In occasione della Festa Patronale di San Placido, proponiamo alcune riflessioni circa la grande attualità della fede dei Santi.
Da dove ripartire per il futuro della Sicilia e dei siciliani? Ritornare al primato della persona e all’impegno. Per non spegnere i sogni.
L’articoo è pubblicato su “SME – Madre di Misericordia” – Edizione per il 10° dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina”.
di Alessandro Scaccianoce
Chi conosce la festa di San Placido a Biancavilla, sa bene che essa è nota in provincia di Catania per una delle più ricche fiere mercantili: numerose bancarelle, infatti, affollano il corso principale dalla “casina” allo “sgriccio” e ben oltre… La famosa fiera di San Placido è specchio dei tempi: se ai primi del secolo scorso si vendevano animali, negli anni 80 facevano bella mostra di sé ancora oggetti in rame, scale per la raccolta delle olive e attrezzi per l’agricoltura, che negli ultimi anni hanno ceduto il posto alle “cover” per telefonini, ai braccialetti e a tanti altri, più o meno utili, monili, con grande abbondanza di prodotti non troppo “etnei”, ma “etnici”.
Cosa c’entra, vi chiederete, tutta questa “mercanzia” con la memoria della Santità di Placido, eletto discepolo di San Benedetto? In realtà, essa è la migliore celebrazione dell’amore per il mondo e per la creazione che fu caratteristica dell’Ordine benedettino. Nel noto motto “ora et labora”, in cui è racchiuso il carisma del Santo di Norcia, non a caso patrono d´Europa, sono ricomposte in unità due dimensioni fondamentali della vita umana: quella interiore, spirituale, e il lavoro manuale. Questa sintesi rappresentò una grande rivoluzione nell’alto Medioevo, in quanto nel mondo greco-romano, com’è noto, chi studiava non lavorava, e chi lavorava non era l´uomo colto ma lo schiavo: i monaci, invece, dovevano lavorare e mangiare il frutto delle loro mani (lavoro manuale nei campi), senza trascurare per questo la preghiera e la meditazione. Ben presto quei monaci si ritrovarono ad avere un’abbondanza di ricchezze (le innovazioni tecnologiche applicate alla coltivazione dei campi determinarono un aumento di produttività). Il problema nasceva proprio con le eccedenze. Il grano prodotto oltre il fabbisogno del monastero bisognava venderlo alla città ad un “prezzo giusto”, come insegnava con il Vangelo. Non stupisce, pertanto, che l’economia stessa, come regolamentazione della produzione e dello scambio di beni e servizi, sia nata ufficialmente con il monachesimo d’occidente. La cultura benedettina, infatti, divenne nei secoli una vera e propria cultura del lavoro e dell´economia.
Quanto detto è sufficiente per comprendere la straordinaria attualità di San Placido, testimone della fede, esempio di una vita riuscita, compiuta tra lavoro spirituale e materiale. È proprio dalla sua esperienza umana che possiamo trarre alcuni spunti per leggere in profondità il nostro presente, segnato da una grave crisi economica e finanziaria che rischia di mettere in crisi quella “fiera”, un tempo segno di opulenza e di vitalità economica. La Sicilia soffre. I siciliani, soprattutto i più giovani, fanno fatica a guardare con fiducia al loro futuro. Dove trovare la forza per superare la grave antinomia tra sprechi pubblici e ristrettezze familiari? Le condizioni occupazionali sono sempre più precarie. A questo dato corrisponde – è sotto gli occhi di tutti – un esponenziale aumento della criminalità e di morti dovute ai licenziamenti di dipendenti aziendali, di cui i media danno puntuale notizia. C’è ancora spazio per la speranza in tale contesto?
Come quei monaci, che in un panorama di desolazione, all’indomani della caduta dell’Impero Romano, misero in piedi le basi per una nuova civiltà, anche oggi una possibile soluzione al problema potremmo essere, a questo punto, noi stessi (sic!). Ciò implica una positività di fondo che deve contrastare un pessimismo che vuol avere l’ultima parola. “Noi come costruttori di noi stessi”: è uno slogan che è stato coniato all’ultimo Meeting di Rimini, nell’am,bito di una mostra inaugurata direttamente dal Presifente del Consiglio Mario Monti e che ha avuto un’eco significativa. È emerso un messaggio forte e chiaro per i giovani, per non lasciarsi trascinare dallo sconforto che attualmente inonda i settori lavorativi ed i contesti familiari. Detto in altri termini, è stata elaborata una legge economica che suona più o meno così: “Dove non c’è, s’inventa”. Anche il lavoro. Ripartire dalla creatività e dalla riscoperta delle capacità attitudinali di ognuno, dallo spirito di iniziativa, è la strada privilegiata per venire fuori da una situazione che sembra senza sbocco. Ogni mente, infatti, è capace di creare una cosa nuova, qualcosa che nessun’altro ha. Per troppo tempo, credo, la Sicilia e i siciliani sono rimasti a guardare, lasciandosi piovere addosso scelte e decisioni prese altrove.
La fierezza di San Placido, coraggioso fino al martirio, al di là delle convinzioni religiose di ognuno, non può lasciare indifferenti. Stare a guardare non ha mai risolto nulla, tanto meno lo si può fare quando lo spettacolo che stiamo vedendo, non è di nostro gradimento. Entusiasmo, coraggio, voglia di rimettersi in gioco, devono essere i punti cardine della nostra mappa di vita. La coscienza di sé, del proprio valore e delle proprie opportunità dunque sono le chiavi per aprire le porte del nostro futuro.
Tra i grandi meriti dei benedettini c’è l’introduzione, accanto al concetto di elemosina, del termine beneficentia, che significa “fare il bene”: la beneficenza implica la valutazione da parte del benefattore del bisogno di chi chiede aiuto che deve sforzarsi di comprendere le ragioni per le quali il povero è tale e cercare di rimuoverne le cause. Questo non accade con l´elemosina, che si limita a risolvere un bisogno immediato, senza studiarne le ragioni. La beneficenza, secondo l’elaborazione teologica dei benedettini, non deve incentivare la pigrizia, l’accidia e la dipendenza del povero: “L´elemosina aiuta a sopravvivere ma non a vivere perché vivere è produrre e l´elemosina non aiuta a produrre”. Occorre un impegno di tutti alla beneficenza, cioè a “fare del bene” al nostro territorio e in definitiva a noi stessi. Perché il miglioramento delle condizioni personali è strettamente legato al benessere altrui.
E forse, per tale via, garantiremo un futuro anche alla “Fiera di San Placido”.