di Roberto de Mattei
Il Cristianesimo, nel corso della storia, si è tradotto in leggi ed istituzioni, ma anche in ambienti, simboli, riti, monumenti, che parlano ai nostri sensi attraverso forme, suoni, colori. Tutto ciò che cade sotto i nostri sensi ha una certa somiglianza con la realtà soprannaturale che non vediamo e ci offre un’immagine del mondo invisibile
A differenza degli animali, che godono del piacere dei sensi solo per mangiare, bere e riprodursi, l’uomo, attraverso la propria sensibilità è in grado di ascendere alla conoscenza e di provare diletto nella bellezza. All’uomo infatti – spiega san Tommaso d’Aquino – sono stati dati i sensi, non soltanto per procurarsi il necessario alla vita, come agli altri animali, ma anche direttamente per conoscere: «l’uomo soltanto gusta la bellezza medesima delle cose sensibili per se stesse» (Somma Teologica, I, q. 91, art. 3 ad 3). E poiché i sensi sono localizzati in modo particolare sulla faccia, l’uomo – aggiunge il Dottore Angelico – ha la faccia rivolta verso l’alto, mentre gli altri animali l’hanno rivolta alla terra, come per cercare il cibo e provvedersi del vitto.
San Tommaso, seguendo Aristotele, afferma che non vi è nulla nell’intelletto che prima non sia percepito dai sensi. I sensi colgono la bellezza e l’armonia di ciò che esiste nell’universo e lo trasmettono alla nostra intelligenza, che ha come oggetto specifico la conoscenza della verità.
La volontà, a sua volta, ama il bene che l’intelligenza gli propone come vero. Verum, bonum, pulchrum, verità, bene e bellezza, sono proprietà stabili e permanenti dell’essere che in Dio, Essere perfettissimo, coincidono e costituiscono un’unica perfezione.
La bellezza è dunque l’espressione visibile del vero e del bene. La bruttezza nasconde in sé la perfidia del male e la deformazione della verità. Il Nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica lo esprime con chiarezza: «La pratica del bene si accompagna ad un piacere spirituale gratuito e alla bellezza morale. Allo stesso modo, la verità è congiunta alla gioia e allo splendore della bellezza spirituale» (n. 2500). Attraverso la bellezza, l’arte, che è la rappresentazione del vero rivestito degli splendori del bello, tende a condurre più facilmente gli uomini alla verità e del bene.
Giovanni Paolo II, nella sua Lettera agli Artisti del 4 aprile 1999, ricorda che quando ai cristiani, con l’Editto di Costantino, fu concesso di esprimersi in piena libertà, l’arte divenne un canale privilegiato di manifestazione della fede. Lo spazio cominciò a fiorire di maestose basiliche, all’interno delle quali risuonava il Canto Gregoriano, che «diverrà nei secoli la tipica espansione melodica della fede della Chiesa durante la celebrazione liturgica dei sacri Misteri».
Le grandi cattedrali medievali costituirono un condensato di bellezza in cui armonicamente convergevano tutte le arti: la architettura, la scultura, la pittura, la musica. Lo storico Erwin Panofsky ha messo in luce il rapporto tra l’architettura gotica e la filosofia scolastica, sottolineando come la luminosità delle cattedrali medievali corrispondesse mirabilmente alla trasparenza di pensiero di opere come la Somma Teologica. La creazione stessa dell’Universo e lo scorrere della storia sotto la guida della Provvidenza può essere paragonato a un Poema o a una sinfonia.
Lo stesso Panofsky sottolinea come, con l’umanesimo, si affermò una nuova concezione del mondo che dissolse quei vincoli che mai erano stati sciolti sin dall’antichità tra il Pulchrum e il Bonum. L’arte rinunciò a scoprire, attraverso i simboli, la natura intima delle cose, per occuparsi soltanto delle loro relazioni quantitative e delle loro misure. Il cammino da allora percorso dall’arte moderna ha portato a quel trionfo dell’“immondo” nell’arte che riflette il vuoto morale e intellettuale della società dei nostri giorni.
Le cattedrali, gli affreschi, le sculture, gli oggetti religiosi, ma anche la musica e la letteratura, che formano il nostro patrimonio culturale testimoniano ancor’oggi la grandezza della Civiltà cristiana. Ma anche le opere d’arte apparentemente profane sono imbevute di spirito cristiano e parlano il medesimo linguaggio. La ricchezza di questo patrimonio offre ai cattolici opportunità grandi e nuove, contribuendo a sviluppare quella rievangelizzazione della società che nel Convegno ecclesiale di Verona del 2006, Benedetto XVI ha definito la missione dell’Italia nell’Europa di oggi.
L’uomo della strada incontra, infatti, il Cristianesimo in due modi: o attraverso l’immagine negativa che ne offrono i mass-media, i libri, le pubblicità blasfeme; o attraverso la testimonianza muta, ma eloquente, dei beni artistici e culturali che riempiono ogni città, ogni comune, ogni paesaggio.
L’arte era un tempo chiamata “Bibbia dei poveri”. Quattro cattedrali, quelle di Amiens, di Chartres, di Oviedo e di San Marco sono state definite le “quattro bibbie nel marmo” per l’evidenza plastica con cui le immagini vi riproducono visivamente la Bibbia. Quella Biblia pauperum che un tempo era destinata agli illetterati oggi può rivolgersi alle tantissime persone che sono povere nella conoscenza della fede.
Uomini e donne di tutti i Paesi e di ogni provenienza ideologica ammirano la bellezza delle opere d’arte cristiane, dimenticando che queste opere non sarebbero state realizzate se non fossero state prima concepite secondo un modo di pensare che era la filosofia del Vangelo. L’opera d’arte, come osserva Costanza Barbieri nel dossier che in questo numero abbiamo dedicato alla Bellezza, non è solo una combinazione di superfici, forme e colori, ma la visualizzazione di un pensiero. Le cattedrali, gli affreschi, gli oggetti che fanno parte del nostro patrimonio culturale hanno alle spalle una visione del mondo che va ritrovata, un significato che va riscoperto. I beni visibili che ci circondano devono cominciare a raccontarci la loro storia, aiutarci a recuperare le ragioni della nostra fede.