Intervista esclusiva a P. Placido Brancato, che il 18 ottobre ha compiuto 70 anni di sacerdozio. Con la freschezza e la lucidità dei suoi 92 anni racconta la sua vita e il suo zelo per la formazione cristiana dei ragazzi. L’Articolo è tratto da “SME – Madre di Misericordia”, n. 17 Settembre-Ottobre 2012, edizione per il 10° Anniversario dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina”.

 Redazione SME 

Padre Brancato, com’è nata la sua vocazione sacerdotale e il suo grande amore per i giovani?

L’ispiratore della mia vita fu il canonico Salvatore Gioco, un mio prozio, lo zio di mia mamma, che mi stimolò sin da piccolo verso l’apostolato: una volta mi ricordo che c’erano ragazzi suppergiù della mia età che ancora dovevano fare la Prima Comunione. Padre Gioco mi spinse, giovinetto, a fargli ogni sera catechismo durante le vacanze estive del seminario, dove studiavo.

Fu lui, inoltre, a riferirmi quelle parole della Bibbia che sono diventate uno dei simboli di riferimento di tutta la mia vita: “L’adolescente secondo la via intrapresa in gioventù, anche quando invecchia persevera per quella strada”. Sono profondamente convinto, infatti, che  un ragazzo debba esser condotto sulla retta via fin dalla tenera età, che è la più importante, perché da qui si incomincia a cambiare, sì fisicamente, ma soprattutto mentalmente, e se questo avviene sin dalla prima adolescenza, nel corso della vita camminerà sempre per questa strada.

Anche lei, come tanti sacerdoti biancavillesi, è cresciuto alla scuola del canonico Placido Caselli. Come lui ha realizzato grandi e significative opere. È stato lui a trasmetterle questo zelo ardente?

Padre Caselli fu uno dei preti che frequentai quando ero giovanissimo studente del Piccolo Seminario. Entrambi certamente fummo accomunati dalla passione per la formazione dei giovani, ma con una differenza: Padre Caselli curava i ragazzi che entravano al seminario, oltre 100 sacerdoti sono nati dalle sue cure, un bene grande per la Chiesa e per la Diocesi; la mia attività invece è stata orientata alla cura di tutti i ragazzi che potevo, per cercare di farne buoni cristiani, buoni padri di famiglia.

Perché è importante puntare sulla formazione cristiana dei ragazzi?

Per me la premura per i giovani non è una preferenza personale, ma rientra nel sacrosanto dovere di un padre verso i propri figli spirituali: i giovani dovrebbero essere il punto di interesse principale di ciascun sacerdote. La cura del sacerdote per la formazione cristiana dei ragazzi, però, non deve escludere l’azione educativa della famiglia, ma si deve accompagnare al compito dei genitori.

Purtroppo qualche volta il prete prende il posto della famiglia, perché i genitori non hanno tempo da dedicare ai loro figli, ma l’educazione cristiana si riceve proprio nelle mura domestiche. Vedete, se formiamo ragazzi cristiani, avremo in futuro padri di famiglia cristiani, lavoratori cristiani… Per questo motivo non possiamo disinteressarci della formazione dei giovani. Non a caso il Santo Padre Benedetto XVI ha palato di “Emergenza educativa”, ovviamente riferita soprattutto ai giovani. Per questo motivo, le nostre comunità cristiane devo avere particolarmente a cuore l’amore per i giovani; questo pensiero deve riguardare tutti. Non si può stare indifferenti davanti a tanta crisi educativa, tanta perdizione. Occorre rieducare i giovani ai valori essenziali, che contano davvero. Al tempo di guerra e nel dopoguerra si conservava per lunghi tempi anche un pezzo di pane un po’ guasto, oggi si getta anche quello buono. I giovani vanno accolti, capiti, perché se non incontrano la fede andranno a cercare altre risposte alle loro domande sulla vita. L’anno della fede che sta per iniziare deve essere l’occasione per rimettere al centro delle nostre preoccupazioni la formazione dei giovani.

Ci racconta della sua attività svolta a contatto coi giovani nei lunghi anni trascorsi in oratorio? Quanti giovani ha incontrato?

Nell’Oratorio dell’Annunziata, ogni giorno della settimana, non una volta alla settimana come oggi, ma ogni sacrosanto giorno, c’erano tantissimi ragazzi che di anno in anno, di tempo in tempo aumentarono fino ad aumentare sempre più.  Poi i numeri sono cambiati. Anche perché sono state introdotte le iniziative pomeridiane nelle scuole. Tuttavia l’Oratorio è rimasto un punto di riferimento, soprattutto per i ragazzi più “difficili”, che più hanno bisogno di essere accolti, educati a stare insieme, ad amare Dio e il prossimo.

Ricorda qualche episodio in particolare?

Un fatto particolare mi viene in mente: una volta un ragazzo, appena entrato, ruppe un vetro; io ero molto arrabbiato, ero sul punto di sgridarlo, ma non lo feci. Vedete, per essere apprezzati e seguiti dai giovani, bisogna essere con i giovani, o meglio educarli con pazienza e col perdono, mostrando così il proprio affetto nei loro confronti. Forse non lo capiranno subito, ma si ricorderanno di essere stati voluti bene, e questo amore sarà la via attraverso la quale il Signore si farà presente nella loro vita. Il bene ricevuto non si dimentica.

Una delle sue figure di riferimento spirituali è sempre stato don Bosco. A lui, infatti, ha dedicato il grande oratorio costruito alle spalle della chiesa annunziata e la casa estiva alle vigne. Quale insegnamento di don Bosco le sembra più attuale?

Don Bosco è stata la principale guida della mia vita e del mio sacerdozio; da lui ho imparato il grande amore per i giovani, la pazienza, la capacità di perdonare le “marachelle”, la paternità vera. Diceva don Bosco: “Basta che siate giovani perché io vi ami assai”. Per questo motivo ho voluto a lui intitolare i due oratori da me fondati.

Se lei dovesse riassumere in poche parole il suo insegnamento spirituale, cosa direbbe?

Per tanti anni ai ragazzi ho raccontato questo episodio, per me molto significativo: un giorno all’inizio dell’estate 1942  un religioso francescano, un cappuccino, entrò in un’aula di scuola, dove c’era una giovane maestra. Alla giovane insegnante chiese di offrire a Dio un’ora del suo lavoro per l’apostolato in un orfanotrofio e con sorpresa si sentì rispondere: “un’ora sola? E perché non tutta la giornata?”. Il Padre rimase sorpreso da una risposta così generosa e le disse: “Signorina, si ricordi che Dio la ama immensamente”. Quella maestra era Chiara Lubich. Quella frase fu per lei una rivelazione. E lo è anche per tutti noi. Dio ci ama immensamente! Questa è la cosa più bella di tutta la nostra vita. Sempre, in ogni luogo, Dio è presente con il suo amore, perché lui stesso è amore.

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