Nel nome di Cristo Buon Pastore
In attesa della Visita Pastorale dell’Arcivescovo Gristina alla Parrocchia matrice e all’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina di Biancavilla.
Domenica 22 settembre prossimo, l’apertura in Basilica Santuario. Al mattino, S. Messa per tutta la Comunità parrocchiale e subito dopo, incontro con i membri dell’aggregazione mariana.
Redazione SME
In che modo il Vescovo viene?
Il Concilio Vaticano II ha ricordato come «Gesù Cristo, Pastore eterno, ha edificato la santa Chiesa e ha mandato gli Apostoli come egli stesso era stato mandato dal Padre (cfr. Gv 20, 21), e ha voluto che i loro successori, cioè i Vescovi, fossero fino alla fine dei tempi pastori della sua Chiesa» (Lumen gentium, 18).
Questa dottrina dell’istituzione e della perpetuità dei Vescovi ci aiuta a riconoscere meglio il modo in cui il Vescovo intende venire a noi nella Visita Pastorale. Egli viene, infatti, come successore degli Apostoli e Pastore delle anime che desidera incontrare il suo gregge, porzione di Popolo di Dio individuata in un territorio, ossia la diocesi e in perfetta comunione con il Papa, vescovo di Roma e successore di Pietro, che presiede la Chiesa nella carità. Il Vescovo in Visita Pastorale deve essere quindi riconosciuto da tutti i fedeli come l’evangelizzatore, il maestro, il pastore e il grande sacerdote della Chiesa particolare (Cærimoniale Episcoporum, 1177). Come principio visibile e fondamento di unità della Chiesa diocesana (cfr. Lumen gentium, 23), il Vescovo compie la sua visita con i sentimenti di Cristo e con il cuore di padre che incontra i figli per illuminarli e incoraggiarli, confermandoli nella fede. Durante la Visita Pastorale e tramite essa, il Vescovo compie quindi il suo ufficio di insegnare, santificare e governare (munus docendi, santificandi, regendi).
Con quali atti il Vescovo compie il suo ufficio durante la Visita Pastorale?
La Visita Pastorale offre al Vescovo l’occasione di «perpetuare l’opera di Cristo, Pastore eterno» (Christus Dominus, 2). E’ questo infatti uno dei momenti privilegiati in cui «egli esercita più da vicino per il suo popolo il ministero della parola, della santificazione e della guida pastorale, entrando a più diretto contatto con le ansie e le preoccupazioni, le gioie e le attese della gente e potendo rivolgere a tutti un invito alla speranza» (Pastores gregis, 46).
Nel concreto il Vescovo predicherà la Parola di Dio e come maestro autentico, rivestito dell’autorità di Cristo, esorterà tutti a cercare e a custodire la verità nelle cose che riguardano Dio e la Chiesa, sapendo che il vero annuncio esige anche l’ascolto, il dialogo e la riflessione per essere fedeli a Dio e agli uomini del nostro tempo (cfr. Gaudium et spes, 40-45); egli celebrerà i Sacramenti e presiederà la preghiera comunitaria, consapevole che la Chiesa non ci appartiene, ma ci è donata dallo Spirito e da lui riceve sempre vita e alimento per condurre tutti i credenti alla santificazione personale; in fine il Vescovo eserciterà il suo ufficio di governo nella carità pastorale verso tutti i fedeli senza distinzione, facendosi prossimo soprattutto a chi è debole o scoraggiato, favorendo e sollecitando le diverse forme e opere di apostolato, nonché difendendo l’unità della Chiesa attraverso la vigilanza sulla disciplina comune e sull’osservanza delle leggi ecclesiastiche per prevenire e correggere eventuali abusi.
Come attendere il Vescovo?
Lo sguardo dei fedeli sul Vescovo e sulla sua visita deve essere quello della fede. Come successore degli Apostoli ed immagine di Gesù Buon Pastore, il Vescovo viene per rendere presente il Cristo vivente in mezzo al suo popolo. Per le comunità ed istituzioni che ricevono la visita del Vescovo, essa «è un evento di grazia che riflette in qualche misura quella specialissima visita con la quale il “supremo pastore” (1 Pt 5,4) e “guardiano delle nostre anime” (cfr. 1 Pt 2,25), Gesù Cristo, ha visitato e redento il suo popolo (cfr. Lc 1, 68)» (Apostolorum successores, 221).
