Celebrazione delle S. Quarantore e conclusione della Settimana eucaristica nel Santuario giubilare di S. Maria dell’Elemosina.
Redazione SME
Dal 29 febbraio al 5 marzo scorsi, vissuti in Basilica Santuario intensi momenti eucaristici con la celebrazione delle tradizionali Quarantore. “L’Eucaristia volto della Misericordia e sorgente della missione”. Dal lunedì al venerdì, le riflessioni spirituali del prevosto don Pino Salerno sulle opere di Misericordia corporale, mentre il sabato 5, a conclusione di questo particolare evento di grazia, la catechesi del missionario don Pasqualino di Dio, che, nell’omelia della Messa, si è soffermato sul brano evangelico proposto nella liturgia della IV domenica di Quaresima (in Laetare).
Nel commentare la parabola del Padre misericordioso, don Lino ha messo in evidenza come il “Dio di Gesù” è un Dio che si mette alla ricerca dell’uomo perduto. Egli sa che nessun uomo può trovarlo con le proprie forze, che tutti sono perduti se non prende l’iniziativa. La parabola della pecorella smarrita (Lc 15, 4-7), dei due debitori (Lc 7, 41-43), della dramma ritrovata (Lc 15, 8-10), del datore di lavoro buono (Mt 20, 1-15), del fariseo e del pubblicano (Lc 18, 9-14), del figliuol prodigo hanno tutte lo stesso pensiero: la bontà di Dio verso i perduti, i peccatori, gli sventurati e i caduti in miseria è grande tanto che l’uomo rimane meravigliato e stupito per questo modo per noi inusuale di comportarsi di Dio. “Nelle parabole dedicate alla misericordia, Gesù rivela la natura di Dio come quella di un padre che non si dà mai per vinto fino a quando non ha dissolto il peccato e vinto il rifiuto, con la compassione e la misericordia”.
Soprattutto la parabola del figliuol prodigo (Lc 15, 11-32) ci presenta plasticamente il modo di agire di Dio. Una lettura affrettata spesso ha portato ad esaltare in questo racconto il ravvedimento del figlio e il suo ritorno alla casa del padre. Invece in essa Gesù mostra soprattutto la misericordia di Dio verso il peccatore in quanto peccatore e non in rapporto al suo eventuale pentimento. È un padre misericordioso che rispetta la libertà del figlio, anche quando questi gli chiede la parte del patrimonio che gli spetta. Possiamo facilmente immaginare quante volte il padre abbia cercato di dissuadere il figlio dall’abbandonare la casa paterna ma davanti alla ferma volontà di questo giovane di fare nuove esperienze, stanco della monotonia del suo paese, di incontrare ogni giorno le stesse facce, lo lascia andare anche se con una spina nel cuore. Durante l’assenza del figlio questo padre misericordioso sale ogni giorno sulla terrazza della propria casa e quando il suo intuito paterno gli suggerisce che quella sagoma lontana che si avvicina stancamente, sotto il peso della sconfitta, è suo figlio, non aspetta che questi lo incontri e gli chieda perdono ma egli per primo, commosso, corre incontro al figlio, gli getta le braccia al collo e lo bacia. Poi comanda ai suoi servi di portare il vestito più bello, l’anello migliore e uccidere il vitello più grasso perché questo figlio, morto, è ritornato in vita; perduto, è stato ritrovato.
Ma la vera risposta di Gesù ai farisei, che pensavano a un Dio “giusto” che premia i buoni e castiga i cattivi, è nella scena tra il padre e il figlio maggiore. Il padre ama entrambi allo stesso modo, però il maggiore lamenta che, pur essendogli stato sempre fedele, non ha ricevuto ciò che invece ha avuto il minore, infedele e dissipatore dei beni del padre. A lume di logica sembrerebbe che il maggiore abbia ragione: se colui che ha dissipato riceve quanto quello che ha sempre operato bene, se non di più, a che vale darsi da fare per acquistare meriti? Ma Gesù capovolge questa logica, propria dei farisei, mostrando che è fondata su un arido schema di dare e avere, caratteristico di chi opera in vista della ricompensa e non per amore. Se il fratello maggiore avesse veramente amato il padre avrebbe dovuto gioire con lui. Ma non è stato cosi, la sua fedeltà nasconde un rapporto con il padre imperniato su un rigido scambio di beni contro prestazione.
Dio quindi manifesta la sua intima natura come Padre misericordioso e che perdona: i pubblicani, i peccatori, i pescatori e i contadini della Palestina, ai quali Gesù annunciava la buona novella, sperimentavano Dio in un modo del tutto personale come Padre, come uno che perdona la colpa e accoglie nella propria comunione.
Che vuol dire che Dio è misericordioso?
Per poter capire il significato della parola “misericordia” nell’Antico Testamento, dobbiamo prendere in considerazione la parola biblica “cuore” (kardia). Nella Sacra Scrittura il cuore non indica solo un organo umano di vitale importanza ma designa anche il centro dell’uomo, la sede dei suoi sentimenti, dei suoi affetti e del suo giudizio. Dio è dotato di un cuore pieno di amore nei riguardi dell’uomo.
Il termine più importante però per comprendere il significato di misericordia è l’ebraico hesedh che significa favore immeritato, amicizia, indulgenza; e poi anche grazia e misericordia di Dio che si prende cura della miseria degli uomini, che agisce ed interviene, che libera e redime. Dio si interessa di tutti gli uomini, in modo particolare dei deboli e dei poveri. Egli è il protettore e custode dei poveri e dei diseredati, “misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore” (Sal 145, 8).
La misericordia di Dio nella Bibbia spesso è collegata alla sua tenerezza. Dio non solo è misericordioso verso l’uomo bisognoso ma anche tenero e pietoso, cioè legato ad un particolare sentimento di affetto verso gli uomini, come una madre. Giovanni Paolo I ha fatto in tempo a dirci incisivamente, penetrando nel mistero dell’infinito amore di Dio: “Dio è papà, più ancora è madre”.
Dopo la S. Messa, è stata cantata la preghiera della Compieta, conclusa con la processione eucaristica per le navate della Basilica alla quale hanno partecipato alcune realtà ecclesiali facenti capo alla parrocchia matrice: Associazione “Maria SS. dell’Elemosina”, Arciconfraternita del SS. Sacramento e rappresentanti del Circolo “S. Placido” e della Confraternita di S. Antonio da Padova. L’intera celebrazione è stata chiusa dall’omaggio devozionale alla Beata Vergine dell’Elemosina, Madre della Misericordia.