Riflessioni sulle feste patronali di Biancavilla, a partire da alcuni documenti messi a disposizione dall’Archivio personale di GIUSEPPE MARCHESE, cultore di storia locale.
Le feste patronali mostrano il meglio della nostra città. Tra bancarelle e luminarie, Biancavilla diventa bellissima. La festa ci consente infatti di riappropriarci della città, di suoi spazi e angoli a cui durante il resto dell’anno neppure facciamo caso. Le lunghe passeggiate, tra ali di folla, ci mostrano un centro vivo, colorato e dinamico.
Di questo “brio” che percorre le strade del nostro paese ci parla un inno a San Placido del 5 ottobre 1881, che Giuseppe Marchese mette a disposizione dei suoi concittadini, in quest’occasione. Si tratta di un inno dedicato al compatrono di Biancavilla, che – a ben vedere – celebra la città stessa. Allegria, splendore, progresso, bellezza e brio sono attribuiti alla città personificata:
“Biancavilla sorgi al brio, che in te Placido ridesta… L’allegria tua natìa torni dunque al suo splendor… e per esso – di progresso – il tuo genie mai mancò… Biancavilla avventurosa, Tua bellezza mai cadrà. E il sorriso – sul tuo viso – pur piangendo, splenderà… il brio – tuo natìo – mai tramonto aver potrà”.
Questo testo declama le peculiarità di una cittadina, briosa, frizzante, sempre aperta al progresso e all’innovazione. Una bellissima descrizione dell’indole dei biancavillesi, che nei giorni di festa viene fuori ancora con più evidenza. Basta scorrere la storia di Biancavilla per trovare conferma di questo “brio”, che dice tante cose, soprattutto dell’intraprendenza e della laboriosità della nostra gente.
Ecco allora che quella che chiamiamo comunemente “Festa di san Placido” è proprio la festa dei biancavillesi, del loro talento e del loro genio, del loro orgoglio di appartenenza. È la festa di un’identità da riscoprire e da tenere viva.
Che cos’è quel “brio” di cui parla l’autore del testo citato? Per scoprirlo, basta fare una passeggiata in questi giorni di festa, e assaporare tutta la creatività, il talento e l’originalità di questo popolo che vive ai piedi dell’Etna. Un brio da coltivare e da alimentare. Per far sì che non si spenga insieme con le luci delle luminarie.
Giuseppe Marchese ci offre ancora due documenti inediti fino ad oggi. Innanzitutto un documento datato 5 settembre del 1952, a firma del Sindaco Minissale che scrive ad un ente identificato con le sigle I.N.G.I.C. (il poco tempo non ci consente di indagare di più e meglio sui dettagli) comunicando che, per sostenere le spese della festa, “la Commissione per la festa di S. Placido ha deciso di applicare un sopraprezzo-balzello di lire dieci al Kg. sul baccalà e pesce salato“. Il documento ci fa simpaticamente sorridere e ci impone una domanda ironica: stante l’aumento di tasse per il periodo compreso della festa, avranno i biancavillesi aumentato il consumo di baccalà, per sostenere gli introiti, o si saranno piuttosto dedicati ad altre pietanze? Sarà per questo che a San Placido aumentava il consumo di salsiccia? 😉
Facendo un piccolo passo innanzi, Marchese ci offre in visione una foto dei primi anni 60 della bancarella di un noto venditore di crispelle, che ancora oggi viene a Biancavilla per la fiera. Nella foto si vede come la bancarella fosse situata sulla parete di sinistra della chiesa del Rosario. Un po’ di cartacce a terra non mancano, ma l’impressione complessiva è quella di una intrinseca eleganza e dignità del lavoro manuale, sottolineata dalla linda veste bianca dell’artigiano, ed evidenziato da un cappello che evoca i migliori chef.
Brevi squarci di una storia lunga, che racconta e documenta il ‘brio’ di un popolo, frizzante e creativo, che ha sempre saputo reinventarsi, pur nel rispetto delle sue tradizioni.