Preghiamo, dunque, la Vergine SS. dell’Elemosina, titolare della Parrocchia – Santuario e dell’Associazione mariana, affinchè la Visita Pastorale di S. E. Mons. Gristina, porti abbondanti frutti spirituali.
San Giuseppe entra in tutte le preghiere eucaristiche romane: un messaggio del Papa sulla famiglia?
Oggi il decreto ufficiale della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. D’ora in poi, i sacerdoti devono ricordare di menzionare S. Giuseppe in tutte le SS. Messe.
Redazione SME
Ecco qui sotto il testo in italiano del Decreto con cui il Santo Padre Francesco vuole far menzionare insieme alla Beata Vergine Maria anche S. Giuseppe, suo Sposo, ad ogni Messa celebrata nel Rito Romano. In questo modo, qualunque preghiera eucaristica il celebrante scelga di usare, verrà ricordata la coppia dei genitori a cui fu affidato Gesù dall’Eterno Padre.
Ci sembra che questa nuova disposizione può essere vista come la risposta del Papa a quanti gli dicono di non farsi sentire abbastanza sulle forme alternative di famiglia, che oggi inondano i discorsi e i dibattiti. S. S. Francesco sceglie la preghiera, anzi il vertice della preghiera, per mostrare la sacra Famiglia come modello: Maria, Giuseppe e Gesù, mamma, papà e figlio. S. Giuseppe è qualificato “sposo”: un uomo per una donna, non ci sono altri sposalizi.
Dobbiamo anche notare che nonostante l’anno scorso sia stato ricordato il cinquantenario dell’inserimento di S. Giuseppe nel Canone Romano, Papa Ratzinger non ha proceduto ad uniformare le altre preghiere eucaristiche postconciliari per un motivo – credo – piuttosto evidente. Il suo nome di battesimo è Ioseph: chiaramente Benedetto XVI, vista la cattiva stampa di cui godeva, non avrebbe passato indenne un tale gesto (conflitto di interessi?). Francesco, con questa delicatezza, rende anche omaggio al suo predecessore (menzionato esplicitamente nel decreto), oltre a rinnovare la devozione della Chiesa universale al suo celeste Patrono e custode.
DECRETO
della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti
Mediante la cura paterna di Gesù, S. Giuseppe di Nazareth, posto a capo della Famiglia del Signore, adempì copiosamente la missione ricevuta dalla grazia nell’economia della salvezza e, aderendo pienamente agli inizi dei misteri dell’umana salvezza, è divenuto modello esemplare di quella generosa umiltà che il cristianesimo solleva a grandi destini e testimone di quelle virtù comuni, umane e semplici, necessarie perché gli uomini siano onesti e autentici seguaci di Cristo. Per mezzo di esse quel Giusto, che si è preso amorevole cura della Madre di Dio e si è dedicato con gioioso impegno all’educazione di Gesù Cristo, è divenuto il custode dei più preziosi tesori di Dio Padre ed è stato incessantemente venerato nei secoli dal popolo di Dio quale sostegno di quel corpo mistico che è la Chiesa.
Nella Chiesa cattolica i fedeli hanno sempre manifestato ininterrotta devozione per S. Giuseppe e ne hanno onorato solennemente e costantemente la memoria di Sposo castissimo della Madre di Dio e Patrono celeste di tutta la Chiesa, al punto che già il Beato Giovanni XXIII, durante il Sacrosanto Concilio Ecumenico Vaticano II, decretò che ne fosse aggiunto il nome nell’antichissimo Canone Romano. Il Sommo Pontefice Benedetto XVI ha voluto accogliere e benevolmente approvare i devotissimi auspici giunti per iscritto da molteplici luoghi, che ora il Sommo Pontefice Francesco ha confermato, considerando la pienezza della comunione dei Santi che, un tempo pellegrini insieme a noi nel mondo, ci conducono a Cristo e a lui ci uniscono.
Pertanto, tenuto conto di ciò, questa Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, in virtù delle facoltà concesse dal Sommo Pontefice Francesco, di buon grado decreta che il nome di S. Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria, sia d’ora in avanti aggiunto nelle Preghiere eucaristiche II, III e IV della terza edizione tipica del Messale Romano, apposto dopo il nome della Beata Vergine Maria come segue: nella Preghiera eucaristica II: « ut cum beáta Dei Genetríce Vírgine María, beáto Ioseph, eius Sponso, beátis Apóstolis »; nella Preghiera eucaristica III: « cum beatíssima Vírgine, Dei Genetríce, María, cum beáto Ioseph, eius Sponso, cum beátis Apóstolis »; nella Preghiera eucaristica IV: « cum beáta Vírgine, Dei Genetríce, María, cum beáto Ioseph, eius Sponso, cum Apóstolis ».
