Il dono della vita è più grande del “diritto alla morte”. A 3 anni esatti dalla morte di Eluana Englaro riflessioni sulla vita a partire dall’esperienza di fede di Carmelo Mazzaglia e da quanto egli stesso scrive nel suo libro di prossima pubblicazione.

di Alessandro Scaccianoce*

Caro Carmelo,

vorrei ringraziarti per la tua testimonianza.

Mi ha impressionato subito il titolo da te scelto per il tuo lavoro: “Il dono più grande”. Mi sono subito chiesto: qual è il dono più grande che hai ricevuto? La vita? La fede? O la malattia? Credo di poter rispondere – senza tradire il tuo pensiero – senz’altro tutte queste cose insieme. Non si può capire la tua vita, infatti, senza accostarsi alla tua fede, né può comprendere appieno la tua fede chi volesse leggerla al di fuori della tua esperienza di vita. Il dono più grande sei tu, Carmelo, Vangelo vivente, in carne e ossa, che viaggia su quella sedia a rotelle, prova sublime della salvezza di Cristo offerta ad ogni uomo.

Mentre tu canti la grandezza dei doni ricevuti nella tua vita, quasi mi vergogno di tutte le volte che ho disprezzato la vita,  provandone noia, fastidio, invidiando l’esistenza degli altri, guardando a tutto quello che non avevo, piuttosto che a tutto ciò che avevo in abbondanza.

Questo tuo sublime canto alla vita impone una riflessione: che cosa fa di un uomo un “vero uomo”? L’efficienza!, sembra essere la parola d’ordine. Chi non è utile, non vale! La sottile e subdola tentazione che si insinua nel nostro modo di pensare, e che certi media ci propinano anche con malcelata prepotenza, è quella di fuggire dalla sofferenza e da una vita che in termini industriali non sia “produttiva”. Tutto questo in nome di un presunto diritto a disporre della vita e della morte, a poter decidere che ad un certo punto possa anche valere la pena di “staccare la spina” (in nome di queste convinzioni il 9 gebbraio 2009 a Eluana Englaro veniva letteralmente staccata la spina).

Con voce flebile, ma decisa, in queste pagine tu esprimi il segreto della vita, e della vita felice: “l’amore è la ragione più profonda”.

Di nient’altro l’uomo ha bisogno per essere felice, che dell’amore. L’inganno del positivismo è ormai stato svelato: il benessere non garantisce la felicità dell’uomo. L’occidente opulento e triste ne è la conferma più evidente: “la peggiore malattia oggi è il non sentirsi desiderati né amati, il sentirsi abbandonati” (Beata Madre Teresa). Perciò, mi pare di poter affermare come sintesi del tuo lavoro, che davvero l’amore guarisce. Guarisce lo spirito e, di riflesso, anche il corpo. L’amore di cui tu parli non è un generico sentimento effimero, ma una decisione ragionata e volontaria che si muove lungo due direttrici ben chiare: il perdono delle offese ricevute e la benevolenza verso tutti.

A partire da questa premessa, dalla consapevolezza di essere amato, tu dici di più: né le ricchezze, né gli onori, ma neanche la salute o la malattia, possono rendere una vita piena di senso. Il significato, la gioia di vivere stanno altrove: nel sapersi amati prima di ogni merito personale e nel rispondere con amore all’amore. Mi pare molto sapiente, quindi, lo sviluppo del tuo pamphlet: l’amore prima di tutto, poi la vita, e infine la salute e la malattia. La carità è la dimensione che dà senso all’esistenza e consente di relativizzare concezioni materialistiche ed utilitaristiche, tanto da poter arrivare a ringraziare, come fai tu, anche per il dono della malattia. Con San Paolo tu affermi: “Niente potrà mai separarci dall’amore di Cristo” (cfr Romani 8, 31-39)

Grazie per la tua capacità di lottare, di non arrenderti alla malattia, per la forza straordinaria che riesci a trovare nell’affrontare le tue battaglie quotidiane. Qual è il tuo segreto? Tu hai dimostrato che la forza non viene dal corpo, ma dalla volontà.

Vorrei che  potessero ascoltare la tua esperienza quegli adolescenti che trascorrono annoiati le loro giornate, o si disperano per non essere piacenti come i modelli dell’ultimo serial tv; vorrei che potessero ascoltarti gli “ideologi dei diritti umani”, che invocano il diritto di morire, proprio e altrui, e di poter decidere della propria esistenza quando il corpo non risponde più, quando la vita si fa “vegetativa” o diventa “inutile” (sono trascorsi 3 anni dalla vicenda di Eluana, e il tema resta di bruciante attualità). A costoro tu rispondi: “la diversità non è qualcosa di cui avere paura, ma una fonte inesauribile di scoperte e di ricchezza”.

Caro Carmelo, tu hai colto la grande capacità di poter trasformare un limite in una risorsa per te e per gli altri. Vorrei che queste tue parole le leggessero tanti genitori, che si trovano a convivere con la realtà e la fatica di dover assistere un figlio “diverso”.  Due immagini mi vengono in mente: l’emozione di tuo padre che in braccio ti portava vestito di bianco a ricevere la tua Prima Comunione; la luce che splende negli occhi di tua madre ogni volta che ti ascolta, mentre stai seduto all’organo a intonare i canti sacri per la Messa.

Qualche anno fa mi confidasti del tuo desiderio di diventare sacerdote. Personalmente, posso dirti che stai già svolgendo un ministero a tutti gli effetti “sacerdotale”: immedesimato nella vita e nella passione redentrice di Cristo, con la tua testimonianza tu già conduci chiunque ti incontri al Signore. La tua serenità, il tuo sorriso gentile, sono per tutti noi una certezza: Dio esiste!

* brani scelti dal libro “Il dono più grande” di Carmelo Mazzaglia.

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