QUARESIMA DI EMERGENZA: UN’OCCASIONE PER RITROVARE NOI STESSI

Lettera del Prevosto Salerno alla Comunità parrocchiale che vive i giorni dell’emergenza per il Coronavirus.

Carissimi Fratelli e Sorelle,
carissimi bambini, adolescenti e giovani,
e fedeli tutti in Cristo affidatimi per bontà di Dio,

mi rivolgo a ciascuno di Voi con il cuore in mano, con i sentimenti più profondi di un Padre e di una Madre che si rivolgono ai propri figli. Sento il bisogno di sentirmi vicino a ciascuno di voi in questa “quaresima di emergenza” . Siamo provati ma non abbandonati, afflitti ma consolati, paurosi ma coraggiosi ad andare avanti.

La bellezza della nostra Basilica è un continuo richiamo per me della vera bellezza della Comunità parrocchiale che, umilmente servo ormai da tanti anni. Voi,  carissimi tutti , dai piccoli ai grandi, siete il mosaico che Dio ha posto sotto il mio sguardo. Il mio cuore sacerdotale può contemplare le Sue meraviglie attraverso ciascuno di voi!



Il Pastore e le pecore non possono dividersi: l’uno ha bisogno dell’altro. Non c’è vera Comunità ecclesiale senza l’unione di questo binomio inscindibile.

La prova di questa giorni suscita in me la sana nostalgia di voi tutti, tanto da fare mie le parole del Salmo 83:

“Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti! L’anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido, dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari, Signore degli eserciti,
mio re e mio Dio.
Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio.
Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente,
anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni”.

Questo  Salmo ricorre spesso durante le mie meditazioni, in questi momenti di prova e ci propone l’esperienza e la testimonianza di un fedele che desidera raggiungere Gerusalemme e lodare Dio nel tempio. Il desiderio viene esaudito dal Signore e la lode a Dio si trasforma in preghiera e canto di beatitudine. L’esperienza del Salmista ci fa da scuola nella nostra vita di fede. Leggendo le parole dell’Orante e scrutando all’interno del suo cuore scopriamo in Lui un desiderio esemplare di stare nella casa di Dio, di lodarlo in mezzo all’assemblea, di esultare alla sua presenza, di essere da Lui beneficato, di entrare in comunione con Lui, di essere illuminato dalla sua Parola, di essere difeso e custodito dai suoi Angeli, di essere nutrito dalla sua Grazia, di essere appagato dalla sua Gloria.




Leggendo le parole del Salmo viene spontaneo riflettere e chiedersi se il nostro cuore ha mai provato un tale desiderio di entrare nella casa di Dio, se passando davanti una chiesa abbiamo mai sentito, per il Signore che vi abita dentro, un trasporto talmente forte e irresistibile da interrompere, anche per un solo attimo, le nostre faccende per andare a salutare il Signore, a visitare e lodare Gesù Eucaristia.

In questi giorni di emergenza, proprio questo desiderio si fa forte:  abitare nella casa del Signore, celebrare i Santi Misteri della nostra fede e sentirci una Comunità viva e visibile. Nell’ora della prova apprezziamo maggiormente ciò che magari prima era abituale e ordinario e magari a furia di vivere l’abbondanza liturgica dei Sacramenti non ne comprendevamo il grande valore: la Grazia e Misericordia del Signore.

La nostra Basilica rimane aperta ed io accanto a Gesù prego per ciascuno di voi, vedo i tanti banchi vuoti e i miei occhi si velano di commozione umana, ma subito il luccichio del tabernacolo mi richiama alla serenità della presenza di Gesù Eucaristia ed alle Sue rassicuranti parole di vita: “Io sono con voi sino alla fine dei tempi”.  Mi abbraccia, dopo , lo sguardo materno della Madonna dell’Elemosina, a cui chiedo , come nostra Madre, di metterci tutti sotto il suo manto miracoloso e preservarci da ogni male.




Il silenzio di questo immenso Tempio quasi quasi diventa la voce di tutti noi che, come Comunità all’unisono, chiediamo protezione e soccorso!!

Siamo provati ma non perdiamo la Speranza!!! La virtù della speranza – forse meno conosciuta di quella della fede e della carità – non va mai confusa con l’ottimismo umano, che è un atteggiamento più legato all’umore umano. Per un cristiano, la speranza è Gesù in persona, è la sua forza di liberare e rifare nuova ogni vita.

