENE, MA DATEVI UNA REGOLATA…
Al clero mai. Lo difendo sempre con tutto il cuore, perché è formato da fratelli che a volte sbagliano come capita a tutti, ma danno la vita per noi. I sacerdoti non si criticano mai.
Però il problema esiste…
Il problema esiste è vero. Secondo me, ogni famiglia ha delle stagioni. Quando si sta formando, ci si può aprire all’associazionismo. Però, quando poi il nucleo si deve consolidare, quando ci sono i figli piccoli e anche loro hanno le loro esigenze – magari il desiderio di stare insieme senza troppe intrusioni esterne: perché i miei figli, per esempio, se comincio ad invitare troppo, a fare cose di gruppo, si innervosiscono e hanno ragione – in quel caso occorre rallentare un po’.
Del resto, partecipare ad ogni impegno ecclesiale e trascurare la propria famiglia, soprattutto se ci sono bambini, è una scelta persino bizzarra, dato che la famiglia è considerata una chiesa domestica…
Secondo me, è una sorta di lussuria spirituale: il desiderio di cercare sempre nuovi stimoli, nuove gratificazioni, nuove riflessioni. Io penso che un cattolico maturo sappia quello che deve fare. Sa che sono necessari momenti in cui ci si ricarica: però è nella vita quotidiana che poi si deve esercitare il proprio essere cristiani.
Come ti regoli tu da cattolica e da madre?
Noi, in realtà, non so se siamo un buon esempio. Andiamo tutti insieme a Messa la domenica. Poi faccio frequentare il catechismo ai figli più grandi. Alle piccole, che non sono ancora in età, cerco di farlo io un giorno a settimana: leggo i libri, vediamo i film, leggo la Bibbia. Le storie però vanno innestate nel quotidiano, gomito a gomito: si parla di Dio come una persona reale, che è in mezzo a noi, che vive con noi…
Una volta hai detto che riesci anche a far dire il Rosario ai tuoi figli, corrompendoli in vari modi…
Esatto, ma, poi, loro vedono la testimonianza, senza bisogno di prediche. Vedono che vado tutti i giorni a Messa, che mi metto a pregare nel mio angolino, che leggo la Bibbia. Cioè vedono che per me è un’ esigenza viva e vitale e spero che sia questo che arrivi a loro. A volte, sono loro a chiedermi: “preghiamo?”. Poi amano la candela, l’incenso, si divertono – fanno anche dei disastri – però è un modo per tenerli lì, è un modo per vivere la fede nel quotidiano. Noi cristiani tante volte andiamo agli incontri ecclesiali e poi pensiamo che dobbiamo amare il vicino di autobus, il povero che sta dall’altra parte del mondo, mentre, invece, prima di tutto, l’amore si vive in famiglia con la suocera, con il marito a cui non rispondere, con la moglie per cui morire, con i figli che fanno i capricci…
Forse é stato l’equivoco clericale di questi anni. E’ facile amare uno che sta ad un milione di km di distanza, che non vedi, che non ti contraddice mai, con cui non parli, ma stare accanto, gomito a gomito, ai familiari che non ti obbediscono, che ti contraddicono, è lì che veramente è la sfida per il cattolico… amare la propria famiglia che dovrebbe venire prima di tutti gli altri “prossimi”, del proprio gruppo di preghiera, di catechesi, etc…
Tutta questa esigenza di gruppo, di condivisione, io personalmente non la sento. Rispetto, però, chi la sente. Io ho una comunità di amici, soprattutto amiche, con cui la pensiamo allo stesso modo. Però non è che ci vediamo lasciando i figli: ci pensiamo, cerchiamo di trovare dei momenti, perché è giusto trovarli, ma senza trascurare la famiglia…
Puoi farci un esempio concreto?
Di recente, è arrivata un’amica di Piacenza, che era a Roma per un impegno. Ho messo a letto i figli, è venuta tardi, verso le 22:30, e abbiamo parlato di Dio perché è quello che ci sta a cuore: ecco per me quella è una comunità – anche un incontro con un’amica – che non grava sulla famiglia.
