“Fede e Realismo” nella “rinuncia” di Papa Benedetto. A colloquio con Mons. Nicola Bux

Pubblichiamo un’intervista al Rev. Mons. Nicola Bux, teologo e consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche pontificie circa la “rinuncia” al governo pastorale della Chiesa di Papa Benedetto XVI. Don Bux è stato nel 2011 graditissimo ospite a Biancavilla in occasione della Grande festa estiva in onore della Madonna dell’Elemosina.

Redazione SME

mons. Nicola Bux”La decisione di Benedetto XVI di rinunciare al ministero petrino non e’ una ‘discesa dalla croce’. E’, piuttosto, il gesto di chi, sull’esempio di Gesu’ che spoglio’ se stesso, accoglie la croce dell’eta’ avanzata, che toglie le forze e rende ancor piu’ impotente. Anche cosi’ mette in pratica l’essere ‘servo dei servi di Dio”’. Mons. Nicola Bux non ha alcun dubbio sulla corretta interpretazione della scelta di Benedetto XVI che il 28 febbraio lascera’ la guida della Chiesa Cattolica. E vede, nel gesto del Papa qualcosa in piu’: ”nella rinuncia si puo’ intravedere quasi un atto di indirizzo per la Chiesa e il futuro Papa a continuare la riforma della Chiesa”.

A pochi giorni dalla rinuncia di papa Ratzinger, l’Asca ha chiesto al sacerdote amico di Benedetto XVI di esprimere il suo personale pensiero. Dell’arcidiocesi di Bari, Nicola Bux ha studiato e insegnato a Gerusalemme e Roma. Professore di liturgia orientale e di teologia dei sacramenti nella Facolta’ Teologica Pugliese, e’ consulente della rivista teologica internazionale ”Communio”. Benedetto XVI lo ha nominato perito ai sinodi dei vescovi sull’eucaristia del 2005 e sul Medio Oriente cinque anni dopo.

Teologo, tra i piu’ vicini a Benedetto XVI soprattutto in materia liturgica, Don Nicola Bux ha conosciuto Joseph Ratzinger intorno alla meta’ degli anni ’80, quando l’attuale Pontefice e’ giunto a Roma da Monaco di Baviera per svolgere il ruolo di Prefetto della Dottrina della Fede. Racconta Don Bux ”in quel periodo ho partecipato agli Esercizi spirituali che Ratzinger teneva ai sacerdoti di Comunione e Liberazione”.

Benedict XVID. Che cosa l’ha colpita di lui, quali le affinita’ intellettuali e teologiche fra di voi?.

R – ”Mi hanno colpito lo spirito di Fede e il realismo; il suo ‘realismo’ nel guardare la realta’ della Chiesa e quella del mondo. Mi hanno colpito queste cose e anche il suo modo di affrontare i problemi in maniera ragionevole e non emotiva, con un sentire che e’ ben lontano sia da quello intriso di ‘ottimismo romantico’ – come lo definisce lo stesso Benedetto XVI – sia dal ‘catastrofismo’. Che poi e’ il modo con cui un uomo di Fede deve affrontare la vita”.

D. Come interpreta la scelta di rinuncia fatta da Benedetto XVI?.

R. – ”Innanzitutto, per capire il gesto bisogna mettersi nell’ottica della Fede, non in quella mondana, che sempre tende a infeudare anche la Chiesa. Si sono date varie interpretazioni del gesto: dalla desacralizzazione del papato alla rivoluzione del potere ecclesiastico, dalla democratizzazione dell’autorita’ alla ferita portata al corpo ecclesiale, persino scambiando la richiesta di perdono per i suoi difetti, con la messa in discussione dell’infallibilita’ pontificia… Ma, le rinunce di Benedetto IX, Celestino V e Gregorio XII hanno prodotto tutto cio’? Ratzinger stesso ha approfondito nei suoi studi che il primato petrino ha una struttura martirologica: la responsabilita’ del Vescovo di Roma e’ assolutamente personale e non si puo’ diluire nella collegialita’ episcopale, sebbene interagisca sempre con essa. E’ mirabile la circostanza del decreto di canonizzazione dei Martiri d’Otranto”.