Papa Francesco, in un omelia tenuta a Santa Marta affermava: “La speranza è un dono, è un regalo dello Spirito Santo e per questo Paolo dirà: ‘Mai delude’. La speranza mai delude…”

Si, carissima mia famiglia parrocchiale, non saremo delusi dalla Speranza che nutriamo con la Fede! Gesù è accanto a ciascuno di noi!

Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione, affinché mediante la consolazione con la quale siamo stati da Dio consolati, possiamo consolare quelli che si trovano in qualunque afflizione; perché, come abbondano in noi le sofferenze di Cristo, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione (2Co 1: 3-5).




Questa “quaresima di emergenza” inizia con la prova. Come Gesù è provato dalle tentazioni cosi anche noi. Il deserto oggi viene sostituito dal nostro stare a casa, dal nostro interrompere le attività ordinarie e significative per la nostra vita: scuola, lavoro, vita celebrativa dei sacramenti.

Essere privati della nostra libertà ,dei nostri spazi, dell’aggregazione comunitaria, dei momenti formativi e ricreativi  ci richiama  a riscoprire i valori intrinseci della relazione umana a partire dalla famiglia. Stare a casa non è una punizione! Stare  a casa diventa il nostro “deserto salutare” dove riscopriamo amore e protezione a partire dai nostri cari.

Lasciamoci illuminare dentro e fare verità! Il nostro deserto odierno è anche luogo di maggiore fatica. Come Gesù nella prova del deserto sentì fame e stanchezza, anche noi – sentiamo i disagi e le paure portati dall’emergenza di contrastare un virus che minaccia il mondo intero.

La tentazione dello scoraggiamento e la paura sono la fame e la sete che, spesso, sentiamo anche noi, durante queste giornate che scorrono lentamente e a cui non siamo abituati per nulla.




Riscopriamo il valore della famiglia! Riscopriamo il valore del tempo! Riscopriamo la necessità di pregare senza stancarci!

Ogni giorno nella preghiera Vi tengo particolarmente nelle mie intenzioni, nel mio cuore. Mi rivolgo a tutte le famiglie, cellule vitali della società e piccole Chiese Domestiche. In questo periodo la famiglia può ritrovare la sua vocazione originaria: luogo di crescita umana e spirituale.

La sospensione di tutte le celebrazioni, di tutte le attività pastorali, aggregative, ludiche e culturali, nonché la chiusura degli oratori e di tutti gli spazi parrocchiali favorisce l’importanza dell’identità familiare  per contrastare questo provvisorio momento di difficoltà. Le Famiglie potete e dovete aiutarci a mantenere unita e serena la collettività sociale ed ecclesiale, nonostante la paura e l’incertezza.

Se la vita delle nostre comunità parrocchiali è ridotta, non di meno si deve rallentare la nostra comunione e l’amore per il Signore, che si manifesta con una vigile attenzione verso le singole persone, soprattutto i più anziani, che non possono essere lasciati soli e gli ammalati.

Nell’attesa che si ritorni alla normalità, Vi invito carissimi Genitori e Famiglie a poter vivere a casa momenti di preghiera comunitaria con tutti i membri che costituiscono il nucleo familiare.

La comunione coniugale e familiare è dono libero e frutto gratuito dello Spirito Santo: per questo la famiglia cristiana sente il dovere di crescere nell’umile e gioioso rendimento di grazie a Dio che la fa essere «un cuor solo ed un’anima sola» e di coltivare una pronta e generosa corrispondenza alle mozioni dello Spirito, il quale la sospinge soavemente e fortemente verso la piena realizzazione dell’unità coniugale e familiare.

La famiglia è il luogo naturale di vita, di nascita, di crescita e di sviluppo della persona umana. È la casa in cui si realizza quell’esperienza vitale specifica che è fondamentale per la strutturazione dell’individuo umano come persona, cioè come individuo-in-relazione.

L’amore in famiglia è un’arte che si impara alla scuola gli uni degli altri, ma soprattutto alla scuola della “santa famiglia”, alla “ scuola di Gesù”.

Nella concretezza della vita di famiglia si costruisce la comunione, diventando famiglia che ascolta e annuncia la parola del Signore, che prega e celebra le meraviglie del Signore, che condivide e si mette a servizio.




Carissimi papà e mamme,
impegnatevi a pregare con i vostri figli.
La forza della preghiera salva da ogni male!
Queste intenzioni sono costantemente la mia preghiera per voi!

Ed ora permettetemi di rivolgere un particolare pensiero a tutti i giovani della Parrocchia.

