Quale atteggiamento possiamo assumere dinanzi ad una scelta tanto inconsueta? Quali emozioni a caldo suscita in noi questo evento? Una certezza: possiamo ancora fidarci di Benedetto, perché Egli vive nell’obbedienza a Dio!

di Alessandro Scaccianoce

Con grande rammarico siamo a dare notizia delle annunciate dimissioni di Papa Benedetto XVI dal governo della Chiesa con decorrenza dal 28 febbraio prossimo.

Le «forze e l’età avanzata non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero» ha annunciato stamane, in latino, durante il concistoro per la canonizzazione dei martiri di Otranto.

Benedetto XVI ha spiegato di sentire il peso dell’incarico di pontefice, anche in considerazione delle sue condizioni di salute.  Una decisione su cui ha meditato a lungo, presa “per il bene della Chiesa”, al cospetto di Dio.

Non è stata una decisione facile, men che meno un gesto di superficialità, ma piuttosto un atto di grande coraggio, per il quale gli dobbiamo rispetto. Lo abbiamo amato in tutte le scelte che ha compiuto nel suo Pontificato. Lo amiamo anche adesso che ha maturato in modo sorprendente di lasciare il governo della Chiesa, incarico che aveva accettato con grande dedizione e spirito di sacrificio. Anzi, siamo certi che anche stavolta ha agito esclusivamente per il bene della Chiesa.

“L’umile lavoratore della vigna del Signore” ha deciso così di farsi da parte, e non per paura dei lupi, che ha affrontato invece con mitezza e determinazione in questi quasi 8 anni di governo, in cui ha consegnato al mondo un Magistero altissimo, profondo e luminoso con le sue encicliche (Deus Carits Est, Caritas in Veritate, Spe Salvi) e i molti discorsi in cui ha affrontato tutti i grandi temi della dottrina cristiana, rivelando una grandissima capacità di cogliere i punti nevralgici del dibattito contemporaneo. Ha voluto l’Anno Paolino, l’Anno Sacredotale, ha indetto l’Anno della Fede. Ha riconsegnato alla Chiesa la ricchezza della liturgia millenaria della Chiesa. Ha riformato dal profondo la Curia Romana e i Dicasteri, ha cercato di mettere ordine nella grande macchina istituzionale della Chiesa, attirandosi non poche inimicizie. 

Non ha temuto le critiche e gli attacchi mediatici, anche spietati, che si sono abbttuti su di lui, non ha temuto il confronto sbandierato troppo spesso con la personalità del suo predecessore. Ha servito la Chiesa, sempilcemente, come ha saputo, come ha potuto. Finchè ha potuto.

Nessun altro sentimento possiamo avere nei suoi confronti oggi che non sia di sincera gratitudine per quello che ha fatto e per la scelta che ha compiuto. Pur nello scoramento che ci sovrasta in questi attimi. Perché in lui abbiamo avuto un padre, una guida sicura, mite ma forte come la roccia di Pietro. Ringraziamo il Signore per ave5rci dato in Benedetto XVI un modello esemplare di guida autorevole e fedele che ha sempre lasciato trasparire l’unica signoria di Cristo sulla Chiesa, quale Pastore eterno del gregge.

Non mancheranno letture ricche di “dietrologie” su quest’ultimo atto del suo Pontificato, immaginando scenari apocalittici o lotte intestine e insanabili. Ma siamo convinti che si tratti niente di più di quello che appare. Benedetto XVI non aveva escluso la possibilità di rinunciare al governo della Chiesa per un Pontefice; ne aveva parlato espressamente nel libro-intervista “Luce del mondo”. Una scelta che sottolinea la sua straordinaria umiltà e insieme il suo grande amore alla Chiesa. Negli ultimi mesi il Santo Padre, 86 anni, era apparso visibilmente stanco e provato.

Joseph Ratzinger, nato il 16 aprile 1927, è stato eletto papa dal conclave il 19 aprile 2005, dopo la morte di Giovanni Paolo II

«Un fulmine a ciel sereno» è stato il primo commento del decano del collegio cardinalizio, cardinal Angelo Sodano.

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Un Papa che lascia il pontificato è un evento molto raro nella storia della Chiesa. Il caso più famoso fu quello di Celestino V: Pietro da Morrone, sacerdote, condusse vita eremitica. Diede vita all’Ordine dei «Fratelli dello Spirito Santo», denominati poi «Celestini», approvato da Urbano IV, e fondò vari eremi. Eletto papa quasi ottantenne, dopo due anni di conclave, il 5 luglio 1294, fu incoronato ad Aquila (oggi L’Aquila) il 29 agosto nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove è sepolto. Prese il nome di Celestino V e, uomo santo e pio, si trovò di fronte ad interessi politici ed economici e a ingerenze anche di Carlo d’Angiò. Accortosi delle manovre legate alla sua persona, dopo 4 mesi rinunziò alla carica, il 13 dicembre 1294, morendo poco dopo in isolamento coatto nel castello di Fumone. Giudicato severamente da Dante come «colui che per viltade fece il gran rifiuto», oggi si parla di lui come di un uomo di straordinaria fede e forza d’animo, esempio di umiltà e di buon senso.

GREGORIO XII – Il secondo caso che la storia ricorda è quello di Gregorio XII, papa dal Papa dal 19 dicembre 1406 al 4 luglio 1415. Veneziano, una volta eletto si impegnò a porre fine al «grande scisma» fra i pontefici di Roma e quelli di Avignone. Ma ogni tentativo risultò vano. Solo il concilio di Costanza (1414-1417) vi riuscì. Gregorio XII rinunciò al pontificato e si ritirò a Recanati. Nel 1417, dopo la sua morte, il suo successore lo nominò Pontefice Emerito di Roma.

I PRECEDENTI – Papa Clemente I (in carica dal 88 al 97 Dc), rinunciò alla carica a favore di Evaristo, poichè arrestato ed esiliato non voleva che i fedeli rimanessero senza una guida spirituale.

 

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