Chi sono i Santi? Che cos’è la Santità? Perchè i cristiani ne parlano tanto? A queste domande cerchiamo di rispondere mentre con la Chiesa universale festeggiamo una moltitudine immensa di uomini e donne che solo Dio conosce. Eppure, a pensarci bene, anche noi abbiamo avuto a che fare con la santità vissuta…
Redazione SME
Nel giorno in cui gli antichi popoli Celti celebravano riti magici per ingraziarsi il popolo delle tenebre, noi cristiani abbiamo la gioia di festeggiare il destino luminoso di tanti fratelli e sorelle, e propriamente di quelli sconosciuti agli altri giorni di calendario, ma di cui ciascuno conserva nel cuore il ricordo perché hanno lasciato un solco nella nostra vita. Un parente, un amico, una catechista, un’insegnante, un sacerdote, una suora, un vicino di casa… Persone che non sono più fisicamente presenti, ma che hanno segnato la nostra vita, e soprattutto la nostra fede, mostrandoci la bellezza di una vita vissuta nell’amicizia col Signore. Uomini e donne che nell’ordinarietà della loro vita hanno riflettuto la luce, ci hanno fatto vedere com’è possibile stare al mondo, dare significato alla vita.
Sono questi i Santi che celebriamo in questi giorni: la santità sconosciuta ai molti, nota ai pochi!
Ognuno di noi – a pensarci bene – può dire di aver conosciuto un “Santo” o una “Santa”. Il ricordo di queste persone, comunisime, ci scalda il cuore, ci riempie di tenerezza e di gioia, mentre con gratitudine pensiamo alla loro vita, al loro passaggio nella nostra vita, che ha acceso in noi una fiammella che, con varie fatiche, cerchiamo di tenere accesa.
Questo l’invito che rivolgiamo a tutti i nostri lettori in questi giorni di festa: ripensiamo a quelle persone il cui ricordo vive nel nostro cuore, che hanno segnato in bene la nostra esistenza, che ci hanno dimostrato che seguire Gesù è bello, desiderabile e gratificante.
E teniamo viva la loro eredità.
Che cos’è, in fondo, questa santità di cui tanto parlano i cristiani? E’ una “vita riuscita”, una “vita bella”, vissuta in pienezza di significato, gustata e assaporata fino in fondo. I santi non sono “extraterrestri”, persone dotate di “superpoteri”, come vorrebbe farci credere un certo immaginario, sono uomini e donne come noi. I Santi sono uomini felici, sono uomini che hanno trovato il loro vero centro, per questo sono stati e sono felici.
“La prima qualità che si segnala nella vita dei santi è una forma di grande e ilare felicità, di sereno e totale abbandono, di serena e totale fiducia nel disegno che la vita, scendendo dalle mani di Dio, compone sui sentieri e sulle strade dell’uomo” (C. M. Martini).
Ai “santi” non sono state risparmiate fatiche e difficoltà, essi hanno semplicemente avuto la chiave giusta per comprenderle, affrontarle e superarle. La santità, pertanto, è l’unica forma possibile al mondo di vincere la tristezza. Non è forse questo ciò che desidera ogni uomo? Il concetto si esprime perfettamente con un’equivalenza: santità = gioia di vivere.
A questo punto ci chiediamo: di chi è il merito della santità? Due sono gli ingredienti che vanno mescolati bene, nelle giuste dosi e proporzioni: la grazia (l’aiuto dall’alto), che sempre ci precede, unita ad una scelta consapevole e volontaria (la libertà) di seguire fino in fondo, anche quando i “conti non tornano”, con la fiducia di un bambino. Cito a tal proposito una riflessione di Don Julian Carron: “Il bambino sa di non sapere tante cose, ma una cosa la sa: che ci sono il papà e la mamma che le sanno, allora che problema c’è? Se io sono certo di questa Presenza (del Signore, ndr) che invade la vita, posso affrontare qualsiasi circostanza, qualsiasi ferita, qualsiasi obiezione, qualsiasi contraccolpo, qualsiasi attacco, perché tutto questo mi spalanca ad aspettare la modalità con cui il Mistero si farà vivo per suggerirmi la risposta – per accompagnarmi a entrare perfino nel buio -, che avverrà secondo un disegno che non è il mio”.
Cosa c’è di più bello che vivere nella fiducia di un bambino? Si tratta, per tornare all’immagine precedente, di custodire e alimentare quella fiammella accesa nella nostra vita da una Santità che ci ha contagiato, anche solo di striscio.
(a.s.)
…ci sembra molto interessante proporre un breve passaggio delle riflessioni di Mons. Massimo Camisasca, Vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, circa l’atteggiamento con cui possiamo adeguatamente disporci a vivere i prossimi appuntamenti.
“Ci avviciniamo a due giorni importanti per i cristiani, ma più in generale per tutto il nostro popolo: la festa di Tutti i Santi e la Commemorazione dei Defunti, 1 e 2 novembre. Sono due giorni a cui la nostra gente guarda da tutto l’anno. Nei santi, sia quelli che vivono in cielo, sia quelli che vivono sulla terra, vediamo persone vere, realizzate, perché interamente dedicate a Dio e al bene dei loro fratelli. Nei nostri defunti, per cui preghiamo e a cui ci lega una profondo vincolo di gratitudine e di affetto, riconosciamo coloro che ci hanno preceduto e che ci attendono.
La Festa dei Santi è una festa di gioia e di luce. Quella dei morti è una giornata di mestizia serena, consapevole che non tutto finisce, ma che c’è una vita oltre la vita. Le nostre comunità sono chiamate a celebrare questi giorni con particolare attenzione e profondità. In modo speciale la Festa dei Santi non può essere in nessun modo sostituita da Halloween. in quelle celebrazioni pagane si festeggiano “una zucca vuota illuminata al suo interno, fantasiosi fantasmi e folletti, immaginari mostri, streghe e vampiri”. Il diffondersi di Halloween mostra che le nostre comunità hanno spesso perduto il senso della festa e anche l’occasione di far festa intorno agli eventi della vita di Gesù e dei santi. Occorre riscoprire la gioia della fede! Perché questo possa accadere è necessario che la fede torni ad essere un’esperienza viva, consapevole, capace di dare forma alla vita”.