di Alessandro Scaccianoce
La mia descrizione delle processioni parrocchiali del Corpus Domini a Biancavilla parte dal ricordo personale, per approdare ad alcune riflessioni sulla fede. La vera caratteristica di queste processioni – che impegnano notevolmente tutte le forze vive della parrocchia – sono scandite dalle tradizionali soste presso gli altarini allestiti ai crocicchi delle strade, addobbati con stoffe preziose, che rendono queste nicchie assai simili a talami nuziali. Perché proprio in questo in questo talamo si consuma l’unione tra Cristo e l’umanità, la sua donazione totale, il suo essere-per-l’uomo tra le strade. Ad addobbare gli altari sono fiori e candele. Al centro è posta un’immagine sacra (una statua o un quadro, tipicamente del S. Cuore di Gesù) e il crocifisso. In ciascuno di questi altarini, orientati ad Deum – secondo il modello dei più antichi altari tridentini – viene impartita la benedizione eucaristica. Questo procedere scandito dalle tappe degli altarini ricorda il passaggio di Gesù tra le strade della Palestina, quando, “medico delle anime e dei corpi”, passava risanando e guarendo ogni infermità. Le processioni sono accompagnate dal corpo bandistico cittadino che intona inni eucaristici e accompagna il canto del Tantum ergo, imprimendo ancora maggiore solennità alle pubbliche manifestazioni di fede nella SS. Eucaristia. Fuochi d’artificio, inoltre, scandiscono il passaggio del SS. Sacramento. Le strade sono imbandierate e abbellite con fiori e palme (anticamente – mi si raccontava – si esponevano al balcone le coperte più preziose e le donne si preocupavano di spazzare perbene il percorso segnato dalla processione). Alcuni fedeli, affacciati dai balconi, lanciano petali di fiori o coriandoli colorati al passaggio del baldacchino, che insieme con l’ombrellino eucaristico, protegge l’immacolata ostia consacrata. Il tutto precedeuto dalla vivace e candida presenza dei bambini biancovestiti che hanno ricevuto la Prima Comunione.
In alcuni casi si realizzano dei tappeti di fiori con simboli eucaristici (non sono vere infiorate, ma ne sono un evidente ricordo). E’ a tutti gli effetti una grande festa: un tripudio di suoni e colori che scaturisce dalla gioia della presenza del Signore accanto e in mezzo a noi. Negli ultimi anni qualcuno ha ritenuto di voler “purificare” o semplificare queste processioni, eliminando i segni più umani della festa e della gioia, perchè ritenuti – secondo una valutazione personale tutta da verificare – “profani” (come il corpo bandistico o i fuochi d’artificio) o cancellando altri aspetti di sacralità (come l’uso dell’ombrellino eucaristico, o il canto del Tantum ergo, per fare solo alcuni esempi). Ne è risultato un impoverimento generale e una certa banalizzazione di queste manifestazioni pubbliche di fede. A ciò si associa anche un certo affievolimento nell’entusiasmo religioso. Sembra che tutto quel che si fa sia dettato da un obbligo esterno, una ruotine che non incide nel vissuto. Cose fatte senza convinzione.
Com’è noto, i segni esprimono la realtà significata. Togliere o eliminare, con il supposto obiettivo di purificare, ha il solo effetto di indebolire l’impatto di ciò che si celebra nella percezione collettiva. Ciò che è importante va mostrato e reso evidente con il meglio delle nostre possibilità, senza trascurare quel patrimonio tradizionale di segni concreti che rendono più bello e prezioso il passaggio di Cristo Sacramentato per le nostre strade. Se questo passaggio è un evento straordinario, deve essere evidente con tutti i mezzi possibili a nostra disposizione. Proprio mentre scrivo queste righe apprendo che il Papa proprio ieri a Roma ha parlato della necessità di recuperare la sacralità dell’Eucaristia e del culto eucaristico, come anche dell’importanza dei segni esteriori per esprimere la fede. Già, per quale motivo dovremmo temere di esprimere con il meglio dei nostri mezzi umani il nostro amore a Gesù Eucaristia? Miglioriamo, ma non cancelliamo la nostra tradizione spirituale e culturale! Occorre ritrovare l’entusisamo della fede, anche a partire dai gesti semplici, come quelli legati alla praparazione degli altarini euicaristici. Personalmente, ricordo da bambino l’atmosfera allegra che caratterizzava i quartieri impegnati nella preparazione degli altarini, coinvolgendo necessariamente gli uomini, per la parte strutturale, le donne, nei rivestimenti delle stoffe, e anche i bambini impegnati a ritagliare le bandierine e a stenderle tra le balconate, o nella ricerca del fresco gelsomino da fissare con gli spilli sul fondo delle bianche pareti. Alla sera, al termine della processione, ci si ritrovava tutti insieme attorno a quell’altarino per fare festa con alcuni dolcetti preparati per l’occasione.
Ritrovare quello spirito e quella genuina freschezza non è difficile. La gente oggi più che mai chiede di incontrarsi, ha bisogno di legami e di relazioni. La fede, per definizione, è strumento di incontro, è movimento verso l’Altro, anche con la “A” minuscola.