Riflessioni a margine degli episodi di cronaca che hanno riguardato alcuni preti italiani. Richiamo alla Santità  del sacerdozio di eminenti presuli italiani e osservazioni critiche su certe montature mediatiche.

di Alessandro Scaccianoce

Parole profetiche quelle che Mons. Mario Oliveri, Vescovo di Albenga-Imperia, ha indirizzato al clero nel suo messaggio spirituale per la Quaresima 2012. Avevamo già parlato di Mons. Oliveri, pochi giorni fa, per il fatto di essere tra i Vescovi più amati d’Italia.  Le sue parole colgono veramente nel segno, a proposito di episodi piuttosto sconvenienti, venuti a galla negli ultimi giorni a carico di alcuni preti. Prendendo le mosse dalla meditazione sulla conversione di San Paolo (Atti degli Apostoli, al cap. 26, vv. 14-18), Mons. Oliveri, uomo di profonda spiritualità e grande conoscitore dell’animo umano,  vede nell’esperienza umana dell’Apostolo delle genti il prototipo di ogni esperienza sacerdotale, di ogni attività pastorale e missionaria. “Nell’Apostolo Paolo – scrive il Vescovo – si concentra mirabilmente tutto il mistero della Redenzione che deve avvenire, realizzarsi in ogni uomo; si concentra tutto il mistero dell’Apostolato che avviene nella Chiesa e per mezzo della Chiesa; si esalta in maniera evidentissima la necessità della conversione di ogni uomo a Gesù Cristo e della necessità della fede in Lui perché avvenga la redenzione dell’uomo, del mondo”.

Dall’esperienza di Paolo, convertito e testimone, Mons. Oliveri trae spunto per rivolgersi ai Suoi sacerdoti e diaconi, con una mirabile esortazione: “Vogliamo perciò in questo santo Tempo, noi fatti partecipi dell’apostolato e della missione affidata da Dio a Paolo, agli Apostoli, riappropriarci della nostra somiglianza a Cristo, generata in noi dalla Grazia, e riappropriarci della nostra capacità ministeriale, essa pure generata in noi dalla Grazia(…). Risvegliamo in noi la convinzione che ad occhi chiusi non si può camminare, e che chi cammina senza la fede, senza la luce della fede, avanza ad occhi chiusi, verso dove? verso cosa?”. Da questo Mons. Oliveri ricava la prima indicazione pastorale: “vogliamo cogliere questo tempo di Quaresima come opportuno momento per riprendere con grande vigore la “praedicatio Christi”, riproponendo ai fedeli il contenuto della Fede, il vero contenuto di tutto il Credo Cattolico”. Ma accanto all’annuncio della fede, un altro compito è proprio dell’Apostolo. Scrive Mons. Oliveri: “esso è strettamente connesso con il primo, e consiste nell’offrire tutti i mezzi di Grazia necessari affinché chi per mezzo della fede passa dalle tenebre alla luce, passi anche dal potere di satana a Dio, ed ottenga la remissione dei peccati, e diventi erede appunto della vita eterna, possedendola già ora in germe, nella speranza”. Pertanto, il Vescovo di Albenga esorta: “Colgo l’occasione, cari Sacerdoti e Diaconi, per invitarvi con tutte le forze a rendere ben visibile ed evidente la stretta connessione tra il ministero dell’evangelizzazione e quello della santificazione; si esercita l’uno e l’altro congiuntamente; l’evangelizzazione conduce alla santificazione“. In questo forte richiamo ai compiti essenziali dei ministri ordinati, Mons. Oliveri conferma il suo grande radicamento nella fede del Signore, esortando il clero a vivere del rapporto speciale con Cristo: “Né si dimentichi che è proprio nei Sacramenti e in tutta la Liturgia che il ministro del Vangelo trova la fonte della propria santificazione e la forza di predicare agli altri, a chiunque altro, la fede, la propria fede, e di comunicare agli altri quello che egli stesso riceve continuamente dalla grazia dei sacramenti e di tutta la divina Liturgia”.