D. La responsabilita’ di cui parla e’ connessa alla ‘coscienza’ cui il Papa ha sempre fatto riferimento specialmente nelle sue battaglie contro il relativismo contemporaneo?.

R. – ”Si’. Responsabilita’ intesa in questo senso come la risposta personale al Signore. Esiste un limite invalicabile della coscienza, ed esiste non solo per i credenti ma per tutti gli uomini. Ricorda il Grillo parlante? Pinocchio poteva anche far finta che non ci fosse e infine prenderlo a martellate, ma continuava a parlare. Benedetto XVI ha approfondito questo tema anche richiamando ‘L’elogio della coscienza’ del Beato John Henry Newman, che nella lettera al duca di Norfolk propone un brindisi alla coscienza e al Papa.

Il ministero petrino in fin dei conti e’ l’emergenza ultima dell’appello alla coscienza di ogni uomo.

Nel discorso in latino pronunciato per annunciare al mondo la sua decisione, il Santo Padre dice chiaramente: ‘ho interrogato ripetutamente la mia coscienza davanti a Dio’.

Rispetto al relativismo contemporaneo che riduce la coscienza al fare quel che si vuole, per noi e’ la capacita’ di distinguere fra bene e male, fra vero e falso. E’ la ‘voce di Dio’. L’unico baluardo per preservare la dignita’ dell’uomo nel rapporto con il mondo”.

D. Il Papa si e’ interrogato a lungo e, dunque, con grande sofferenza spirituale. Per questo lei parla di ”struttura martirologica del primato petrino”?.

R. – ”Si’. Il ministero petrino ha in se’ una struttura martirologica che permette di interrogarsi continuamente, in coscienza, se quello che si e’ e quello che si fa siano adeguati a quanto e’ insito del ministero di Pontefice Romano. Un tale lavoro quotidiano puo’ diventare martirio.

Questo e’ il vero ‘martirio’. Sia chiaro, il compito di interrogarsi e’ di ogni essere umano. Anche il padre di famiglia deve chiedere a se’ stesso se si comporta bene per il bene dei suoi cari. Si immagini cosa vuol dire cio’ per un Successore di Pietro! E poi c’e’ una cosa di cui bisogna rendersi conto…”.

D. Quale?.

R. – ”Credo fermamente che quel che conta nel realismo di questo Papa sia il non considerare come personale proprieta’ il ministero, ma intenderlo come ‘servizio’ a cui e’ stato chiamato, per il quale si ritiene ‘servo inutile’ cosi’ come ha detto lo stesso Gesu’. Cio’ che conta e’ la successione apostolica sempre garantita dallo Spirito Santo.

Il Papa, ogni Papa, e’ un ‘anello’ nella ‘catena’ della successione apostolica, da Pietro alla fine dei tempi, quando il Signore vorra’. Tenendo presente questo, allora si comprende molto bene che sulla successione vegli costantemente il Signore”.

D. Il Papa e’ anziano, il fisico provato. Quanto possono aver inciso le sue condizioni fisiche sulla scelta fatta?.

R. – ”Hanno inciso. E’ vero che il benessere fisico non e’ mai stato un criterio di governo della Chiesa. Ce lo ha mostrato Giovanni Paolo II. Ma con il venir meno della salute diminuiscono le capacita’ di governo della Chiesa che, pur essendo compito del Papa, verrebbe esercitata da altri a lui prossimi. Se il Santo Padre avesse ragionato cosi’ sarebbe venuto meno quel realismo di cui e’ sempre stato capace”.

D. Lei vuol dire che l’interrogare la propria coscienza davanti a Dio e’ stato un modo di chiedersi se e quanto fosse in grado di governare ancora la Chiesa in modo adeguato, soprattutto rispetto al relativismo che Benedetto XVI ha combattuto?

