Domenica delle Palme 1 Aprile 2012, distribuzione del tradizionale “Ciciliu” pasquale a cura dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina” e della Caritas parrocchiale della Chiesa Madre.
Redazione SME
Può avere le forme più diverse. Con uno o più uova di gallina. Può essere salato o dolce. Alcuni sono anche molto colorati, grazie all’uso delle codette colorate.
Stiamo parlando del tipico “Cicilìu” di Pasqua. Ogni siciliano sa di cosa si tratta. Per gli altri, è bene sapere che si tratta del preparato che contraddistingue le tavole siciliane nei giorni di Pasqua.
Nella civiltà contadina siciliana, infatti, esso rappresentava il tipico dono che ci si scambiava a Pasqua. Bello per la forma, nutriente e sostanzioso.
La preparazione costituisce un vero e proprio rito comunitario. Il “Cicilìu” è un prodotto che nasce per creare condivisione e comunione. In passato questo dato era ancora più evidente, quando ci si riuniva in casa per la preparazione dell’impasto. C’era chi era più esperto nell’abile creazione delle figure più elaborate. Altri facevano spicciola manovalanza, limitandosi a spennellare la pasta con l’uovo sbattuto. Tra le forme più tipiche vi è il “ciciliu” a forma di cestino o campana, che può contenere anche più di 2 uova, l’”aceddu cu l’ovu” e la “cuddura” di solito con un numero di uova dispari. Ogni forma aveva il suo significato: la ciambella rotonda di pasta a treccia era per gli amici (per consolidare il legame affettivo), quello a forma di cuore per l’amato, il galletto o la colomba per i ragazzi (con l’augurio di poter spiccare presto il volo), la pupa per le ragazze (augurio di feconda femminilità), il cestino per le famiglie (auspicio di abbondanza).
E’ facile immaginare che più uova ci sono, più il “Cicilìu” assume importanza e significato di rispetto a chi si dona. Sembrerebbe, addirittura, che in passato esistesse un vero e proprio “galateo del Cicilìu” in base al quale quello da donare al fidanzato doveva essere ornato con 9-11 o più uova, quello della suocera con 7 uova, quello dei cognati con 5, quello dei nipotini con 3.
Questi tipici dolci pasquali assumono nomi diversi in Sicilia a seconda della località in cui sono preparati:“campanaru” o “cannatuni” a Trapani, “pupu ccù l’ovu” a Palermo, “cannileri” nel nisseno, “panaredda” ad Agrigento e a Siracusa, “cuddura ccù l’ovu” e “ciciliu” a Catania, “palummedda” nella parte sud occidentale dell’isola.
Le ricette sono diverse, a seconda che si preferisca l’impasto del pane tradizionale o quello del biscotto. Per l’impasto di biscotto la ricetta potrebbe essere questa:
Ingredienti per l’impasto:
500gr Farina 00;
200gr zucchero;
200gr di uova (o 200gr di latte);
100gr di strutto (o burro);
1 bustina di lievito per dolci;
un pizzico di sale.
Ingredienti per decorare:
1 uovo sbattuto;
8, 10 uova sode;
1 confezione di codette, (in siciliano “cimini”);
1 pennellino.
Si fa la classica fontana e si impastano tutti gli ingredienti insieme. All’impasto viene data la forma che più si preferisce… chiocciole, polipi, rose, trecce… Quindi si aggiungono le uova, che impreziosiscono il tutto, nel numero desiderato, e si decora con le codette colorate, dette anche “diavulicchi”. Si depongono direttamente sulla teglia per infornare, si spennellano con un uovo sbattuto con un pò di latte e zucchero e si cuociono a 180° per una 15na di minuti (ovviamente questi tempi sono solo indicativi…. appena si colorano sono pronti!
Anche quest’anno, in occasione della Santa Pasqua, abbiamo voluto fare di questo nostro prodotto tipico uno strumento di solidarietà. Alcuni esemplari, davvero bellissimi, realizzati dalle donne dell’Associazione “Maria SS. dell’Elemosina” e della Caritas della Parrocchia Matrice, saranno venduti Domenica prossima in piazza Roma. Il ricavato sarà devoluto alle famiglie più bisognose.
Distribuzione: Piazza Roma, Biancavilla – Domenica delle Palme, dalle ore 9,30 alle ore 13,00 e dalle ore 18,00 alle ore 20,30.
Foto: Archivio SME