Quanto ai testi redatti in lingua latina, si utilizzino le formule che da ora sono dichiarate tipiche. La Congregazione stessa si occuperà in seguito di provvedere alle traduzioni nelle lingue occidentali di maggior diffusione; quelle da redigere nelle altre lingue dovranno essere preparate, a norma del diritto, dalla relativa Conferenza dei Vescovi e confermate dalla Sede Apostolica tramite questo Dicastero.
Nonostante qualsiasi cosa in contrario.
Dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 1 maggio 2013, S. Giuseppe artigiano.
Antonio Card. Cañizares Llovera
Prefetto
+ Arthur Roche
Arcivescovo Segretario
FORMULE CHE SPETTANO A SAN GIUSEPPE IN LINGUA ITALIANA
Nella Preghiera eucaristica II:
«insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con san Giuseppe, suo sposo, con gli apostoli…»;
Nella Preghiera eucaristica III:
«con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con san Giuseppe, suo sposo, con i tuoi santi apostoli….»;
Nella Preghiera eucaristica IV:
«con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio, con san Giuseppe, suo sposo, con gli apostoli…».
Verso la Marcia per la Famiglia: Il matrimonio secondo la Costituzione italiana
In preparazione alla “Prima Marcia per la Famiglia” che si terrà a Palermo il 26 giugno prossimo, a partire dalle 17 da Palazzo dei Normanni, piazza del Parlamento, la nostra Redazione ha il piacere di pubblicare alcuni contributi sui temi della famiglia e della vita, per chiarire che difendere la famiglia naturale fondata sul matrimonio non significa voler discriminare o negare diritti civili fondamentali.
di Bruno Ferraro*
L’art. 29 della Costituzione italiana contempla il riconoscimento della famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio».
Questo non comporta, ovviamente, l’intento di discriminare o di negare i diritti civili degli omosessuali e transessuali, il che sarebbe in grave contrasto con l’art. 3 della nostra Costituzione che sancisce il principio di uguaglianza di tutti i cittadini. Tuttavia, scendendo sul terreno delle norme positive, non riesco ad intravedere lacune suscettibili di essere colmate con norme di nuova emanazione.
A) Non esiste un problema successorio, in quanto utilizzando il testamento è possibile trasmettere al compagno, in assenza di eredi aventi diritto, anche l’intero patrimonio. Nulla vieta, peraltro, la stipula di una polizza assicurativa o di una pensione integrativa a vantaggio del partner.
B) È un falso problema il subentro nel contratto di locazione della casa di comune residenza, in quanto tale contratto può essere stipulato congiuntamente dai due partner: in ogni caso la Corte Costituzionale (sentenza n. 404/1988) ha riconosciuto al convivente il diritto di successione nel contratto di locazione dopo la morte del titolare.
C) È un falso problema il diritto di visitare in carcere o in ospedale il partner in quanto tale possibilità è oggi concessa ai conviventi da norme dell’ordinamento penitenziario.
D) Ed ancora, la giurisprudenza ha riconosciuto al convivente omosessuale la risarcibilità per fatto illecito del terzo in danno del partner (esempio, un incidente stradale).
E) Quanto ai contratti di convivenza, la loro stipula tra conviventi omosessuali è da tempo ammessa dalla giurisprudenza.
Se quanto precede è irrefutabile; se il legislatore non ha il diritto di introdurre un istituto (il matrimonio) che si fonda su una legge di natura antica quanto l’uomo; se la questione dei diritti civili va tenuta nettamente distinta da quella concernente la famiglia; se i concetti di paternità e maternità sono radicati nella natura umana e non possono essere sostituiti con un generico concetto di «genitorialità»; se tutta la storia umana è centrata sull’attrazione dell’uomo verso la donna e viceversa; se la stessa parola «matrimonio» deriva da matris (madre) e munus (compito della madre di contribuire alla perpetuazione della specie); ci pensi un bel po’ chi sostiene che una coppia omosessuale ha diritto di vivere la propria unione ottenendone il riconoscimento giuridico.
Il matrimonio omosex è un falso problema. Non c’è bisogno di scardinare la famiglia per dare ad omosex e transex i diritti di cui sono già oggi titolari.
*Presidente Aggiunto Onorario della Corte di Cassazione