Redazione SME
Non si può comprendere il digiuno cristiano al di fuori della visione di fede. Non è mortificazione, non è esercizio di volontà, non è autodisciplina. O, meglio, non è solo queste cose. Lo scopo del digiuno cristiano è di distogliere il nostro sguardo dalle cose di questo mondo per affermare il primato di Dio. Nel digiuno si riafferma un rapporto diretto con il Signore. Un rapporto di relazione con l’Altro che ci precede e ci sovrasta. L’astensione dalle carni durante la Quaresima vuol dire attestare anche nell’aspetto più banale e quotidiano della vita (l’alimentazione) che vi è Una Persona per la quale siamo pronti a rinunciare al cibo: Lui è fondamentale per la nostra esistenza, ancor più dell’alimento materiale lo è quindi quello spirituale del Suo amore. In questo senso digiunare ed astenersi da carne, uova e derivati degli animali, e da cibi prelibati, ricercati e costosi, significa attestare immediatamente, l’esistenza di un rapporto di amore con Cristo. Questi alimenti, infatti, non vengono proibiti per la loro presunta “purezza” o “impurità”, come accadeva nell’ebraismo, bensì semplicemente in quanto la rinuncia costituisce un metodo di ascesi nell’incremento dell’amore per Cristo. Dunque – lo ribadiamo – il digiuno non è un mero formalismo, ma un autentico atto d’amore. “Chiunque non digiuna significa che non fa sacrifici nella vita, non ama Dio. Ama il suo stomaco. Il digiuno lo si fa per Dio. Se non digiuniamo non possiamo amare Dio. Il digiuno è un modo per guardare a Dio“, afferma Padre Maximos del Monastero di San Dionisio (Katerini – Grecia).
Afferma il card. Betori: “Con il digiuno si riconosce che anche il nostro corpo è un dono di Dio e che il nostro corpo non è tutto. L’imposizione del limite, al cibo o a qualsiasi altro beneficio corporale, significa riconoscere che siamo creature e che la nostra esistenza non è nelle nostre mani ma in quelle del Creatore. Significa anche riconoscere che noi non siamo le cose che possediamo, quelle di cui ci nutriamo, i beni che circondano le nostre giornate. Noi siamo più delle cose, perché noi siamo figli di Dio”. La sobrietà, che il tempo di quaresima chiede, non è un artificio per una gestione parsimoniosa dei beni, ma il riconoscimento che solo nell’affidamento totale a Dio sta il segreto della nostra autenticità. Credere significa uscire da una vita centrata su se stessi, ma anche da una vita che si disperde in una rete di contatti sociali in cui si cerca approvazione e gradimento.
Sebbene nelle Scritture il digiuno è sempre messo in relazione al cibo, ci sono molti modi di digiunare. Qualsiasi cosa che si può temporaneamente mettere da parte per migliorare la comunione con Dio, può essere considerato un digiuno (1 Corinzi 7:1-5). Il digiuno non ha lo scopo di mortificare i nostri corpi, ma di affermare il primato di Dio sulla nostra vita. Dunque, chiunque può digiunare. Ognuno, infatti, può temporaneamente lasciare da parte qualcosa per affermare l’amore di Dio. Gesù stesso ha digiunato, prima di iniziare la sua “vita pubblica”. Perchè è nel digiuno che si radica la sua vita nel Padre. Con il nostro digiuno possiamo chiedere a Lui di entrare nella Sua intimità col Padre.
Occorre invece fare attenzione al pericolo dell’intellettualismo e del moralismo, tendenze culturali laiche che talvolta penetrano anche in certi ambienti religiosi, che tendono a svilire il valore del digiuno fisico, in quanto scindono il corpo dallo spirito, componenti costitutive dell’uomo, e lo disintegrano anziché ricondurlo all’unità.
Con il digiuno, distogliendo i nostri occhi dalle cose di questo mondo, possiamo focalizzare meglio lo sguardo su Cristo. E si comprende bene – allora – come nel rinnovato rapporto con Cristo vi è spazio anche per i bisogni dei fratelli. Il digiuno Cristiano diventa così uno stile di vita sacrificale per Dio, che ritorna come ministero di servizio verso gli altri. Come ci dice Isaia, colui che digiuna incoraggia l’umiltà, allenta le catene dell’ingiustizia, slega le corde del giogo, libera l’oppresso, nutre l’affamato, provvede per il povero e riveste gli ignudi.