Nella memoria liturgica del Beato Giovanni Paolo II
di P. Mario Piatti icms
Giovanni Paolo II è stato un Papa santo non per l’impatto mediatico o per la sua straordinaria capacità di comunicazione, ma per il mistero avvenuto, di giorno in giorno, nel suo cuore, trasformato nel Cuore di Gesù e di Maria Santissima. Santo, non per aver conquistato la simpatia della gente, ma essersi lasciato conquistare da Cristo.
Nelle vivaci discussioni, che si intrecciano tra Gesù e i suoi interlocutori – così come sono riportate, in particolare, nel Vangelo di Giovanni – si delinea, con crescente chiarezza, la reale identità del Signore. Egli è vero uomo, del tutto “imparentato” con noi, in tutta la fragilità della nostra condizione (escluso il peccato, come preciserà la Lettera agli Ebrei); e, d’altra parte, appartiene totalmente al mondo di Dio: parla del Padre con una familiarità che sconcerta i suoi avversari; compie “segni” e prodigi attribuibili soltanto a Dio. Con sottile ironia, nel quarto Vangelo, proprio gli oppositori più tenaci e accaniti, con le loro provocatorie domande e con le loro contestazioni, contribuiscono a farci conoscere la persona di Gesù, rivelandone la identità, di vero Uomo e di vero Dio. “Chi sei tu? Che dici di te stesso?” domandano al Signore. “Quali sono le tue origini? Con quale autorità operi?”.
Noi pure siamo invitati a riflettere e a interrogarci sulla nostra “ascendenza”, sul “ceppo santo” da cui proveniamo. C’è qualcosa, infatti, anche nella nostra vita, che non è quantificabile secondo i criteri e i parametri umani e terreni; qualcosa, cioè, che non si può circoscrivere dentro i limiti della nostra intelligenza e che sfugge alle indagini più accurate, né si può ricondurre semplicemente ai nostri genitori o agli scarni dati registrati all’anagrafe. Si tratta di quella scintilla, unica e irripetibile, di Provvidenza e di Amore, che ci ha generati, per la quale siamo quello che siamo, al di là – o meglio attraverso – l’intreccio della nostra umanità, fatta di ossa, muscoli, fasci di desideri, di pulsioni e di passioni, che segnano e condizionano indiscutibilmente il nostro essere, ma non riescono a imprigionarlo né a esaurirlo. Il cammino della nostra esistenza è come un progressivo ritorno alla sorgente, da cui siamo scaturiti. È la riscoperta delle nostre radici, è un “reditus”, cioè un ritorno, al seno di Colui che ci ha creati e che ci attende nella eternità.
Giovanni Paolo II, ormai dichiarato beato, volle apporre l’espressione “Totus tuus” sul proprio stemma pontificio: Totus tuus, cioè tutto della Vergine, possesso di quel Cuore benedetto e Immacolato, che è stato tutto di Dio e che, perciò, si è totalmente donato anche ai suoi figli. Quella è la “ascendenza” più vera, più umana, più santa: la Vergine Maria. Quella è la beata radice che ci ha generati, ai piedi dell’albero della Croce, e che continua a germinare nella storia, visitandoci come Grazia e come luce di cristiana speranza.
“Chi vede me vede il Padre”, aveva detto Gesù ai suoi discepoli. Nei tratti di quel Papa indimenticabile si potevano scorgere i lineamenti propri della nostra Madre celeste: la sua ineffabile bontà, la sua dolcezza, il suo limpido candore, la sua sublime carità. “Totus tuus”: tanto da farsi piccolo con i più piccoli, teneramente amati e ricercati sempre, paternamente; “totus tuus”, per essere solidale con i poveri, con gli ammalati, con le vittime della violenza, della guerra, delle sciagure naturali; “totus tuus”, per rendersi “compagno di viaggio” dei giovani, ai quali il Papa dedicò ampio spazio di tempo e le sue migliori energie e con i quali condivise straordinarie esperienze, in tutti i continenti. “Totus tuus” per camminare, fianco a fianco, con le famiglie della odierna società, spesso in crisi e bisognose di riferimenti certi e di guide sagge e illuminate.
Il Cuore di Cristo e il Cuore di sua Madre sono il solo criterio di lettura credibile per provare a comprendere la vita di Giovanni Paolo II. La santità è un mistero inafferrabile agli occhi del mondo: qualcosa si percepisce all’esterno, se ne colgono i frutti, ma è infinitamente di più quanto resta nascosto, come radici di amore che affondano nel buon terreno della Grazia. È stato un Papa santo non per l’impatto mediatico, per la sua straordinaria capacità di comunicazione, ma per il mistero avvenuto di giorno in giorno nel suo cuore, trasformato nel Cuore di Gesù. Santo, non per aver conquistato la simpatia della gente, ma essersi lasciato conquistare da Cristo.
In un mondo che si emoziona facilmente, ma che dimentica in fretta, è quanto mai necessario imparare la lezione di vita e di fede di Papa Wojtyla. La risposta più bella, alla travolgente onda di amore che egli ha prodotto nella storia, è il rinnovato impegno della nostra vita. Se anche noi ci lasciamo conquistare da Cristo; se, come quel Vescovo, venuto nel 1978 “da un paese lontano”, anche ciascuno di noi – per quanto peccatore – può dire “Totus tuus” alla Vergine Maria, allora siamo sulla buona strada e l’esempio, il sacrificio eroico, il servizio instancabile alla Chiesa e al mondo di Giovanni Paolo II non saranno stati vani.