Pubblichiamo oggi una preziosa meditazione sul Vangelo della resurreszione di Lazzaro che ci introduce immediatamente nel mistero più grande dell’uomo: la morte. Ringraziamo Don Antonio Savone, amico della nostra Redazione, per la gentile concessione.
di Don Antonio Savone
La grande liberazione di cui l’uomo provato, assetato, cieco ha definitivamente bisogno è la vittoria sulla morte. La risurrezione di Lazzaro è il segno per eccellenza di Gesù.
Con la risurrezione di Lazzaro Egli fa sì che l’uomo stia di fronte al limite ultimo, la morte, guardandola in faccia e scrutandone il mistero. Se questo non accade, la nostra vita resta una continua fuga, inutile peraltro, da ciò che sappiamo essere l’appuntamento inesorabile per ciascuno di noi. Tutto quello che noi facciamo e mettiamo in atto esprime il desiderio di poterci salvare da questo appuntamento.
Gesù non ci salva dalla morte. Anche Lazzaro morirà di nuovo. Nessuno di noi è immortale.
Gesù ci salva, invece, nella morte. A nessuno di noi viene risparmiato questo limite. Gesù, infatti, non è venuto ad alterare il ciclo naturale della vita fisica, liberando l’uomo dalla morte biologica, ma a dare a questa un nuovo significato.
Anche questo limite ultimo – come, del resto, i nostri limiti abituali ‐ può essere non solo subìto ma riconosciuto, assunto, attraversato come espressione di una relazione con gli altri e con l’Altro.
Noi non possiamo possedere o trattenere la vita: se questo accade è già la morte. Pensiamo ad una donna che volesse trattenere la vita del suo bambino oltre il tempo stabilito. Cosa accadrebbe se non la morte? Se non possiamo possederla o trattenerla possiamo nondimeno decidere in che modo viverla: se nell’goismo o nel dono. Non è un caso che Gesù affermi: “chi ama la sua vita in questo mondo la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna” (Gv 12,25). La nostra comune esperienza ci attesta continuamente che la nostra è una vita‐per‐la‐morte. Gesù ci rivela, invece, una morte‐per‐la‐vita.
Che cosa strana! Gesù, nel dare la vita a Lazzaro, sarà condannato a morte. Chi dona vita, riceve morte. Eppure, proprio nell’essere messo a morte, dà vita. Siamo di fronte al paradosso della croce. Il nostro male è il luogo in cui ci viene svelato l’amore senza limiti di Dio.
La morte, perciò, vista non come il fine di ogni cosa, ma come la fine di una esperienza.
Anche dentro un’esperienza di lutto si può nascondere un progetto particolarissimo di Dio, un progetto non diverso da quello che si nascondeva dietro la situazione del cieco nato: “Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio”.
Noi siamo chiamati, dunque, a cercare di capire in che modo le nostre personali ferite o tragedie possano essere lette come parte misteriosissima di un progetto più grande.
“Io sono sono la resurrezione e la vita” dice Gesù a Marta che sembra vagamente credere in una futura resurrezione dei morti. Come a dire: non rimandare al futuro. Sei tu Marta, oggi, da risuscitare se ti rifugi nel futuro, se sei arresa dentro, se dici: “Tanto non c’è più niente da fare”. Ebbene io oggi, per te, sono la resurrezione e la vita.
Sei tu da sciogliere dentro, da tutto ciò che ti trattiene, dalle tue delusioni, dalle tue stanchezze. Non lasciare orfano di risurrezione il tuo presente.
Questo è l’annuncio che cambia ogni cosa ed è la grande notizia che Marta va a riferire subito a sua sorella.
Gesù qui realizza la seconda parte della parabola di Lazzaro e del ricco epulone, dove quest’ultimo chiede ad Abramo di mandare Lazzaro dal regno dei morti ad avvisare i vivi. Gesù che ne aveva il potere mettete in pratica la parabola (o esperimento mentale diremmo oggi), risuscita l’amico Lazzaro e non solo sostanzialmente non viene creduto, ma vengono qui decise la morte di Gesù e di Lazzaro. Gesù poi morirà e risusciterà e il problema, anche se in maniera diversa si ripropone. L’omonimia, non casuale dei 2 protagonisti, (i nomi propri nei Vangeli sono pochi, e Lazzaro è l’unico nome attribuito ad un personaggio di fantasia), rafforza il processo speculare, a matrioska, come in una stanza degli specchi, tipico del genio, di Gesù, ma anche dei grandi artisti. Cfr. ebook. (amazon). Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie.