Il Consiglio Ecumenico delle Chiese e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell‘Unità dei Cristiani hanno promosso dal 18 al 25 gennaio la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Redazione SME
«Cristo non può essere diviso!» (1 Cor 1,13). A questa affermazione di S. Paolo si ispira la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. L’Apostolo delle genti si rivolgeva così all’esuberante comunità di Corinto per ricondurla alla sobrietà dell’essenziale. “Le diversità dei carismi, per quanto apprezzabili, non possono far dimenticare che la fonte della fede è unica: Cristo. In fondo, anche il cammino ecumenico odierno si trova nella stessa tensione: da un lato c’è il riconoscimento della singolarità di ogni confessione cristiana (cattolica, anglicana, ortodossa, protestante) e dall’altro c’è la convergenza di tutti i cristiani nell’unico Signore Gesù”. Con questa ragione si esprime il Consiglio Ecumenico delle Chiese e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell‘Unità dei Cristiani che per quest’anno (2014) hanno suggerito la riflessione paolina. Le parole di S. Paolo quindi sono importanti anche nella fase che il dialogo ecumenico sta attualmente attraversando: c’è un desiderio da parte delle Chiese cristiane di comunione vera, di genuino apprezzamento dell’altro. Una tale ricerca sincera di unità può diventare, tra l’altro, una testimonianza credibile di fronte al mondo intero, sempre più lacerato da forze disgregatrici.
Il Santo Padre Francesco nell’esortazione “Evangelii gaudium”, scrive: «Se ci concentriamo sulle convinzioni che ci uniscono e ricordiamo il principio della gerarchia delle verità, potremo camminare speditamente verso forme comuni di annuncio, di servizio e di testimonianza. L’immensa moltitudine che non ha accolto l’annuncio di Gesù Cristo non può lasciarci indifferenti. Pertanto, l’impegno per un’unità che faciliti l’accoglienza di Gesù Cristo smette di essere mera diplomazia o un adempimento forzato, per trasformarsi in una via imprescindibile dell’evangelizzazione».
Intanto, mentre si prega nel mondo per l’unita dei Cristiani, in Siria e in molti altri Paesi d’Oriente, i Cristiani vengono offesi, perseguitati e… uccisi per la fede!
La testimonianza odierna dei Cristiani in Siria
“Questa è la nostra fede.
Questa è la fede della Chiesa.
E noi ci gloriamo di professarla,
in Cristo Gesù nostro Signore”.
(dalla Liturgia)
Riflessione di Don Antonio Ucciardo,
teologo
Una fede che non metta in conto anche la suprema testimonianza, non è la fede della Chiesa. E nessuno accetterebbe di morire per una propria visione di fede, confusa con la fede della Chiesa. Una volta dal fonte la Chiesa traeva figli per Dio. Oggi, in Italia e in questo Occidente secolarizzato, sono i figli che modellano la Madre. A propria immagine e somiglianza. La confusione che regna è soltanto la cartina di tornasole di questo assurdo ribaltamento. Chi trovasse fuori luogo o esagerate queste considerazioni, abbia la bontà di leggere (ma seriamente) il magistero di Paolo VI dal 1966 in avanti. E ci aggiunga pure Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, non trascurando qualche accenno di Francesco. Non chiaramente i Papi che noi vorremmo, ma i Papi così come hanno parlato. Se ancora si crede che attraverso Pietro sia lo stesso Cristo a guidare la Chiesa. Ma anche qui qualche dubbio è lecito, soprattutto davanti al pretestuoso accomodamento delle parole di Francesco. Accomodamento che non proviene soltanto dai circoli sportivi e dalle massaie che seguono la tv. Questo sarebbe il male minore, e non determinerebbe la vita della Chiesa.