R. – ”Il relativismo ha generato una grande confusione, anche nella Chiesa a livello di dottrina e di pastorale.

Secondo me la rinuncia del Papa potrebbe essere intesa come un atto di governo, un invito a riflettere sulle divisioni, come ha accennato nell’omelia del Mercoledi’ delle Ceneri, e sulla confusione provocata da idee non cattoliche nella teologia. Ha fatto, si direbbe, un passo indietro. Un passo indietro compiuto affinche’ la Chiesa possa fare due passi in avanti”.

D. In sostanza ha pensato al bene della Chiesa, come d’altronde ha detto lunedi’ scorso, e non a se’ stesso.

R. – ”Rimanere nascosto al mondo, come il Signore dopo l’Ascensione, e’ il modo per essere ancora piu’ presente alla Chiesa. Lui e’ e rimarra’ Benedetto XVI nella storia della Chiesa, pur avendo rinunciato ad esercitarne il munus fino alla morte”.

D. In molti, a cominciare da persone vicine a Karol Woityla, hanno letto questa rinuncia come una ‘discesa dalla Croce’.

R. – ”Lei ha visto la foto che ha fatto il giro del mondo? Quella della cupola di San Pietro con il fulmine? Si e’ detto addirittura che quello era un segno di collera divina per l’atto del Santo Padre. E se lo si interpretasse come un segno diretto a tutti noi? Cosi’ come il terremoto e il buio sul Golgota non erano diretti al Figlio di Dio ma agli uomini che non lo avevano riconosciuto come tale”.

D. Cosa intende per riforma della Chiesa?

R. – ”Il concetto di riforma non va inteso nell’accezione protestante oppure politica ma in quella etimologica di ‘ridare forma’, rimettere in forma. Oggi questo vuol dire correggere nella Chiesa le deformazioni della liturgia che, come il Santo Padre piu’ volte ha osservato, sono giunte al limite del sopportabile; cosi’ pure a livello morale… e in questo senso il gesto del Papa e’ un atto di efficace ammonimento”.

D. Governare oggi la Chiesa Cattolica vuol dire…?

R. – ”Vuol dire superare le divisioni interne provocate soprattutto dai conflitti, anche virulenti, su interpretazioni post conciliari del Vaticano II. Benedetto XVI ha lanciato messaggi precisi in direzione della continuita’ nel rapporto fra tradizione e innovazione, un messaggio che non puo’ essere in alcun modo disatteso.

L’appello ai cattolici e’ di serrare i ranghi per superare unilateralita’ e faziosita”’.

D. Benedetto XVI si e’ speso molto per l’unita’ della chiesa. Ha revocato la scomunica alla Fraternita’ San Pio X, fondata da Monsignor Marcel Lefebvre, che pero’ non e’ stata riammessa a pieno titolo nella Chiesa romana.

R. – ”Bisogna continuare su questa strada. Anche in questo il Santo Padre e’ stato molto, molto paziente nel cercare l’unita’: meta che si costruisce giorno per giorno. E’ stato e rimane un esempio di carita’ paziente verso tutti, come dice l’Apostolo, e per il futuro Papa. Finche’ non si formi un solo ovile sotto un solo pastore”.

D. Chi pensa che possa essere il suo successore? Sara’ un Papa italiano? Africano?.

R. – ”Non mi sento di fare alcuna previsione. Quel che e’ certo e’ che, come lo stesso Ratzinger ha indicato, sara’ persona dotata di energia nel portare avanti la barca di Pietro. Un’energia non solo fisica e psicologica ma spirituale che viene dalla Fede. Io credo sia poco importante chiedersi chi verra’ dopo di lui. Nel Conclave c’e’ sempre qualcosa che va al di la’ delle previsioni umane. Se i cardinali si lasceranno guidare dalla fede, lo Spirito Santo fara’ la scelta piu’ adeguata. Il Papa non e’ il ‘padrone’ della Chiesa ma colui che in prima persona deve rendere conto a Gesu’ Cristo del bene della Chiesa intera”.

D. C’e’ chi ha detto che la rinuncia del Pontefice sia stata un gesto di umilta’.

R. – ”Bisogna intendere ‘umilta” nel senso etimologico del termine che viene da humus, terra. Umile e’ colui che e’ ben ancorato alla terra, insomma, un realista. Siamo tutti chiamati ad essere umili. Nella fase finale di molti pontificati, e’ stata diffusa la mormorazione: il Papa non governa piu’, lo fa il suo entourage… Ecco, Benedetto XVI quando si e’ accorto di non poter piu’ esercitare il ministero di Supremo Pastore della Chiesa universale ha rinunciato in piena coscienza e liberta’ per il bene della Chiesa cattolica”.

La gratitudine a Benedetto XVI dell’Associazione SME

Comunicato Stampa

stemma grandeI fedeli dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina” hanno appreso con stupore la notizia delle annunciate dimissioni di Papa Benedetto XVI dal governo della Chiesa con decorrenza dal 28 febbraio prossimo.
Benedetto XVI ha spiegato di sentire il peso dell’incarico di pontefice, anche in considerazione delle sue condizioni di salute. Una decisione su cui ha meditato a lungo, presa “per il bene della Chiesa”, al cospetto di Dio.
I membri dell’Associazione mariana biancavillese, rinnovano anche in questa occasione la loro stima per l’operato del Santo Padre, che hanno potuto incontrare a Castel Gandolfo il 1° agosto scorso e ringraziano il Signore per i dono di un Pastore mite e coraggioso, che ha guidato la Chiesa con fermezza e con saggezza lungo quasi 8 anni di Pontificato. Non è stata una decisione facile, men che meno un gesto di superficialità, ma piuttosto un atto di grande coraggio, per il quale gli dobbiamo rispetto. Lo abbiamo amato in tutte le scelte che ha compiuto nel suo Pontificato. Lo amiamo anche adesso che ha maturato in modo sorprendente di lasciare il governo della Chiesa, incarico che aveva accettato con grande dedizione e spirito di sacrificio. Anzi, siamo certi che anche stavolta ha agito esclusivamente per il bene della Chiesa.
Pope_Benedict_LARGE“L’umile lavoratore della vigna del Signore” ha deciso così di farsi da parte, e non per paura dei lupi, che ha affrontato invece con mitezza e determinazione in questi quasi 8 anni di governo, in cui ha consegnato al mondo un Magistero altissimo, profondo e luminoso con le sue encicliche (Deus Carits Est, Caritas in Veritate, Spe Salvi) e i molti discorsi in cui ha affrontato tutti i grandi temi della dottrina cristiana, rivelando una grandissima capacità di cogliere i punti nevralgici del dibattito contemporaneo. Ha voluto l’Anno Paolino, l’Anno Sacredotale, ha indetto l’Anno della Fede. Ha riconsegnato alla Chiesa la ricchezza della liturgia millenaria della Chiesa. Ha riformato dal profondo la Curia Romana e i Dicasteri, ha cercato di mettere ordine nella grande macchina istituzionale della Chiesa, attirandosi non poche inimicizie.
Non ha temuto le critiche e gli attacchi mediatici, anche spietati, che si sono abbattuti su di lui, non ha temuto il confronto sbandierato troppo spesso con la personalità del suo predecessore. Ha servito la Chiesa, semplicemente, come ha saputo, come ha potuto. Finché ha potuto.
Nessun altro sentimento possiamo avere nei suoi confronti oggi che non sia di sincera gratitudine per quello che ha fatto e per la scelta che ha compiuto. Pur nello scoramento che ci sovrasta in questi attimi. Perché in lui abbiamo avuto un padre, una guida sicura, mite ma forte come la roccia di Pietro. Ringraziamo il Signore per averci dato in Benedetto XVI un modello esemplare di guida autorevole e fedele che ha sempre lasciato trasparire l’unica signoria di Cristo sulla Chiesa, quale Pastore eterno del gregge.

Il Presidente,
il Consiglio direttivo,
la Redazione del Sito.

Le parole del Papa

Questa la dichiarazione di Papa Benedetto XVI resa stamani durante il Concistoro:

George W. Bush, Pope Benedict XVI

Carissimi Fratelli,
vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino.
Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando.

Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato.

Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice.

Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti.

Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice.

Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio

dal sito Radio Vaticana

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