Carissimi bambini, adolescenti e giovani mi rivolgo a voi “più preziosi della pupilla dei miei occhi”.

Grazie agli occhi che possiamo vedere, il presente e i futuro. Che ne sarà di noi se non ci prendiamo cura dei nostri occhi? Come potremo andare avanti?

Attraverso ciascuno di voi, noi grandi, possiamo guardare la bellezza del nostro tempo presente e proiettarci al futuro. In questi giorni in cui non possiamo vederci, per l’obbedienza alle direttive di sicurezza sociale, chiudo i miei occhi durante la mia preghiera silenziosa, e nella solitudine e nell’immensità della nostra Basilica, percorro con la mente e il cuore i tanti momenti belli che abbiamo vissuto insieme: il catechismo, l’oratorio, il grest, I campi estivi i tanti momenti di gioia che culminano nell’incontro con Gesù Eucaristia in modo speciale la Domenica.

Nella solitudine, rivedo i vostri volti, il vostro sorriso, sento, nonostante il silenzio, la vostra rumorosa e benefica presenza che riempie di vita i nostri spazi di fede e li rendono giovani e freschi di vita.

Mi faccio forza per riempire il momentaneo vuoto che stiamo vivendo in questi giorni di emergenza, con il dolce ricordo della vostra presenza.

Ricordo e guardo nella profondità del mio cuore i vostri occhi e leggo in essi la presenza di Dio e vi ricordo uno per uno per nome.

Prego per ciascuno di voi perché il Signore vi ha affidati alle cure paterne e materne della nostra Comunità parrocchiale affinchè possiate crescere nella fede e nei veri valori che faranno di voi i buoni cristiani e buoni cittadini per il mondo intero.

Non abbiate paura, perché come la mamma e il papà e le vostre famiglie fanno tutto il possibile per amarvi e proteggere cosi anche la Chiesa- Comunità Parrocchiale è la vostra famiglia dove, con essa, troverete pace a salvezza nella maturità umana e spirituale.




Carissimi giovani non dimenticate di vivere momenti di preghiera con mamma e papà e apprezzate il grande dono della vostra famiglia. Rileggete il catechismo che avete condiviso con i vostri catechisti ma soprattutto sforzatevi di vivere nella vita quotidiana ciò che Gesù vi ha fatto comprendere fin ora. Vivete ciò che avete ricevuto!

Siamo una Comunità ed anche se per ora non possiamo vederci, come abbiamo fatto durante il catechismo, durante i momenti dell’oratorio e soprattutto durante la Santa Messa della Domenica sappiamo che quando preghiamo siamo uniti anche se siamo lontani.

Io prego sempre per voi e vi voglio tanto bene come Gesù.

Preghiamo affinchè  presto possa finire questo momento di emergenza e si possa tornare a rivivere con più gioia ed intensità i vari momenti della nostra quotidianità.

Nella Grazia di Dio Padre, nell’amore del Figlio Gesù Cristo e con la forza dello Spirito Santo offriamo ogni giorno noi stessi come sacrificio soave e gradito al Signore e sotto lo sguardo misericordioso e materno della Madonna dell’Elemosina troviamo sicuro rifugio e pace.

Con paterno amore per ciascuno di voi  Vi Benedico nel Signore!

Con cuore sacerdotale e vero affetto Vi abbraccio tutti,

Il vostro Prevosto-Parroco
Padre Pino

Giornata mondiale del Malato 2020

Visita ai reparti dell’ospedale di Biancavilla con l’Icona di Maria SS. dell’Elemosina in occasione della Giornata mondiale del Malato.

Biancavilla, 15 febbraio 2020

Una casa. Una famiglia. Una madre

I Biancavillesi riabbracciano la Basilica Santuario dopo 14 mesi dal terremoto.

Sono tornati a casa, i biancavillesi.

Con la loro numerosa e corale partecipazione, in occasione della riapertura della Basilica Santuario, domenica 12 gennaio, i fedeli hanno dimostrato ancora una volta il loro afflato spirituale e la loro identità cittadina e religiosa insieme, riappropriandosi dell’edificio simbolo della città, che non solo è stato messo in sicurezza, ma è apparso ai loro occhi più splendente di prima.

I nuovi colori – è stato detto – esaltano la bellezza delle linee architettoniche, e scaldano il cuore, nei loro toni caldi e sfumati. Così perlomeno erano stati pensati allorquando nel ‘700 la Basilica assunse questa forma.