L’esortazione finale del suo messaggio per la Quaresima è un invito proprio a ritornare alle motivazioni della propria fede e a tener vivo il continuo movimento interiore verso Cristo dei sacerdoti, anche quando ciò significhi anticonformismo rispetto allo “spirito del mondo”: la continua “Conversio ad Christum” ed il lasciarsi riempire di Lui per essere “ministri e testimoni” di Lui e di tutte le cose da Lui rivelate, richiedono la “aversio” da noi stessi e dalle cose del mondo”.

Parole profetiche, queste, come dicevamo. Certamente animate dalla consapelovezza di un imperante secolarismo che si è infiltrato nella Chiesa e che è alla base di tante cadute di stile, o addirittura di atti infami, da parte di certi membri del clero, cui le cronache ci hanno – nostro malgrado – abituato. Siamo tutti ben consapevoli della fragilità umana e di quanto sia difficile oggi vivere valori opposti a quelli “urlati” dal mondo. Si fa presto, in tali casi, ad accusare il Vescovo di turno e a gettare discredito sull’intera istituzione Chiesa; ma ci pare opportuno precisare che il Vescovo non può, contestualmente all’ordinazione sacerdotale, trasferire all’ordinando la Santità.  Vegliare e vigilare, certo, è necessario, ma il rigore o, peggio, il clima del sospetto non possono essere la soluzione. Piuttosto, occorre recuperare  autorevolezza e credibilità da parte dei Pastori. Perché la riforma della Chiesa riguarda tutte le sfere.

Soprattutto, occorre esortare alla Santità.  Con ogni mezzo. Come fa il Santo Padre e come fanno molti Santi Vescovi. Alla voce di Mons. Oliveri si aggiunge, dall’altro capo dell’Italia, anche il richiamo di Mons. Nino Raspanti, Vescovo di Acireale, che sui fatti di cronaca esorta in questi termini: “La comunità diocesana deve rientrare in se stessa e impegnarsi nel cammino penitenziale della Quaresima appena iniziato per seguire senza esitazioni il Vangelo di Gesù e assumere le mentalità e i comportamenti che da questo derivano, per essere testimone credibile davanti alla società e a chiunque le chieda ragione della fede e dell’adesione al Cristo”. Già, perché puntare il dito contro gli altri è facile, ma la fede si testimonia personalmente. Soprattutto, bisogna diffidare dalle montature mediatiche fatte ad arte, quando i fatti potrebbero essere ben diversi da come si prospetta enfaticamente. In altri termini, la criminalizzazione aprioristica e spietata è un rischio da evitare. Non poche volte, infatti, dietro le accuse ci sono tentativi di screditare la Chiesa a partire da fatti lontani nel tempo e forse anche difficili da ricostruire nella loro verità. Perchè un signore, dopo 30 anni, dovrebbe rifarsi vivo e accusare un prete di averlo molestato, quando lo stesso prete fa rilevare che è stato lo stesso “allora ragazzo” a provocarlo per un episodio isolato? Perchè registrare e mettere in rete una pseudo dichiarazione che sa solo di attacco mirato? Davvero questo episodio di 30 anni fa gli avrebbe distrutto la vita?  O non si cerca, piuttosto, pubblicità? Fama? Soldi? Esiste il peccato, ma esiste la redenzione, il perdono.

Ci sembrano significative, in tale contesto di richiami all’essenzialità della figura e della missione sacerdotali, anche le parole del Card. Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna: questa è la necessità fondamentale del momento. Forse andiamo verso tempi in cui la Chiesa sarà qui in Occidente spogliata di molte cose. Ma essa può farne senza. Ma non può fare senza sacerdoti santi: capaci di santificare e di offrire “sacrifici secondo giustizia”. Di essi la Chiesa oggi ha soprattutto bisogno: il Signore che ce lo ispira, compia questo desiderio”.

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