Redazione SME

 
Pubblichiamo un’intervista a don Nicola Bux, Consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Santo Padre e teologo di notevole fama, che nell’agosto 2011 è stato in visita a Biancavilla, nell’ambito delle celebrazioni in onore della Madonna dell’Elemosina.

Don Nicola, cosa vuol dire l’importanza della liturgia nella vita della Chiesa? e cosa significa, in particolare, la riforma di Benedetto XVI di cui si parla?  

Dice il Santo Padre: “Nel rapporto con la liturgia si decide il destino della fede e della Chiesa”. A noi, pertanto, spetta il compito di dilatare gli spazi dell’amore perché Dio sia presente nel mondo. Ma egli aggiunge che si deve aprire l’accesso “Non ad un qualsiasi dio, ma a quel dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore spinto sino alla fine(cfr Gv 13,1) – in Gesù Cristo crocifisso e risorto”. Ora, non è questo il senso vero della Liturgia? Far incontrare la presenza di Dio all’uomo che cerca la Verità, il suo Mistero presente che precede sempre la nostra esistenza nel mondo? Il Concilio approvò per primo la Costituzione liturgica anche per questa ragione: la Chiesa deve parlar di Dio all’uomo, farglielo incontrare. L’uomo cerca la Bellezza “Veritatis splendor”: la “riforma” se non servisse a ciò sarebbe inutile maquillage per esibire meglio noi stessi. Ma la vera riforma mira a dare a Dio il posto che gli spetta prima di tutto e al centro di tutto. In realtà riforma significa ri-forma (“ritorno alla bellezza”), senza passatismi inutili o idee di restaurazione.

Perchè allora è impotante parlare di tradizione?

La migliore definizione della tradizione l’ha data san Paolo:”Ho ricevuto dal Signore quanto vi ho anche trasmesso”(1 Cor 11,23).L’Apostolo si riferisce alla fractio panis, l’Eucaristia che è il centro della sacra liturgia. Per questo la liturgia si riceve dalla Tradizione che è fonte della Rivelazione insieme alla Scrittura. Ora, traditio viene da tradere, un verbo di movimento che, per essere tale, implica cambiamento e vita, trasporto di cose antiche e nuove, perché Egli, il Verbo eterno, fa nuove tutte le cose (Ap 21..). Qui la tradizione diventa innovazione che non è una cosa diversa che viene dal mondo, da fuori, ma da dentro, perciò in-novazione, da Colui che è il Vivente. Noi sacerdoti che serviamo nel Corpo mistico di Gesù Cristo siamo chiamati a dare l’esempio, soprattutto praticando la riconciliazione.

Come interpreta il continuo diffondersi delle celebrazioni della Messa nella forma straordinaria? E perché tanto successo tra le giovani generazioni?

Il fatto che il Santo Padre non abbia imposto, ma proposto la ripresa della Messa gregoriana – così amo chiamarla con Martin Mosebach perché risale a Gregorio Magno – sta avendo e avrà un effetto trainante ancora più grande. Perché qualche vescovo teme di tornare indietro? Non voleva la riforma liturgica ripristinare anche l’antico? Non dovremmo imitare lo scriba evangelico che trae dal tesoro cose nuove e antiche? Piuttosto, guardiamo il grande movimento di giovani che si è creato intorno alla messa gregoriana, in crescendo continuo –basta andare su internet – già sono i giovani e non nostalgici. Far finta di non vedere è grave per chi per definizione deve episcopéin, osservare attorno, monitorare. Lo rifiuteremo solo perché non è nato da me o non corrisponde alla mia sensibilità? Chi mi conosce, sa che da giovane laico e poi chierico sono stato tra i promotori in diocesi e oltre della riforma liturgica: questa ora continua mettendo insieme nuovo e antico, agganciandosi meglio al dogma: è noto il rapporto di dipendenza tra liturgia e regola di fede. Non a caso un aspetto quasi sempre tralasciato nella polemica è quello relativo alle messe private. Il Motu Proprio infatti contempla l’uso del messale del Beato Giovanni XXIII anche per le messe “senza il popolo”, ovvero quelle che i sacerdoti celebrano privatamente. Ciò dimostra che l’uso del messale antico non è solo collegato ad un discutibile amore per i formalismi e l’aspetto esteriore della celebrazione, bensì ripristina la comunione del singolo sacerdote con tutti i cristiani nello spazio e nel tempo, mettendolo in comunicazione con il passato, con i Santi e con i martiri. D’altra parte l’universalità della lingua latina dovrebbe essere di stimolo in un mondo globalizzato, affinché la Chiesa, almeno nel rito, si esprima con una sola lingua.

Don Nicola, come si concilia la diffusione della messa gregoriana con lo “spirito del Concilio”?
Siccome lo spirito del Concilio non può essere diverso dallo Spirito Santo – se lo fosse sarebbe spirito di errore e non di verità, come scrive la 1 Lettera di Giovanni – non si può pensare alcuna frattura e discontinuità tra la messa celebrata in quell’assise e quella poi aggiornata da Paolo VI. Dunque nessun tradimento, ma tutta tradizione! Sebbene, se si va a studiare, non tutto quello che Paolo VI aveva prescritto è stato attuato, e quindi attende di esserlo per portare a compimento la riforma liturgica.Per esempio, egli aveva stabilito che i messali nazionali recassero sempre il testo latino a fronte: questo per impedire le traduzioni libere che hanno prodotto e producono non poco sconcerto. Io auspico sempre un confronto sereno e un approfondito e rispettoso dibattito. Pax et concordia sit convivio nostro, dice sant’Agostino.

Quali vantaggi possono derivare dalla diffusione della liturgia gregoriana per la celebrazione in forma straordinaria?

Per intenderci, la Sacra Liturgia è l’attrattiva della Bellezza che a sua volta è il percorso ragionevole alla Verità. La Bellezza è lo splendore della Verità. Come ho già detto in altra sede, proviamo con un sillogismo: siccome la sacra e divina liturgia – che include arte e musica sacra – è Bellezza, senza Verità non c’è liturgia, culto a Dio. E’ proprio Gesù che lo ricorda nel vangelo di san Giovanni: “I veri adoratori, adoreranno il Padre in spirito e verità”. Ma per trovare la Verità bisogna conoscere le creature. Questo solo cambia la vita mia e sua. Che il rito sia antico o nuovo deve guardare nell’unica direzione possibile, deve essere rivolto al Signore, interiormente ed esteriormente. Se oggi i sacerdoti quando concelebrano si orientano in direzione dell’ambone per ascoltare il Vangelo, perché non potrebbero farlo verso l’altare e la Croce per offrire l’eucaristia? Fare questo aiuta a convertirsi. Seguendo la sacra liturgia, ad un certo punto i riti e i simboli spariranno, svelando il significato; il Mistero penetrerà allora in tutte le direzioni: sarà il cielo sulla terra, la rappresentazione del Paradiso.

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