C’erano tutte le componenti ecclesiali e aggregative della città, chierici e laici, famiglie e tanti ragazzi, come ha notato anche l’Arcivescovo di Catania.




È stato significativo il fatto che proprio mentre si riapriva lo storico edificio, di cui il Prevosto ricordava la gloriosa storia e i riconoscimenti ricevuti lungo i secoli, l’Arcivescovo abbia voluto porre l’attenzione proprio ai giovani e ai piccoli della comunità, quasi a voler consegnare loro il presente e il futuro dell’edificio e di ciò che esso rappresenta. “Occorre lavorare sull’educazione dei giovani” ha detto il Metropolita.

Perché se è vero che non c’è futuro senza passato e senza radici, non ci può essere neppure un passato che non guardi al futuro, che non sia cioè capace di proiettarsi oltre il momento presente.

Riaffiora l’interrogativo che con arguzia poneva uno scrittore qualche tempo fa: perché quando eravamo poveri costruivamo le cattedrali e oggi che viviamo nella società dell’opulenza facciamo fatica a custodire la bellezza delle nostre città e dei luoghi in cui viviamo, per non dire dell’incapacità di pensare edifici – non solo religiosi – carichi di bellezza?

È ciò che fecero gli antenati biancavillesi quando – come ricordava il Prevosto Salerno – dalla campagna portavano carretti carichi di pietre per alimentare la “fabbrica” della chiesa madre. Un modo semplice attraverso cui tante persone hanno potuto dare il loro contributo anche in tempi di maggiori difficoltà di mezzi e risorse, immaginando di poter consegnare ai loro figli e ai loro discendenti un monumento, che è tornato a  splendere sotto i nostri occhi.

Ieri, in controtendenza rispetto a questo, è stato possibile assistere ad uno spettacolo di bellezza: un bagno di bellezza, un grande segno di speranza, come ha detto ancora Don Agrippino. Nella riapertura dell’edificio simbolo della città di Biancavilla è stato mostrato che il lamento e la critica sterile non servono a nulla. Occorre il coraggio di sognare e di pensare, non solo all’ingrande ma anche all’insegna della bellezza.




Ancora più significativo il fatto che i recenti lavori, durati 9 mesi, sono stati eseguiti da maestranze locali, ditte del posto, che hanno messo a disposizione il loro ingegno e la loro perizia, nella messa in sicurezza dei tetti e delle volte, nella lavorazione dei marmi, nella tinteggiatura delle pareti, nella doratura delle parti decorative in gesso, insieme ad altri interventi di manutenzione necessari.

9 mesi di lavori per riportare a tanto splendore la Basilica sono stati pochi per i tempi della burocrazia che avevano prospettato un’attesa tra i 5 e i 10 anni, ma i complessivi 14 mesi di chiusura dell’edificio (dal 6 ottobre 2018) sono stati tanti per far sentire a tutti la nostalgia di quella casa. Soprattutto perché quella casa ferita rappresentava il ricordo più terribile di quel terremoto ancora molto presente nella memoria di tutti. Per questo la riapertura è stata vissuta tanto più intensamente, come un voler sancire il desiderio di ripartire e di dimenticare, come meglio si può, prima che si può.

Difficile, per chi è stato presente e ha vissuto lo storico momento in cui è stata nuovamente spalancata la porta maggiore della Basilica Santuario e si sono accese tutte le luci della chiesa, poter dire se è stato più bello vedere la “chiesa di mattoni” o la “chiesa di persone” che è stata lì a guardare e a guardarsi, cercando ragioni per la speranza, ragioni per andare incontro al futuro.




È stato un tripudio di gioia la processione con cui i rappresentanti delle confraternite e delle aggregazioni ecclesiali hanno preso simbolicamente possesso della chiesa, aprendo un lungo corteo, tra i canti festanti, sancito dall’Arcivescovo e culminato nel passaggio dell’amata icona della Vergine Santissima dell’Elemosina.

 

Forse per questo, il momento più emozionante è stato quando la Madonna è tornata a splendere sull’altare maggiore, riprendendo il posto che ogni figlio naturalmente conferisce alla propria mamma: al centro del proprio cuore. Presenza discreta e amorevole, silenziosa ma sicura, carica di consolazione e di affetto.

Tante persone, una sola casa, come un’unica famiglia. Forse è anche per questo che, tra i molti titoli altisonanti che l’edificio ha accumulato nei secoli, quello preferito resta sempre quello di “chiesa madre”. Perché come per una madre, sono in lei le sorgenti spirituali e culturali di ogni biancavillese.

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