LE LACRIME DELLA BONINO
Il senso dei tuoi libri è che le donne possono fare tantissimo per far uscire l’uomo dalla crisi di identità in cui è entrato dopo il femminismo degli anni ’70. Non le carichi di un’eccessiva responsabilità?
Io penso che la donna dà la vita all’uomo. Come dice anche Giovanni Paolo II, quando parla del genio della relazione; come dice Benedetto XVI, quando afferma che la parte migliore della vocazione femminile è portare fuori il meglio dell’altro anche a se stesso. Credo che la donna dovrebbe caricarsi di meno di responsabilità fuori, combattere un po’ di meno per le quote rosa, per il successo, e invece dedicarsi alla sottomissione che è grandissima nelle relazioni.
Di nuovo la sottomissione: è capitato che qualche donna si fosse sentita offesa per questo termine?
Devo dire che poche donne si sono offese, anzi, ora che ci penso, nessuna, leggendo i libri. Magari, a volte, per qualche articolo, ma per i libri no, perché la donna che esce fuori dai miei libri è una donna che ha una missione che fa bene al mondo. La donna secondo me è il motore, custodisce la scintilla come nella Sacra Famiglia. Giuseppe faceva il lavoro grosso e la Madonna ha accolto la vita. Cioè sono due funzioni diverse ma…
Entrambe importanti. Hai avuto lettrici di sinistra?
Qualcuna sì. In fondo, come è scritto nella recensione de Il fatto quotidiano su Sposati e sii sottomessa, anche per quelle che chiamiamo conquista l’aborto e che hanno lottato per il divorzio poi se si chiede loro qual è il giorno più bello della vita risponderanno sempre quando è nato il proprio figlio oppure, anche se divorziano, saranno sempre alla ricerca dell’amore eterno. Perché, alla fine, queste cose sono scritte nel cuore di ogni donna, anche in quello della Bonino, però il problema è ammetterlo. A volte, alcune mi hanno detto: “per me leggere il tuo libro è stata una grande sofferenza perché appartengo alla generazione che ha lottato per realizzarsi nel lavoro e ora che leggo è troppo tardi e mi sono resa conto che volevo farlo un figlio ma ora non è più tempo”.
L’orologio biologico è inesorabile…
Uno degli inganni del nostro tempo è quello di pensare che noi siamo arbitri della realtà e possiamo decidere quando e come vogliamo, ma la realtà è che il corpo delle donne invecchia, che dopo i 35 anni la fertilità dimezza e dopo i quaranta è più difficile concepire in modo naturale.
Non possiamo farci sfuggire il tuo cenno ad Emma Bonino. In tutta sincerità: che ne pensi da donna a donna? Che sensazione ti trasmette.
A me fa tanta tenerezza. Provo pena. Però chi mi vuole bene mi dice che mi fanno pena tutti. Il fatto è che ho letto su internet una sua intervista in cui diceva che lei la sera, quando rientrava a casa, spesso piangeva per la solitudine perché aveva avuto in affido due bambine ma solo temporaneamente e secondo me anche lei avverte questo vuoto. Quindi, provo tenerezza per la persona. Però rispetto alle sue battaglie, a quello che ha fatto, no. I gesti e le battaglie sono condannabili. Per me il fatto che promuova l’aborto è una cosa… che non ci dormo la notte! Perché è terribile. Lei lo ha promosso, ma lo ha anche fatto, sulle persone care, nel salotto di casa, con l’aspirapolvere, la pompa di bicicletta: insomma quell’atto lì è proprio terribile, l’azione più terribile.
La rivoluzione ha necessità di spazzare via il passato, spezzando i legami fra gli uomini. Una rivoluzione che arriva, nel ’68, a compiere il gesto emblematico e altamente simbolico di separare madre e figlio, col cordone ombelicale spezzato nell’aborto. La rivoluzione ha bisogno di dividere persino ciò che era indivisibile, madre e figlio, e ci è riuscita, purtroppo, dopo il 68.
Sì.
PRENDERE LA VITA CON UN SORRISO… E GLI UOMINI? ALTRETTANTO.
In famiglia più si ride, meglio si vive.